
Invano è la prima storia tribale del potere in Italia. Per capire chi siamo, come ci siamo arrivati e se questa storia è davvero finita. Ci sono i comunisti e gli scomunisti, i barbari padani e i democristiani, i socialisti craxiani e non craxiani, i postfascisti e i berluscones: settant’anni di costume, di scissioni, di precisazioni, di essere uguali ma diversi hanno finito per affollare il nostro paese di tribù e sottotribù politiche, ognuna con i suoi tic, le sue parole d’ordine e di contrordine, i suoi vizi privati e le sue pubbliche virtù. Filippo Ceccarelli, “curioso di professione”, si inabissa nelle infinite pieghe di questa storia cominciata con il dopoguerra e forse ora finita per sempre, e in un paese senza memoria ricuce ossessivamente i dettagli del lunghissimo romanzo italiano. Sono dettagli che parlano di noi, di chi il potere lo ha avuto e lo ha perso, di chi lo ha subìto e combattuto, alla ricerca delle tracce, dei fili in grado di raccontarci come siamo diventati quello che siamo. Sostenuto dalle carte e dai ritagli contenuti nel suo impressionante archivio sui politici italiani (334 raccoglitori e 1500 cartelle, pari a una torre di 45 metri e al tir che è stato necessario per trasferirlo alla Biblioteca della Camera dei Deputati), Ceccarelli scrive un libro appassionato e definitivo, che attraverso un uso sapiente e raffinato dell’aneddotica e a una scrittura arguta e spiazzante, mette il paese davanti allo specchio impietoso della sua storia, anche se “può sembrare ormai anacronistico questo andare al fondo, questo accanirsi sulle conseguenze del disincanto”. Filippo Ceccarelli è giornalista politico da oltre quarant’anni, prima a “Panorama”, poi alla “Stampa” e ora a “Repubblica”. Per Feltrinelli ha pubblicato La suburra. Sesso e potere: storia breve di due anni indecenti (2010), Come un gufo tra le rovine (2013) e Invano. Il potere in Italia da De Gasperi a questi qua (2018).