Rivalutare per rinnovare

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Novoli (Le) – L’interessante sondaggio politico-amministrativo lanciato dalla redazione di Paiusemiu.com qualche settimana fa, seppur un innocente quanto simpatico giochino, ha acceso con un anno d’anticipo i motori per la prossima campagna elettorale. La scelta di un nuovo primo cittadino incombe già su ciascuno quanto la preoccupazione di una cambiale in scadenza preceduta dalle pressanti richieste di nuovo e di rinnovo per non protestare e non essere protestati. “Cambiare” e “Rinnovare” sono i termini che, nel loro martellare, puntualmente, animano le già agitate giornate elettorali per cercare di offrire nuove prospettive politiche, sociali, culturali e di sviluppo.

Cosa bisogna rinnovare? Cosa occorre “cambiare”?

Nell’esaminare il primo termine, il prefisso “ri” in alcuni casi ha valore iterativo-intensivo, per cui indicherebbe la tendenza continuativa a fare nuove le cose già esistenti, quasi migliorandole. Pertanto, se lo usiamo come termine consueto (quanto potrebbe apparire “desueto” ai più) allora dovremmo iniziare, in realtà, a valutare ciò che di bello e buono abbiamo e ciò che di bello è buono è stato fatto fin’ora. Si tratta di vedere il bicchiere non mezzo vuoto ma mezzo pieno, rimboccarci le maniche e pensare che il rinnovamento parte non dalle cose esteriori, ma da quelle interiori, cioè da noi stessi, dalle nostre capacità, dagli interessi e potenzialità che ciascuno sa di possedere ma che non mette a frutto.

Chi siamo? Da dove veniamo? Perché esistiamo? Cosa abbiamo? Cosa vogliamo? Cosa faccio io per la mia città?
Sono gli interrogativi con i quali, nei prossimi mesi, dobbiamo obbligatoriamente misurarci e ai quali dobbiamo necessariamente saper rispondere, senza attendere responsi altrui che, non soddisfacendo le nostre aspettative, successivamente sapremo solo valutare negativamente. Pensiamo: siamo figli di una terra ricca di Cultura, valori e tradizioni purtroppo non rinnovate e rivalutate ma relativizzate, tanto da perderne senso e significato. Veniamo da una storia forse ancora avvolta nel mistero, ma le cui testimonianze a noi giunte ci parlano di un popolo legato alla propria terra, ai propri ideali, ai propri culti, valori, devozioni e tradizioni che non vanno ridotti in cenere ma, appunto, rinnovati momento per momento, per essere impressi nelle nuove generazioni purtroppo molto spesso ignare anche del patrio suolo che calpestano. Esistiamo perché convinti, almeno fino ad oggi, di quello che abbiamo ricevuto; ma potremmo non esistere più se non trasmettiamo veramente il testimone della nostra storia ai nostri ragazzi che già da ora devono diventare protagonisti di un futuro che è già presente.

Abbiamo una fòcara, ma prima di tutto un Santo; abbiamo un pane e una compatrona venerata fin dai primordi con un titolo del tutto originale nella cristianità. Abbiamo un teatro, di muri e soprattutto di carte, ma pensiamo di avere gli attori e un pubblico capace di applaudire; abbiamo la poesia, la letteratura, la dialettologia e la glottologia che riposano in pace in biblioteche private, ma trascurate quanto obliate in quelle pubbliche. Abbiamo la Musica, sacra e bandistica principalmente, orgoglio, tesoro e patrimonio materiale/immateriale, insieme a preziosi strumenti di valore impari, da tutelare e custodire gelosamente; come pure non manca la musica profana, rap, jazz, beat, rock unitamente all’arte visiva coltivate da bravi ed eccellenti artisti novolesi che riescono a farsi onore, purtroppo, non in cinta, ma fuori le mura, offuscati invece in loco dalla ricerca, di corte vedute, di paladini nazionali e internazionali, anche dal nome impronunciabile, per far si che Novoli diventi l’ombelico del mondo per appena tre giorni l’anno.

Abbiamo avuto finalmente i tanto attesti spazi attrezzati per il verde, le aree per lo sport e il tempo libero insieme ad una piazza rimessa a nuovo, grande ed elegante, ma che non sappiamo opportunamente utilizzare e tantomeno difendere da comportamenti poco civili ed educati, ma che, con un po’ di buona volontà, possono essere corretti. Abbiamo, però, anche le buche lungo le nostre vie, numerose quanto le mormorazioni e contestazioni quotidiane ma che, tuttavia, possono essere appianate con il cemento della responsabilità, della partecipazione e della collaborazione democratica alla vita cittadina.

Abbiamo una squadra, il Novoli Calcio, dove effettivamente giocano undici giovani leoni incoraggiati e sostenuti da una tifoseria che rende il gruppo unico ed unito, proprio come vorrebbe lasciare intendere quel grappolo d’uva, stemma cittadino che, scelto come simbolo dell’economia agricola locale, diventa metaforicamente espressione di compattezza e solidarietà, armonia e sintonia e, perché no?, anche di “ufaneria”, di orgoglio nel sapere di appartenere ad un paese forte della sua storia e delle sue potenzialità da rivalutare per potersi rinnovare.

Alla base di tutto, dunque, vi è la Cultura. La salvaguardia della cultura è un salvavita contro l’inciviltà, l’imbarbarimento e l’indifferenza sempre in agguato. Rimanere indifferenti alla Cultura, specialmente quella locale, che muore è come osservare inermi una vita in pericolo. La nostra Cultura, oggi, significa soprattutto “coesione sociale. Ognuno di noi dovrebbe dire “io sono cultura” perché ho reso la società’ migliore, anche con piccoli gesti, per il bene della comunità. Bisogna rendere ogni cittadino migliore attraverso questo ordine morale che deve appartenere a tutti, per migliorare il contesto socio-economico e per restituire dignità’ e orgoglio alla cultura che è l’anima della nostra storia.

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