Supersano e il “bosco belvedere”

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Bosco BelvedereEra il bosco Belvedere “una bruna foresta” di lecci, querce e castagni, con un’enorme varietà di  fauna: cervi, daini, lupi, cinghiali, lepri, tassi, istrici, volpi, uccelli, cigni, gru, pellicani e poi il forte cavallo murgese, elegante e fiero con la sua lunga e folta criniera. 

Era immenso il bosco Belvedere; si estendeva dal mare fino all’interno, dal nord di Otranto fino al Capo di Leuca ed interessava i feudi di 16 comuni, Supersano, Ruffano, Montesano, Diso, Ortelle, Spongano, Surano, Nociglia, Castiglione, Poggiardo, Sanarica, Scorrano, Muro Leccese, Botrugno, San Cassiano. Come una generosa madre provvedeva al benessere della gente che ci viveva affianco donando loro selvaggina in abbondanza, legna a profusione e, soprattutto la limpida acqua delle sue sorgenti. 
Il bosco aveva molti nomi: era chiamato “porcarizza” perché nelle vicinanze erano molti gli allevamenti di suini che si cibavano delle ghiande delle sue querce “frainetto”; era detto “Fontana” per l’abbondanza delle sue acque sorgive. 

Il bosco, le cui origini affondano nella notte dei tempi dell’era post glaciale, era già riportato dai cartografi del XV secolo. Verso la metà del ‘700 iniziò un graduale disboscamento che diventò massivo quando, all’inizio dell’Ottocento, il bosco passò di proprietà dal principe di Tricase ai quindici comuni limitrofi che, bisognosi di terreni da coltivare, ne determinarono  la quasi scomparsa.

La selvaggina di questo immenso bosco richiamava moltissimi cacciatori che spesso trascorrevano la notte nelle numerose masserie che si trovavano nella zona o nei casini dei cacciatori di ceto nobile come quello della Varna, edificato nel 1777 su progetto del grande architetto Emanuele Manieri.

Supersano 1Ed è il bosco Belvedere che ha donato l’aria sana a Supersano, cittadina che sorge ai margini di quello che resta il vero protagonista della storia di questo paese. Lo stemma antico di Supersano infatti aveva come simbolo una grande quercia, sostituita attualmente da un bosco stilizzato, che fu abbattuta nel XX secolo quando aveva raggiunto la veneranda età di 1000 anni ed era talmente grande che all’interno della cavità formatasi nel suo tronco trovavano posto quattro persone adulte. Due menhir di due metri di altezza e dei reperti archeologici risalenti all’uomo di Neanderthal ritrovati in località Scorpo attestano l’antichissima antropizzazione del territorio di questa cittadina.

E proprio a Scorpo é stato rinvenuto un villaggio bizantino collocabile tra il VII e l’VIII secolo d.C. Resti di carbone utilizzato per i focolari, brocche per l’acqua, pascoli, abitazioni, rami, attrezzi da lavoro, prugne, ciliegie, semi vari e chicchi d’uva testimoniano l’antica vita quotidiana della gente che vi abitava.

Lungo la serra di Supersano, scavata nel costone tufaceo, vi è la cripta bizantina dedicata alla Madonna di Coelimanna, una delle poche non ipogee del Salento, con alcuni affreschi in discreto stato di conservazione a carattere iconico e decorativo. Affascinante e mistica, la cripta ha due altari posti uno di fronte all’altro con l’affresco  bizantino della Madonna che sovrasta quello barocco. A fianco sorge il Santuario edificato nel XVI e completato nel 1746; un’antica leggenda racconta di una pastorella a cui era apparsa la Madonna che le aveva indicato il luogo dov’era l’antica cappella.

Intorno all’XI secolo il territorio fu conquistato dal popolo  normanno che edificò la tipica fortificazione tra il centro abitato ed il bosco: la Motta, una collina artificiale fatta con la terra ricavata dallo scavo del profondo fossato che la circondava. Una solida palizzata di legno circondava il fossato stesso, con una o più torri sempre di legno che ne rinforzavano la difesa. All’interno una collinetta più piccola aveva alla sua sommità una torre in legno, l’abitazione del “dominus” e dei “milites”. Simbolo del potere normanno, le Motte erano fortificazioni utilizzate sia per la difesa che per gli attacchi; in Puglia ne sono state identificate con certezza due, quella situata a  Troia, nel foggiano, e la Motta Torricella appunto, che insiste ai margini del bosco Belvedere in territorio supersanese. Costruita su un precedente insediamento romano, la Motta ha il terreno circostante disseminato di reperti medievali ma custodisce un tesoro che aspetta di essere ritrovato costituito da strutture risalenti all’antica Roma certamente ben conservate per via del terrapieno che le ricopre e le custodisce.

Supersano 2Il castello di Supersano, situato al centro della cittadina, ha il suo nucleo più antico costruito in epoca Normanna: il Mastio, oggi inglobato nelle strutture aggiuntesi nel corso dei secoli, in origine era certamente isolato. Nel 1240 Il feudo di Supersano, che faceva parte del Principato di Taranto, fu ceduto da Federico II di Svevia al figlio naturale Manfredi. Quando quest’ultimo fu sconfitto ed ucciso nella battaglia di Benevento nel 1266, Carlo I d’Angiò, diventato re di Napoli, diede il feudo di Supersano al normanno Filippo Montefuscoli che morì senza eredi; il casale dunque ritornò a far parte del principato di Taranto. Tra il 1480 e il 1481 il paese fu attaccato dai Turchi ed i Del Balzo, i proprietari fino al 1507, decisero di fortificare il castello con l’aggiunta di quattro torri, delle quali solo quella di nord-est con lo stemma della casata è sopravvissuta nel tempo. Il feudo rimase proprietà della Regia Corte fino al 1538 quando venne venduto ad Alfonso Castriota Scanderbeg che lo acquistò per darlo al nipote Pirro. Furono i Gallone di Tricase gli ultimi feudatari di Supersano (1806)

Il Museo del bosco

Nelle sale del castello di Supersano, oggi di proprietà comunale, il 21 Dicembre 2011 è stato inaugurato il MUBO, Museo del bosco, che racconta l’affascinante storia del bosco Belvedere attraverso i reperti rinvenuti nel territorio, le ricostruzioni in scala e molto altro ancora.