Il discorso alla Città. Mons. Seccia: la speranza è “opportunità per essere migliori e vivere una cittadinanza responsabile”

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Lecce – Terminata la solenne processione dei Santi Martiri Oronzo, Giusto e Fortunato, l’Arcivescovo di Lecce ha rivolto, in piazza Duomo (e non in piazza Sant’Oronzo come fu nel 2018) il tradizionale indirizzo di saluto a Lecce ed ai leccesi.

Occhi, cuore e mente puntati alla speranza, tema cardine del suo intervento tenuto sul sagrato della storica chiesa Cattedrale; al suo fianco il Cardinale di origini albanesi Ernest Simoni ed il vescovo emerito della diocesi di Rrëshen (anch’essa una chiesa locale albanese), Cristoforo Palmieri.

“In questa serata di festa per Lecce e per tutto il Salento il vostro Pastore vuole parlarvi di Speranza. La fede e la carità identificano la vita di un cristiano, di colui che nell’incontro con Gesù, ha sperimentato l’Amore vero, scevro di fragilità e traboccante di gratuità. Un Amore entusiasmante ed eterno che va condiviso con il fratello della porta accanto, con l’ammalato, con il senzatetto, con l’anziano, con l’immigrato, con l’emarginato… con il fratello che ha smarrito la Speranza, quasi paralizzato dalle difficoltà del cammino”: queste le parole di Mons. Michele Seccia che aggiunge: “Un Amore che dobbiamo imparare a donare anche agli uomini e alle donne “schiavi” del gioco d’azzardo e malati di ludopatia. Alle persone sole e disperate perché schiacciate dal prestito ad usura… E qui a Lecce, amici miei, ce ne sono purtroppo tante. Sono poveri che bussano alle nostre porte e che hanno bisogno del nostro aiuto. Come gli altri”.

L’Arcivescovo però non tralascia un passaggio sui temi che “condiscono” la cronaca quotidiana della città, del Salento e dell’intero Paese: criminalità organizzata, sfruttamento e speculazione sulla pelle degli immigrati, Xylella, ILVA, Cerano … : “C’è qualcuno in mezzo a noi, infatti, che è più forte del male, più forte delle mafie, delle trame oscure, di chi lucra sulla pelle dei disperati, di chi schiaccia la persona umana con prepotenza e la discrimina, di chi non si prende cura della Casa Comune? Chi di noi è più forte del sistema di corruzione che purtroppo minaccia anche la politica e le istituzioni? Chi di noi è più forte del dramma della Xylella che sta distruggendo le nostre campagne? Chi di noi è più forte dei vicini fumi dell’Ilva e di Cerano che procurano malattie incurabili? Nessuno di noi”.

Poi il richiamo alla riscoperta del valore della legalità non solo rispettando le regole ma soprattutto diventando piccoli “primi cittadini”, ovvero appassionati responsabili del proprio condominio, della via in cui si abita, del proprio quartiere.

A conclusione, chiosa Seccia: “Lecce mia, noi ci impegniamo ad amarti di più vincendo la tentazione dell’indifferenza ed orientando ogni nostra fatica verso il bene comune. Siamo pronti ad aprire la porta di casa e del cuore a chi è in credito con la vita e con la fiducia. Anche i poveri, incontrandoci, impareranno a conoscere la Speranza.
E se è vero che dal sangue dei martiri, dei nostri martiri, può nascere un fiore, noi ci impegniamo affinché in questa città, nasca più amore”.