Distretto culturale leccese: nuovi scenari, nuove opportunità?

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Distretti culturali

Per la società leccese – naturalmente non s’intende solo quella del capoluogo di provincia –  il grande sviluppo cui sta assistendo il comparto dell’arte, dello spettacolo e della cultura, presenta un valore consolatorio? La risposta è sì, ma solo in parte. Qui, nel leccese, infatti, dove il tasso di disoccupazione raggiunge cifre tra le più tristi e funeste d’Italia, ecco che invece trionfa l’arte nelle sue mille sfaccettature.

Scrittori, giornalisti, poeti, letterati, pittori, scultori, attori, ballerine, cantanti e musicisti trovano a Lecce l’agar nutritizio per dare vita ad un settore che oramai è diventato, sotto il profilo economico, uno dei pilastri del sistema sia di produzione che di scambio locale. E sì, perché il settore dell’arte, dello spettacolo e della cultura fa registrare un tasso di partecipazione al reddito provinciale (una percentuale di PIL) che si aggira intorno al 6-7%, considerando solamente le attività di base.

Un settore che, dunque, si presenta di poco inferiore al settore edile (10% del PIL provinciale), di poco inferiore anche rispetto al settore industriale in senso stretto (11% del PIL provinciale) e di gran lunga superiore al settore agricolo (2% del PIL provinciale). Insomma, una società, quella leccese, che in cinquanta anni s’è trasformata, prima da agricola ad industriale (anni ’70-’80), poi da industriale ad impiegatizia (tra il 1990 ed il 2005), per poi muoversi ancora verso le attività ricreative (turismo) e artistiche, appunto.

Un settore, quello dell’arte, dello spettacolo e della cultura, in costante e rapida crescita, che vedrà nel prossimo decennio un’ulteriore espansione, sia sotto il profilo reddituale sia sotto il profilo occupazionale.

E qui, con riferimento all’occupazione, va fatto subito un distinguo. Nel settore in questione, infatti solo gli intermediari – come editori, proprietari di giornali, televisioni e radio, service, librerie, galleristi, etc. – godono di una posizione economica dignitosa se non a tratti anche forte. Non così per le unità di base, gli artisti appunto, in tutte le loro espressioni, fatta eccezione per i musicisti, dove il loro reddito è del tutto irrilevante a causa di un’abbondante offerta di prestazioni artistiche. Al riguardo, diffusissimo si presenta, per gli operatori di base, l’autofinanziamento delle loro opere, che non approda quasi mai ad un risultato reddituale. Molto spesso, v’è da aggiungere, soprattutto per i letterati e per gli scrittori in genere, l’accento viene posto sul momento sociale e conviviale dell’attività anziché su quello economico e persino intellettuale, fatta eccezione, naturalmente di pochi casi, più concreti.

Ciò nonostante, il territorio leccese può essere contrassegnato come un distretto culturale, non solo per lo spessore sociale ed economico del fenomeno in questione, ma anche per le interconnessioni all’interno di questo, sebbene siamo lontani da un’organizzazione sistemica. Certamente, al riguardo occorrono due considerazioni significative. In primo luogo, il fermento culturale che vi è nel leccese, per profondità e diffusione, non è paragonabile a ciò che accade nelle provincie di Brindisi e di Taranto, che pure sono attive in tal senso, ma neanche al resto della Puglia, con Bari in testa. Anzi non è azzardato affermare che, nonostante non esistano degli studi specifici, il fermento leccese non si riscontra, così attivo e fervido, in nessuna parte del sud Italia. In tale direzione, va detto che, ciò che contraddistingue il distretto (concetto di origine marshalliana e studiato in Italia da Becattini) è l’atmosfera, che nel leccese si presenta vivissima, registrandosi un fenomeno di interconnessione, tra utenti e tra utenti e operatori, di grandissimo rilievo, che si tramuta in una costruzione sociale e culturale che nei prossimi decenni darà nuove connotazioni al territorio nel suo complesso.