Novoli, degrado e vandalismo: quando il bene comune non è neppure un complemento d’arredo

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Contatore divelto

Novoli (Le) – Quadro elettrico dell’ENEL, purtroppo posto fuori dalla traiettoria delle telecamere, manomesso, panchine e cestini dell’immondizia divelti, irrigatori danneggiati, muretto rovinato, sporcizia con residui di bivacchi e mozziconi di canne, aiuole incolte e abbandonate all’incuria: questa la desolante visione che colpisce chi, trovandosi a passare da via Sacco e Vanzetti, a Novoli, volge lo sguardo al parco che costeggia la chiesa annessa al Convento dei Padri Passionisti e nei parchi circostanti (il Punto Sport sito sempre in via Sacco e Vanzetti ed il parco allogato in via R. Sanzio).

Lo stato di abbandono e di trascuratezza è totale e testimonia tutto “l’interesse e l’amore” che la comunità riversa verso il bene comune. Sì, perché non è solo il parco in questione ad essere stato oggetto di atti vandalici figli della nostra più becera e totale inciviltà. Se da una parte ci si adopera con iniziative di vario genere per far comprendere quanto sia importante la salvaguardia e il rispetto del bene pubblico, dall’altra si è purtroppo costretti a constatare quanto tutto ciò rimanga solo un concetto astratto che non riesce, di fatto, a penetrare la corazza coriacea di menefreghismo e indifferenza dei tanti concittadini che si sentono legittimati, non si sa bene da chi e da cosa, a distruggere sistematicamente quel decoro urbano che si cerca di dare al paese, salvo poi arrogarsi prepotentemente e ipocritamente il diritto di alzare la voce per tutto ciò che non va.

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Quando nel 1932 il giornalista tedesco Emilio Ludwig, dopo sei mesi di permanenza in Italia per scrivere un libro sull’Italia e sugli italiani, andò ad intervistare Benito Mussolini, gli chiese: “Ma deve essere ben difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani!”. Mussolini rispose: “Difficile? Ma per nulla. E’ semplicemente inutile!” (da “Colloqui con Mussolini” di Emilio Ludwig ).

Contestualizzando il pensiero ai giorni nostri e rendendolo scevro da qualsiasi colore politico, come dargli torto?

Sarebbe il caso di prendere coscienza, una volta e per tutte, che è necessario acquisire un senso civico che forse non fa ancora parte del nostro DNA. La visione dell’insieme, il bene comune sono ancora concetti sconosciuti per molti abitanti del nostro paese: ognuno è sempre troppo impegnato a far valere il proprio singolo interesse trascurando quello del prossimo dove il “prossimo” è già troppo occupato a salvaguardare i suoi privilegi.

Il senso della legalità, inoltre, inteso come rispetto delle norme che disciplinano la vita nel nostro Stato è quanto mai ridotto al lumicino.

Una consistente “fetta” di nostri compaesani, infatti, in un modo o nell’altro, trasgredisce quotidianamente leggi vincolanti e di solito lo fa quando si sente ragionevolmente sicura che non verrà scoperta: prove evidenti sono i quintali di immondizia abbandonati sui cigli delle strade, l’evasione fiscale, il mancato rispetto delle norme di circolazione stradale, l’omesso controllo sull’operato dei propri figli quando, fuori di casa, gestiscono il loro tempo ed i loro spazi senza rendere conto alcuno né di con chi sono né di dove sono e cosa stanno facendo. 

Quanto fotografato è sotto gli occhi di tutti. Il nostro unico auspicio è che gli amministratori non desistano dallo stimolare la partecipazione dei cittadini alla gestione della “polis”, intesa come patrimonio comune con l’obiettivo di rafforzare e diffondere gli strumenti della cittadinanza attiva, informata e cosciente, capace di concretizzare azioni di responsabilità sociale collettiva e territoriale. Perché, il senso civico, dà valore al cittadino.

Qualcuno ha affermato che negli ultimi anni, nel nostro paese si siano persi passi nell’insegnamento dell’educazione civica; noi siamo, invece, convinti che proprio passi non ne siano stati fatti. Quanto introdotto nella scuola italiana nel 1958, l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole medie e superiori, basato su due ore mensili, affidate al professore di storia, senza valutazione e senza troppa voglia di impegnarsi (sia tra insegnanti che tra alunni), fosse anche proseguito negli anni non avrebbe partorito un senso civico migliore di quello attuale.

Senza una vera preparazione civica salta l’obiettivo della formazione dell’individuo quale cittadino per una consapevole e corretta partecipazione alla dimensione civile e sociale. 

Ai posteri, l’ardua sentenza. 

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