Il cielo è azzurro su Wembley! Italia Campione d’Europa

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Alzi la mano chi ci avrebbe scommesso alla vigilia.
La Nazionale Italiana di Calcio, da sempre croce e delizia del popolo italico (60 milioni di commissari tecnici!) è ritornata sul tetto d’Europa dopo 53 anni di attesa, e lo ha fatto all’indomani della pagina più amara della sua storia, quella della mancata qualificazione ai Mondiali di Russa 2018.
Cos’è accaduto? Cosa ha reso possibile questo ennesimo “miracolo italiano”?
Una serie di scelte lungimiranti e una congiuntura non casuale di elementi favorevoli.
Primo fra tutti: la decisione dei vertici federali di affidare la guida degli Azzurri a un CT esperto, coraggioso e innovativo come Roberto Mancini.
Il vero “top player” è stato lui, un manager capace di costruire un modello di squadra audace e combattiva, senza smantellare l’organico selezionato nella disastrosa gestione Ventura, ma piuttosto rivitalizzando i militanti di lungo corso e inserendo nel gruppo i migliori “astri nascenti”.
L’idea su cui si è basato il lavoro di Mancini è proprio quella di un giusto mix tra esperienza e innocenza, tra calcio “all’italiana” (difesa inespugnabile e ripartenza) e calcio “moderno” (costruzione dal basso, possesso palla, sovrapposizioni e inserimenti).
La sua Italia, la nostra Italia, ha affrontato questo Campionato Europeo con grande intelligenza e astuzia: gli Azzurri hanno applicato fedelmente i dettami tattici impartiti dal Mister in allenamento, ma hanno dimostrato al contempo grande duttilità, cambiando pelle di partita in partita e adattandosi con sorprendente lucidità al gioco delle nazionali avversarie.
Altro fattore determinante: la forza del collettivo ha prevalso sul talento dei singoli.
In questa Nazionale, infatti, non si riesce a rintracciare il “Roberto Baggio” o il “Paolo Rossi” di turno, il “deus ex machina” in grado di trascinare la squadra alla vittoria con la giocata decisiva.
Eppure, in ognuna tra le sette gare disputate e vinte, l’Italia ha avuto la meglio grazie al gioco di squadra, allo spirito di gruppo, alla solidità e all’equilibrio tra i reparti.
Proprio per questo, il “man of the match” è risultato essere sempre differente (Spinazzola, Pessina, Locatelli, nella fase a gironi; Chiesa, Insigne, Bonucci, Donnarumma – miglior giocatore del torneo – in quella ad eliminazione diretta), a conferma della natura corale del gioco azzurro.
Terzo – ed ultimo – fattore: il supporto di uno staff tecnico affiatato e competente.
Il CT Mancini ha strutturato il proprio gruppo di collaboratori coinvolgendo alcuni suoi storici assistenti (Salsano, Lombardo, Nuciari), confermando alcune figure già in organico federale (Evani, Oriali), inserendo un “capitano non giocatore” quale De Rossi, ma soprattutto affidando il ruolo di capo delegazione al suo amico fraterno e “gemello del gol” Gianluca Vialli.
Il team tecnico così composto, in larga parte coincidente con gli artefici del “capolavoro Sampdoria” degli anni ’90, ha fornito agli Azzurri un immenso valore aggiunto: i più giovani hanno acquisito il senso di appartenenza e la mentalità vincente, i veterani sono stati sostenuti nel processo di trasferimento di esperienza ai nuovi arrivati.
La vittoria finale, dunque, non è frutto del caso.
Questa Nazionale è ancora una volta lo specchio del nostro Paese, un collettivo che può ottenere grandi risultati solo se i giovani talentuosi sono liberi di esprimersi e se la “vecchia guardia” fornisce il necessario contributo di esperienza e maturità.
Che sia davvero l’inizio di un nuovo “Rinascimento” sportivo e sociale.
L’Italia è Campione d’Europa, il sogno azzurro continua…