Salento & dintorni – Una passeggiata tra le feste patronali salentine

0
300

Le feste patronali sono la cultura vivente di ciò che rimane del nostro passato.

Vi è mai capitato di passeggiare nelle viuzze di un piccolo paese salentino, magari con l’affaccio sul mare, “assaporare” con gli occhi quei muretti a secco, accompagnati da costruzioni in bianca pietra leccese e sentire in lontananza un fragore popolare che sa di festa, che sa di storia? Vi siete mai fatti cullare l’anima, seguendo con il vostro corpo quello spirito popolare immerso nei retaggi contadini della nostra terra? Più camminate verso la musica, più l’odore di dolciumi zuccherati, pervade il vostro naso lanciando un “poker” nella vostra testa, un “poker” che rilascia endorfine emozionali e si acquatta lì, nella vostra mente fino a quando le celebrazioni non saranno finite. Una volta arrivati, i vostri occhi riflettono ogni singolo colore che illumina quella festa, con le sue luminarie e i giochi di luce, l’atmosfera si abbellisce di frizzanti “arcobaleni notturni”, tutti lì ad illuminare i passanti che con la loro felicità irradiano di positività tutto il paese. Le bancarelle, simbolo di un consumismo sfrenato, invitano il “chiunque” ad acquistare ciò che si troverebbe anche semplicemente nei negozi di paese, “ma oggi è festa e il popolo vuole spendere”; allora assistiamo a tutte quelle signore che acquistano tovaglie, tovagliette, asciugamani, lenzuola, pentole, posate e qualsiasi cosa possa servirà in un futuro forse non molto prossimo; noi ce la immaginiamo così, gonna nera, camicia scura con dei piccoli fiorellini rosa e viola, fazzoletto nero legato alla testa e negli occhi il fervore di chi ha cresciuto sette figli da sola. Continuando per le strade della festa, un bambino piange, vuole quel palloncino del suo supereroe preferito che, pieno di elio, prende il volo trattenuto solo da un nastro molto sottile legato al polso del piccolo, che se ahimè dovesse slegarsi e volar via, sarebbero tragedie greche. Chi di voi non ha mai perso un palloncino di elio che stanco di non essere libero ha preso il volo verso altri luoghi fantastici? Un po’ il senso della vita.

In questo tripudio di festa naturalmente non può mancare la visita “al festeggiato”, al Santo patrono o chi per lui. I fedeli accedono numerosi in chiesa, chi per dovere, chi per vera fede al Santo; il vociare di curiosi e non, pervade e irrompe nella sacralità della struttura, la musica proveniente dall’esterno rimbomba al suo interno in un modo sordo, come se la stessa struttura volesse isolarsi dai festeggiamenti non più sacri, invitando i fedeli a percepire il vero scopo della festa; c’è chi entra ed esce, chi si sofferma pregando davanti alla statua del “festeggiato”, chi sbuffa perché non vede l’ora di immergersi nuovamente nella festa e magari sparare qualche colpo di fucile a pallini per poter dimostrare alla propria ragazza o ai propri amici, di essere un “maschio alfa”. Una volta usciti ci si reca verso la cassa armonica, un padiglione tipo cupolone di San Pietro tutto illuminato, dove solitamente si svolgono concerti bandistici con musica d’altri tempi, una musica che solo in pochi anziani ascoltano perché ricorda la loro giovinezza ma, se davvero venisse ascoltata anche dai più giovani, sarebbe un po’ come riscoprire le proprie origini, un insieme di strumenti che affiancati l’uno all’altro, creano quella melodia di vita difficile da scordare. Il culmine di questa grande festa di paese, si raggiunge con i fuochi d’artificio, momento in cui la gente si ritira verso luoghi isolati e bui, in modo da poter godere al massimo di questo immenso spettacolo; ci si ritrova spesso con gli amici per condividere questo momento artistico in cui il cielo ne fa da padrone, con spettacoli pirotecnici e batterie rumorose che trasmettono in chi li guarda, una forte “adrenalina rilassante”, un ossimoro fisico che non si può spiegare con semplici parole, noi siamo lì, sotto quell’immenso cielo ad osservare quei colori magnifici accompagnati da un forte rumore che sa davvero di libertà.

Classe ‘86, vive a Squinzano, piccolo paese della provincia di Lecce. Fin da adolescente manifesta una forte passione per la scrittura, percepita come insostituibile mezzo di espressione personale e di comunicazione diretta al cuore delle persone. Appassionato di arte, storia ed archeologia, cresce nel quartiere di Sant’Elia, luogo ancora ricco di mistero, dove conduce ricerche e studi su un convento del 1500, effettuando numerose e importanti scoperte archeologiche che gettano nuova luce sul complesso monastico. Scrive su diversi blog e giornali come “Salento Vivo”, “Spazio Aperto Salento”, “L’ORticA”, “Il Trepuzzino”. È in procinto di pubblicare la sua prima raccolta di scritti con Aletti Editore.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore scrivi un commento valido!
Inserisci il tuo nome qui

Convalida il tuo commento... *

CONDIVIDI
Previous articleUisp Lecce, al via il campionato a 8 e a 6 di calcio
Next articleLuisa Crusi nuova presidente della Fondazione Messapia dei Dottori Commercialisti