TAP ITALIA, le verità di Gianpaolo Russo sul gasdotto della discordia

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G. RussoLecce –  La Regione Puglia e i Comuni interessati si dicono da sempre contrari, ma la partita, si sa, si gioca a livello internazionale e la multinazionale svizzera che costruirà l’impianto si è sempre detta certa di ottenere il nulla osta definitivo dal Ministero. E così è stato.

Non solo: ha anche garantito che l’impatto ambientale della Trans Adriatic Pipeline sarà minimo, anche se gli operatori turistici e i cittadini leccesi continuano a pensarla diversamente.

Sul territorio  – sostengono – non ci saranno ricadute occupazionali, ma ‘solo’ il tubo che unirà San Foca all’Albania, quello che collegherà il litorale a Mesagne e la centrale di depressurizzazione tra ulivi e muretti a secco. E tra cinquant’anni tutte le opere verranno abbandonate.

Ritenendo che la vera democrazia si esercita dando voce a tutte le parti interessate all’argomento, abbiamo incontrato, nella sede di TAP in via Templari, il dr. Gianpaolo Russo, Amministratore Delegato per l’Italia dall’ottobre 2012. Nel suo percorso professionale ha ricoperto diverse posizioni di Senior Executive e durante le sua lunga carriera, iniziata in Banca D’Italia; è stato, fra l’altro, anche Capo delle Relazioni Internazionali ed Europee in Enel.

A lui abbiamo rivolto alcune domande.

TAP in Italia realizzerà solo una parte di un gasdotto più lungo, la cui costruzione è stata decisa da governi e compagnie private, senza però consultare i cittadini. Nessuno ha chiesto a chi vive sui territori interessati dal progetto e dalle altre componenti del più lungo “Corridoio sud del gas”  se fosse o meno opportuno costruire quest’opera, né in Italia né in Azerbaijan . L’esercizio di democrazia riguarda i dettagli del progetto, al massimo qualche deviazione nel tracciato: non sarebbe stato più opportuno conoscere il parere delle popolazioni coinvolte?

E a che livello si sarebbe dovuta svolgere questa consultazione? TAP, come l’intero concetto di “Corridoio Sud del gas”, è un progetto che, sotto il profilo delle politiche energetiche e quello della sicurezza nazionale tout court riguarda paesi interi, se non l’intera Europa, sulla sua utilità e opportunità avrebbero titolo e ragione a pronunciarsi i cittadini di Roma come quelli di Melendugno, quelli di Cinisello Balsamo come quelli di Vernole, quelli di Bari come quelli di Lecce. Non a caso esso è “strategico” per definizione di legge, tanto che, anche a livello amministrativo valutazioni e autorizzazioni avvengono a livello nazionale. Il nostro ordinamento democratico affida scelte di questo genere agli organi della democrazia rappresentativa, al Parlamento, ai governi. E in Italia abbiamo avuto l’impegno in continuità di ben tre governi e più voti del Parlamento; lo stesso è avvenuto in Grecia e Albania. Dico di più: nel calore generato nel Salento dal dibattito intorno a Tap si è svolta più di una consultazione elettorale generale, e i risultati sono inequivocabili: le forze politiche che sostengono l’utilità e la necessità di Tap hanno ricevuto il voto della stragrande maggioranza degli elettori. Tutto questo non toglie che sia utile e necessario che su progetti come questo le popolazioni più direttamente coinvolte possano e debbano ottenere il massimo di informazioni ed esercitare il massimo di controllo, per quello che riguarda il tracciato del gasdotto, sulla fattibilità globale il discorso investe tutta la popolazione italiana. TAP, aveva salutato con molto interesse la decisione della Regione di sperimentare una procedura di ascolto e consultazione popolare: purtroppo quello che doveva essere un confronto trasparente e scientificamente fondato è finito in una corrida nella quale ha preso la parola solo chi gridava più forte.Intervista TAP

Dove passa un gasdotto, tutte le altre attività economiche diventano “secondarie” o collaterali. Il progetto presenta tanti aspetti da chiarire: il gasdotto, dicono i comitati contrari alla sua costruzione, è la testa di ariete di un modello di “sviluppo” che si porta dietro cementificazione e danni all’ambiente che si manifesterebbero negli anni a venire. TAP può confutare tali affermazioni, progetto alla mano?

Ricapitoliamo: approdo del gasdotto con un tunnel sotterraneo scavato da una “talpa”, senza alcun cantiere né sulla spiaggia né in mare, gli allestimenti di cantiere infatti, avverranno in entroterra e l’area di cantiere lungo tutto il percorso, sarà costituita da un nastro di larghezza ventisei metri lungo otto km al cui centro, verrà interrato un tubo a non meno di 1 metro e mezzo e lungo il quale saranno ripiantati gli ulivi che dovessero essere temporaneamente spostati per esigenze di cantiere e ricostruiti, con le stesse pietre, i muretti a secco; infine il Terminale di ricezione, un edificio ad un piano, di circa 3500 metri quadrati realizzato in “stile” – non certo il classico capannone industriale – in un area ad oggi non coltivata e marginalmente utilizzata come pascolo, lontana più di un chilometro dal centro abitato e assolutamente non visibile dalle principali vie di traffico. Emissioni inquinanti zero, emissioni di Co2 nella peggiore delle ipotesi pari a quelle di poche decine di caldaie per uso domestico, nessuna interferenza con la falda, nessuna interferenza con l’habitat sottomarino della Posidonia oceanica. Dunque, di che stiamo parlando? Sulla spiaggia si continueranno a fare i bagni, lungo il percorso si continuerà ad esercitare l’agricoltura, nelle case e nelle strutture ricettive della zona (queste sì connotate da un eccessivo livello di cementificazione e di abusivismo) si continueranno ad ospitare i turisti.

In Europa, di gasdotti ce ne sono in abbondanza. Tuttavia i consumi sono in costante diminuzione. I progetti di nuovi gasdotti rispondono quindi a ragioni economico-finanziarie e non alle “necessità” reali di chi vive in Italia o negli altri paesi. Costruire il TAP non servirà a rilanciare l’economia e a “uscire” dalla crisi economica che persiste. Quali sono i reali vantaggi e le ricadute economiche per il territorio?

I gasdotti in Europa saranno forse abbondanti, ma i fornitori di gas non lo sono affatto: nonostante l’apporto crescente del gas trasportato via mare (da Nigeria, Qatar e tra qualche anno, forse, dagli Stati Uniti) agli impianti di rigassificazione, sostanzialmente l’intero continente si approvvigiona dal Mare del Nord, dal Nord Africa (Algeria e Libia) e dalla Russia. Aprire un nuovo canale di rifornimento da un’area, il Mar Caspio, che detiene immense riserve, è prima di tutto un contributo all’indipendenza energetica del continente, oggi alla mercé della catastrofe dello stato libico, della guerra in Ucraina o, più banalmente, dell’esaurimento dei giacimenti del Mare del Nord; significa concretamente, per chi vive in Italia o negli altri paesi europei, essere più sicuri di poter accendere il riscaldamento nei prossimi inverni o di cucinare i propri pasti. Peraltro le previsioni a medio termine sui consumi (a cominciare da quelle per l’Italia) dicono di una graduale ma costante crescita dei consumi nei prossimi anni. A riprova di ciò sta il fatto che tutto il gas che TAP trasporterà in Europa occidentale nei prossimi venticinque anni è stato già venduto, ad operatori privati che hanno certamente fatto i loro conti. Per quel che riguarda il territorio uno studio di Nomisma energia quantifica in qualche decina di milioni di euro l’apporto di retto di TAP all’economia locale, mettendo in conto sia l’occupazione diretta e indiretta in fase di realizzazione che quella in fase di esercizio, le commesse e le tasse che andranno agli enti locali, senza parlare del capitolo delle “compensazioni” previste dalla legge, e che si potranno tradurre nel sostegno, per qualche milione di euro, a progetti di sviluppo elaborati da istituzioni e attori economici locali.

“Costruire il mercato del gas” è un mega affare in cui aziende, fondi di investimento, fondi pensione, ma anche banche e assicurazioni sono pronti a tuffarsi, a patto che tutti i rischi vengano coperti in qualche modo dai governi, dalla Commissione Europea, o da istituzioni finanziarie come la Banca Europea per gli investimenti. Ma quale mercato si vuole costruire?

Per quello che riguarda TAP, si tratta di un progetto basato totalmente su capitali privati, che si assumono interamente il cosiddetto rischio di impresa, compreso quello derivante dall’accesso al mercato finanziario. Non sono previsti interventi né diretti né indiretti di governo o dell’Unione europea (tant’è che TAP non ha presentato domanda, la scadenza era lo scorso 19 agosto, per accedere ai finanziamenti dell’Unione per i progetti strategici transfrontalieri). Quanto al tema del mercato, il punto, in Europa, è che questo mercato al momento, di fatto non esiste: esistono 28 mercati nazionali, scarsamente interconnessi, in genere dominati da un solo operatore (quasi sempre l’ex monopolista pubblico). TAP aiuta l’Europa nel suo sforzo di creare un vero mercato europeo del gas (basti pensare che Snam si sta preoccupando di rendere le esistenti interconnessioni ai valichi alpini percorribili in entrambe le direzioni, cioè non solo da Nord verso Sud come è oggi), a renderlo come si dice “liquido” cioè libero da rendite di posizione.

Oggi per molti il prezzo del gas è già troppo alto: cosa succederà quando il mercato sarà completato e il prezzo verrà definito proprio da questi investitori che puntano a profitti a due o più cifre?

Con TAP arriverà in Italia e in Europa un player completamente nuovo, che ha in primo luogo interesse a conquistare fette di mercato. Come ho già detto il Consorzio Shah Deniz, ovvero il soggetto economico che estrarrà il gas dal Mar Caspio e lo avvierà in Europa tramite TAP, ha già venduto l’intera capacità di trasporto del Corridoio Sud per venticinque anni, e, a stare a quanto è apparso sulla stampa internazionale con formule contrattuali e a prezzi estremamente interessanti. Sta di fatto che la Strategia Energetica Nazionale valuta in circa 4 miliardi di euro l’anno il risparmio sulla cosiddetta bolletta energetica degli italiani derivante dagli interventi sul mercato del gas, un risparmio cui TAP concorrerà in larghissima misura.

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