Oggi vogliamo raccontarvi una delle tante storie del nostro Salento, una storia comune a molti dei paesini tipici del sud Italia, forse non molto felice ma che nasconde dietro di sé la voglia e la forza di riscatto generazionale, un riscatto che tende al mutare di una mentalità volta alla singolarità e al voler a tutti i costi continuare ad innaffiare il proprio orticello, dove nascono le piante della discordia e del favoritismo. Attorno a questo inusuale giardino ruotano le vite di alcuni personaggi che amano cogliere questi frutti, tenendoli per sé o utilizzandoli come “merce” di scambio.
Prendiamo una cartina del Salento e puntiamo il dito a caso… Squinzano, oh! Bellissimo paesino al confine con la provincia di Brindisi che dette i natali a Nicola Arigliano e Maria Manca; paesino vicino al convento di Sant’Elia e Madonna dell’Alto, posti di grande interesse storico e culturale, circondati da infiniti vigneti che un tempo furono protagonisti dell’economia del luogo; un paese conosciuto in tutto il mondo grazie all’importanza della sua banda. Ma se uno dei nostri nonni, andato via da questo piccolo paesino in gioventù, tornasse ora, cosa direbbe e cosa racconterebbe a suo nipote? Quali sarebbero le sue critiche verso un posto ormai secco e arido?
“Sai caro nipote, il tempo passa e con lui passa la storia di un paese che più nessuno vuole ricordare e forse neanche più raccontare, lasciando cadere la sua memoria nell’oblio del tempo. Sai caro nipote, forse non sarei dovuto ritornare qui dove son nato, non più almeno. Avrei preferito ricordare la mia Squinzano come un paese di contadini e produttori di vino, poveri ma con un gioiello che rendeva tutti noi ricchi e fieri. No, caro nipote, non parlo di una pietra preziosa né di una ricchezza dovuta al denaro, il vero tesoro era il nostro paese ed era lui ad illuminare i nostri cuori con quella purezza e bellezza che oggi è rintanata nella mentalità di chi pretende il potere. Dove son finiti gli stabilimenti di vino che inondavano le strade con il loro profumo? Al loro posto vedo solo ruderi e macerie, macerie con una vecchia anima ormai stanca. Dove sono tutti i ragazzi e i bambini che un tempo frequentavano le radio, le sedi dei partiti, l’azione cattolica? Vedo solo bar, sale slot e qualche ragazzo in giro oramai isolato dal mondo. Dov’è finita l’unità del paese? La collaborazione tra generazioni, la voglia di andare avanti senza uno scopo personale? Oh, nipote caro, portami via da qui, questa non è la mia Squinzano, le mie orecchie non odono musica da banda o il favoloso jazz del nostro Arigliano, questa non è Squinzano, questo è solo l’incubo di un povero vecchio.”
Così avrebbe parlato sicuramente mio nonno e tanti altri nonni che hanno vissuto l’epoca d’oro di Squinzano. Oggi purtroppo nulla viene fatto davvero per questo piccolo paese del Nord Salento, anzi, chi cerca di fare, viene tacciato di politichese da chi il politichese l’ha fatto per una vita, immergendo pian piano il paese nel gelido posto che culturalmente è diventato.
Il nostro caro nonnino, si chiedeva prima: “dove sono finiti i giovani?” I giovani caro nonnino vanno via perché si son resi conto che per loro qui non c’è spazio. Lo spazio che dovrebbe spettare a loro è occupato e soffocato da chi sente minacciata la sua posizione sociale ed ha paura di essere scardinato dal suo “posto di potere”, escluso dai suoi fasulli prestigi, sostituito dai suoi fedeli asserviti.
Una cosa rimane da dire, prima di concludere: lo scontro tra generazioni porta obbligatoriamente alla decadenza di un paese e chi si oppone alla collaborazione, forse per orgoglio o forse per prestigio, è complice e fautore del degrado che investe uno dei tanti piccoli paesi del Nord Salento. Questa è la storia non solo di Squinzano, ma di tanti altri luoghi e generazioni, dove purtroppo, per fare qualcosa di buono per il futuro di tutti i cittadini, intaccando per ovvie ragioni il sistema di cui si è appena parlato, si viene fortemente ostacolati.
Come non concludere ora con una canzone del grande maestro Guccini: “…Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro a un dito, a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia o sceglie a caso per i tiramenti del momento curando però sempre di riempirsi la pancia… A chi si dichiara di sinistra e democratico però è amico di tutti perché non si sa mai, e poi anche chi è di destra ha i suoi pregi e gli è simpatico ed è anche fondamentalista per evitare guai, a questo orizzonte di affaristi e d’imbroglioni fatto di nebbia, pieno di sembrare… Io dico addio…”