Lecce – Messina: l’analisi. E’ un Lecce pronto alla battaglia

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Lecce MessinaLecce – L’armatura è pronta, l’addestramento è stato completato e mancano solo le decisioni dello stratega, pronto a studiare a tavolino tutte le insidie di un ciclo di ferro che deciderà le sorti della guerra relativa alla composizione della griglia playoff di questo Girone C. La metafora militare descrive al meglio lo stato delle cose in casa Lecce dopo la bella vittoria di ieri contro il Messina.

Senza assolutamente sminuire quanto di buono è stato fatto ieri nel 2-1 contro i peloritani, la testa di Alberto Bollini, stratega finora più che entusiasmante, è già al trittico clou del campionato, quando il Lecce affronterà, nell’ordine, prima l’ostica trasferta di Caserta e poi ospiterà, nell’arco di cinque giorni, Juve Stabia e Salernitana. Queste tre partite saranno più di un crash test per il Lecce del tecnico mantovano, alle prese con le conferme delle sfide alle big dopo i bei segnali lanciati fin dal primo giorno del suo insediamento sulla panchina giallorossa.

Le chiavi tattiche – La vittoria di ieri, oltre che di una prestazione intensa, è stata raggiunta con una partita intelligente da parte dell’undici in maglia a strisce giallorosse, intento a fare suo il principio della “corsa intelligente” descritto dall’allenatore ex Modena. Il Lecce ha coperto bene il campo e ha metabolizzato nel migliore dei modi la “mazzata” della rete di Spiridonovic, arrivata con un movimento ad incunearsi tra le maglie della retroguardia; la rete dell’austriaco ha, nei suoi effetti, evidenziato l’avvenuta maturità mentale che si vede in questa gestione: il Lecce non è crollato, i suoi motori hanno continuato a girare e, in ogni fase della partita, le occasioni sono arrivate. In fase difensiva la contraerea Diniz-Abruzzese è rimasta nell’hangar per far posto alle truppe di terra, veloci e attente nel neutralizzare l’insidia messinese. Criscuolo, chiamato a sostituire lo squalificato Grassadonia, si è affidato alle sovrapposizioni sulle corsie esterne, a tratti triplicate dalle mezzali, messe in moto dai piedi educati del metronomo Manuel Mancini. Soltanto il poco cinismo di Gustavo, Moscardelli ed Embalo non ha permesso una chiusura anticipata della contesa. Nel finale, Bollini non ha badato al sottile e, vedendo i cambi tattici di un Messina passato al 4-2-3-1, ha tracciato una linea Maginot con cinque uomini a centrocampo, messa in pratica con gli ingressi di Di Chiara e Lepore misti all’avanzamento di un Mannini così così dopo il debutto di fuoco della recluta Beduschi.

Individualità e sbavature – Il 2-1 di ieri sera ha fatto emergere una nuova individualità nelle file giallorosse: Carlos Embalo ha rispettato i proclami del suo arrivo, presentandosi alla prima da titolare in tutta la sua classe e sfrontatezza. Le giocate entusiasmanti (tre tunnel sugli avversari) hanno fatto il peso con qualche, ammissibile, dati i 20anni, ricerca ardita della giocata più difficile. Il calciatore della Guinea-Bissau ha espresso il suo valore sia a destra che nel successivo dirottamento a sinistra, ordinato da Bollini per aiutare il dirimpettaio Gustavo e per dare maggiore profondità su un lato, quello destro messinese, dove il Lecce ha sfondato più volte. Segnali importanti sono arrivati anche da Marcus Diniz, partner ideale di Giuseppe Abruzzese per caratteristiche e movimenti coordinati. La mancata chiusura del match è stata purtroppo seguita dalla sbavatura di Nicolas Caglioni, non perfetto in un uscita al minuto 87, intervento dozzinale che per poco non regalava l’insperato pareggio ad una compagine, quella siciliana, generosa in campo ma pericolosa solamente a sprazzi ed esclusivamente grazie alle proprie individualità (che giocatore Spiridonovic!).

Il termometro del tifo – La partita di ieri ha dato tantissimi spunti di riflessione anche tra gli spalti. L’aspra contestazione alla società vista in Lecce-Savoia ha lasciato il posto ad un sostegno forte ed incondizionato verso la maglia giallorossa, tifo avviato da uno striscione che recitava “Per il mio Lecce è amore eterno. Onora la maglia e ti sosterrò anche all’inferno…Combatti!”. La tifoseria, soprattutto nel suo cuore pulsante della Curva Nord, è rimasta unita più che mai in una linea che comunque non ha abbandonato le rimostranze alla società dimissionaria, punzecchiata con un altro slogan: “A voi è passata la voglia, a noi è finita la pazienza”. Comunità d’intenti dietro ai colori dei propri stendardi per uno stadio leggermente più gremito rispetto alle ultime esibizioni (4212 spettatori contro i 3596 di Lecce-Savoia e i 3603 di Lecce-Lupa Roma). In verità, parlando di vessilli, sarebbe da usare l’espressione “i vessilli rimasti”, date le solite strette restrizioni che hanno impedito l’accesso sui gradoni della Nord a tante bandiere poiché non recavano esclusivamente i colori o i tratti societari. È tempo di battaglie, in campo, col ciclo di ferro, e non, da affrontare esclusivamente con unità, mettendo per un attimo da parte le diatribe sul futuro. C’è una guerra da vincere, contro tutto e tutti.    

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