Dormi, mamma, e non pensare.
Dormi e sogna che lui sia ancora con te ad accarezzare la tua pelle stanca.
È stata lunga, intensa e piena di dolori, la tua esistenza. Ma anche bella, io lo so, me lo ricordo. Chissà quali momenti sceglieresti da raccontare agli altri.
Il lavoro nelle fabbriche di tabacco, i chilometri percorsi sotto il sole o le intemperie per portare da mangiare ai tuoi genitori e ai tuoi fratelli che lavoravano in campagna, le notti accese di luna, fuochi e pizzica, felicità condivise con le compagne di quella che per te era avventura, una vita programmata da sempre, accettata senza domande, vissuta al meglio.
All’ombra di una sana gioventù, anni intensi dove il sudore, la fatica, l’obbedienza erano i valori fondanti e indiscutibili di una società omologata ma serena.
Dormi, mamma. È ancora notte.
E non so se augurarti di sognare noi, i figli che hai avuto.
Ma forse sì. Perché nella vita conta solo l’amore che riusciamo a dare. Per quello tutti noi saremo ricordati, quello ci renderà immortali. E noi ti abbiamo amata e ti amiamo. Forse non quanto te. Non saprei dirlo, questo.
Forse ti abbiamo delusa. Può essere. Ci hai perdonati? Ma sì.
Le madri perdonano.
Sai come ti vedevo da bambina e poi da ragazza?
Come uno scalatore di fronte alla montagna più alta del mondo.
Sempre motivata, sempre pronta a dare battaglia a chi si frapponeva tra la tua famiglia e il tuo senso di protezione. Eri fantastica quando tornavi dopo una battaglia, quasi sempre vinta. Eri energia pura.
Quando ero offesa con te, sapevo qual era il metodo per far pace: dirti che mi sentivo poco bene. E di colpo tornavi ad essere la mamma mia, il conforto, il calore, la forza, la tenerezza.
Ricordo anche le tue lacrime, mamma. Me le ricordo quando hai perso le tue battaglie.
Le rivedo di fronte a una piccola bara bianca, piena di pizzi da bambolina. Dentro c’era un pezzo di te che hai dovuto strapparti dal corpo, dal cuore. Un distacco profondo come un cratere, come una voragine, e feroce come l’inferno. Dentro c’era la mia sorellina Anna, la mia prima compagna di giochi.
Eppure hai dovuto continuare a sorridere per chi restava, per chi ancora non c’era, per mio padre che come tutti gli uomini, aveva le sue fragilità che sapevi regolare solo tu.
Hai preso il coraggio necessario, hai convogliato tutte le ferite su di te e hai accettato il tuo destino.
Non sei stata una madre facile, mamma.
Spesso mi incutevi timore e vivere la mia vita con te non è stato semplicissimo; ma se oggi, classicamente, mi chiedessero di scegliermi una madre, lo sai che voterei per te. Non fosse altro che per sentire quel meraviglioso profumo che hai sulla pelle, che è solo tuo e non ho ritrovato mai, in nessun posto del mondo.
Dormi, mamma. Non è ancora giorno.
Dormi e sogna il tuo compagno, l’unico uomo della tua vita.
Lui e i quattro figli che avete messo al mondo. Noi sei, insieme. Come non siamo stati mai, nella realtà.
Divisi dalla morte e dalla vita non ancora venuta al mondo.
E un bar, il nostro bar, casa nostra. Un luogo dove non è mancata mai una parola buona, un aiuto, una mano tesa verso chi ne aveva bisogno. Lì mi avete insegnato ad amare, mamma. E amare è l’insegnamento più alto da dare a un figlio. Il primo comandamento.
Ti lascio nel sogno, mamma e ti accarezzo piano.
E attraverso le nostre memorie e le mie lievi carezze, mi rivolgo a tutte le madri del mondo.
Ciascuna con la sua storia di colori vivaci e momenti neri. Ciascuna coi suoi sorrisi e i sogni e i progetti e i dolori. Ciascuna con la sua bisaccia di luce e lacrime.
Auguri a tutte le madri. E un pensiero speciale a quelle che hanno dovuto lasciare i propri figli, andandosene anzitempo sul triste cammino senza ritorno.
Auguri alle madri che non hanno mai avuto figli e che sono madri comunque.
A chi ha dovuto lottare contro i pregiudizi di intere comunità per scegliere la vita.
A chi guarda dormire, vivere, crescere le proprie creature e pensa che non avrebbe voluto nient’altro dalla vita.
A chi i figli deve difenderli dall’odio, dalla fame, dalla miseria, dalle guerre, dalle malattie, dal dolore.
Dormi ancora un po’, mamma. È quasi giorno, ma c’è tempo ancora per sognare.
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