L’arte secondo Annarosa Martonucci

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L’appuntamento dell’estate che volge al termine offre nell’ambito della festa patronale a Lecce in bella mostra a turisti e visitatori del luogo, al di là di primizie e prodotti di vario genere, un concentrato artistico di oggettistica realizzata rigorosamente a mano. Nell’occasione l’allestimento,  posizionato in via Trinchese di fronte al Teatro Apollo, comprende ceramiche, cartapesta, gadget portafortuna, campanelle e angeli da ammirare variopinti e intarsiati d’oro. Questa  miscellanea esprime i dettagli dell’arte nostrana creando atmosfere allegre e fantasie che affondano le radici nella tradizione tutta salentina. E non finisce qui, “cladodi” ovvero pale di fichi d’India, esemplari di comari in abiti caratteristici dal look folkloristico, presepi in miniatura con inseparabili putti alati sono gli elementi che restano più impressi per la loro particolare fattura ai più come souvenir storici. Nella varietà dell’offerta che raccoglie i nomi degli espositori abbiamo rivolto delle domande all’uopo all’artista Annarosa Martonucci che ha un passato di insegnante e artista leccese a tutto campo.

Annarosa, quando nasce la sua arte?

Io ho insegnato Ceramica all’Istituto d’Arte di Lecce per 25 anni, dove ho frequentato anche come studentessa, ora dopo l’innovazione l’Istituto è stato denominato Liceo artistico, primariamente erano due scuole distinte. Poi  mi sono  iscritta e ho completato gli studi presso l’ Accademia di Belle Arti  di Lecce nella Sezione Decorazione. Ho conseguito varie abilitazioni. Sono stata docente di Ceramica e Progettazione della ceramica.

Ha lavorato altri materiali?

Da 5 anni, da quando sono in pensione ho provato a lavorare la cartapesta, è stato sempre un mio pallino, ora avendo più tempo a disposizione mi ci sono dedicata. Realizzo oggetti che richiamano molto il territorio e dunque barocchi, come le chiesette.

Si è formata presso qualche bottega?

No, mi sono formata nella scuola. L’esperienza è maestra di vita. Ho portato avanti un lavoro intensivo con i miei allievi che ho condotto con passione.

Si sente più un’educatrice di materie artistiche o un’artista a tutto tondo?

Tutt’e due. Ho alle spalle molte ore di laboratorio con i ragazzi ma anche ora nel mio giardino ho costruito un laboratorio, cominciato già dai tempi della mia occupazione a scuola. Tra le mie opere ho realizzato anche dei monili lavorati in terza cottura con l’oro, e quanto a ciò posso dire di essere creatrice di veri gioielli.

La sua attività si intensifica a Natale?

Si, in quel periodo mi occupo particolarmente di portali della chiesa, in prevalenza angeli e campanelle, propongo inoltre una novità, la chiesa e il territorio che si trasformano in presepi, “erigo” chiese aperte per invitare chi vuole entrarvi.

Quali sono i soggetti che vanno per la maggiore?

Le massaie salentine che rappresentano varie pose come la statuetta che lava i panni o a passeggio e quant’altro. E poi di contro le pupe barocche che simboleggiano delle vere dame stile sempre precipuamente barocco, piene di ghirigori e decorazioni con al di sotto il batacchio.

Tornando al Natale, perché è così famosa la fiera dei pupi?

Perché riflette la tradizione leccese dell’arte e del periodo religioso più atteso dell’anno, appunto il Natale.

Ora ha un sogno nel cassetto?

Ho iniziato a creare dei piatti in ceramica, ma la loro attuazione è molto dispendiosa in termini di tempo. Chissà forse riprenderò.

A suo parere, quali sono le qualità che deve necessariamente possedere un vero artista?

Seguire la voglia di fare, ciò che sente dentro. Deve dare voce alla sua ispirazione senza copiare, essere se stesso, sempre.