Il “canto” dei gatti, opera buffa in tre atti

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Nelle espressioni artistiche su alcuni animali, la grande letteratura dimostra un profondo legame ed interesse dell’uomo nei loro confronti.

Parafrasando Adriano Banchieri si inizierà con il seguente invito: Nobili lettori udrete or ora, tra i quattro belli umori quello del gatto, una creatura versatile, amico di grandi e piccoli, la cui specie conta circa una cinquantina di razze.

Alla sua agilità si accompagna anche il pericolo, tanto che è abbastanza diffusa la credenza popolare che il nostro piccolo felino abbia molte vite, almeno sette. Recentemente un esemplare è stato protagonista di una disavventura a Rovigo e, suo malgrado, è diventato famoso come “gatto Rossini”.

In genere il gatto comunica con le fusa e le posizioni del corpo, ma sono abbastanza diffusi anche i vocalizzi, forma che ha attirato l’attenzione di alcuni studiosi al fine di comprendere, in base ai vari modelli e tonalità di emissione, i loro messaggi.

Il dato certo è che l’intonazione, su uno o più suoni, dei miagolii ha molto in comune con i virtuosismi dei cantanti. Si pensi che già dal Settecento l’interesse per i vocalizzi, da parte di alcuni compositori, è così spiccato tanto da realizzare diverse raccolte che si diffondono rapidamente tra i cantanti. Alcune di queste composizioni hanno un carattere ed una destinazione didattica, altre più artistica, tanto da diventare veri e propri pezzi virtuosistici di agilità.

Parliamo di canto e immaginando i vari vocalizzi del fortunato felino rodigino. Il pensiero volge al celeberrimo Duetto buffo di due Gatti, un pastiche pubblicato nel 1825 che qualcuno continua ancora ad attribuire a Rossini. In realtà la tesi più accreditata è quella che a mettere insieme le varie sezioni della composizione, prevalentemente del Cigno pesarese, sia stato il musicista britannico Robert Lucas de Pearsall (1795- 1856).

Composto per due voci e pianoforte, il duetto costituisce uno dei brani ove non è necessario seguire le parole del libretto, in quanto ciò che si ascolta è soltanto una continua onomatopea del miau, che caratterizza il testo dell’intero brano.

La composizione, inoltre, per la sua singolarità, si presta ad essere interpretata teatralmente come, per esempio, nel video che vede protagoniste Teresa Berganza e la figlia Cecilia Lavilla Berganza, accompagnate dal pianista Juan Antonio Álvarez Parejo.

Il brano si articola in tre parti con le prime due nella tonalità di re minore. L’ Adagio iniziale in 4/4 (imitativo) cede il passo ad un Andantino in 6/8 (omoritmico) per concludere con un Allegretto (più virtuosistico) – unico movimento con ritornello – che apre nella relativa tonalità di Fa maggiore.

Inventio e divertenti parodie caratterizzano questa breve pagina di “teatro musicale” dove, se da un lato riemerge l’ironia e il divertissement rossiniano, dall’altro può ricordarci che, attraverso una migliore interazione, è possibile anche giocare e dialogare con questi adorabili creature migliorando relazioni e cattivi comportamenti.

Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

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