Masterbook Salentini – “La strada dei mandorli” (Roberto Antonucci)

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Il racconto

Quand’è il momento esatto in cui un romanzo smette di essere un’opera qualsiasi e si trasforma in un capolavoro universale talmente indispensabile da non poterne più fare a meno nei secoli dei secoli? Non esiste una risposta univoca. La verità è che esistono libri capaci di attraversare i secoli portando seco un messaggio che viaggia indisturbato nel tempo e che trova, adesso come qualche lustro fa, un numero incredibile di proseliti, un esercito di divoratori di pagine che ne diventano senza volerlo l’eco, libri capaci di squarciare le parti più intime e recondite dell’animo umano, lasciandoci senza fiato e esterrefatti con le parole disseccate in gola.

E poi esistono quei libri che, pur non rientrando in questa categoria, sono dei piccoli capolavori, dei piccoli “sine qua non” da mettere in conto specie quando si vuol parlare di un luogo, di una terra fertile e avara, ma piena di pulsioni sotterranee, di plusvalenze artistiche che fanno capolino timidamente e che talvolta riescono pure nell’impresa titanica di imporsi all’attenzione del mondo esterno, come il Salento.

La Strada dei Mandorli altro non è che un sentiero costeggiato da mandorli e mai percorso fino in fondo, metafora di un modus vivendi, della paura di vivere, dell’incapacità di andare fino in fondo alle cose, dell’indecisione cronica che paralizza, della fuga costante dalle certezze e dai pensieri ricorrenti, dal timore di non farcela e di non fare la cosa giusta. Alla disperata ricerca di un senso e di una direzione da intraprendere il protagonista scava nei propri ricordi e ritrova se stesso bambino prigioniero delle ansie materne che corre a piedi nudi per i campi e le strade non asfaltate e gioca con le pietre, ma anche il bisogno di Dio e la vocazione mancata e infine l’amore, sentimento autentico mai vissuto veramente, certamente perduto per sempre.

E sullo sfondo le immagini nitide e universalmente riconoscibili di un mondo contadino dove l’auto è un lusso per pochi, i muratori sfoggiano la loro abbronzatura da fatica e vanno in giro con gli occhiali imbiancati di calce e in estate le donne si asciugano i capelli al sole sedute su uno sgabello e gli adulti fanno la siesta pomeridiana.

Ma la vera forza di questo scritto – di circa 60 pagine – è lo stile, una prosa secca, essenziale, senza fronzoli, ne sovrastrutture di sorta e soprattutto senza punteggiatura eccezion fatta per il punto e a capo. Uno stile modernissimo che non è di alcun intralcio al lettore che si inoltra nel labirinto dei pensieri senza il timore di perdercisi.

Sotto altra angolazione, da che cosa è lastricata la strada dei ricordi? Dalle memorie di un’infanzia felice? Dai rimorsi per una scelta di vita che ha influenzato in maniera ineluttabile la propria visione del mondo e che successivamente è stata rinnegata? O dal rimpianto mai sopito per un amore irrimediabilmente perduto e mai dimenticato? Questi gli ingredienti di una storia raccontata per frammenti, da leggere tutta d’un fiato come se si sbirciasse tra le pagine di un diario, una storia destinata a rimanere nel cuore del lettore non fosse altro per l’evocazione di un passato recente e, al tempo stesso, arcaico in cui “si amava e si moriva in modo diverso”. Un mondo che sopravvive ancora oggi tra le pieghe del tempo in alcuni paesi del Sud dove contano ancora le piccole cose e la sera ci si riunisce sotto i portici a chiacchierare con i vicini, mentre i bambini giocano fuori. Un universo parallelo che ci ricorda che i ritmi indiavolati dei nostri tempi non sono mai stati la regola, bensì l’eccezione.

Chi è Roberto Antonucci

Spirito inquieto e ribelle, nasce a Novoli il 27 aprile del 1965. Frequenta il liceo classico in seminario a Lecce che poi abbandona per entrare nel convento dei Padri Passionisti che lascerà alcuni anni dopo. Comincia così a frequentare l’università e nel 1991 si laurea in Filosofia all’Università di Lecce. Nel 1997 si sposa. Successivamente crea la casa editrice LiberArs che dirigerà fino al 2002. Poi si trasferisce a Milano dove lavorerà per qualche anno come insegnante. Dopo la separazione dalla moglie da cui ha avuto un figlio, inizia una storia con una nuova compagna dalla quale avrà un altro figlio. In quegli anni lavora come educatore e per due anni dirige una casa famiglia per minori. Nel febbraio 2014 si ammala per un tumore al polmone. Muore nel dicembre dello stesso anno.

Ha pubblicato “I poteri della coscienza” (monologhi), Novoli 1988. Ha curato “Scripta”, antologia di scrittori salentini, Lecce 1997. “La strada del mandorli” è stato pubblicato nel 2000.