Sulle tracce della «spiritualità ecologica» di papa Francesco

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La notizia del Papa «il 4 ottobre [festa di San Francesco d’Assisi] pubblicherò una seconda Laudato si’», riporta all’attenzione il tema delle Laudes Creaturarum, autentico leitmotiv della bellezza come espressione del creato (natura e arte) senza perdere di vista l’attenzione verso gli ultimi.

Il forte messaggio del Santo Padre era già intuibile tanto che, nel tempo e attraverso una profonda riflessione, ha continuato a manifestarsi in un cammino interiore, vigile e responsabile nell’incontro solidale e di amore con gli altri e con quanto ci è stato donato, affinché possa proiettarsi nel tempo.

Condizione necessaria è l’Amore che, nelle diverse declinazioni, è capace di germinare nella natura, nei rapporti, come nella riflessione e nella coscienza di tutti. Seguendo l’umanità in movimento, tra il Wanderer e chi scappa dagli orrori, le parole di Vincent Van Gogh (1853- 1890): «Noi siamo dei pellegrini, la nostra vita è un lungo cammino, un viaggio dalla terra al cielo», nell’avvicinarci verso una bellezza fuori da certi cliché, esprimono correspondance già con la prima parte dell’Enciclica. Pertanto, rimanendo nel Paese d’origine dell’artista, ecco spiegarsi i frutti nati dall’opera di bonifica che dal XVI sec. continua a sottrarre territorio dalle acque ove il merito della ‘fertilità’ è attribuito a «sora nostra matre terra» e a «sora Acqua». Lo scorrere di quest’ultima, attraverso fluttuanti vibrazioni, si armonizza con i rintocchi delle campane delle chiese dai campanili che si congiungono con il cielo. Rimanendo sulla via della bellezza, il mercato centrale coperto (Markthal), denominato la “Cappella Sistina di Rotterdam” rivela la meraviglia moderna ove la grande varietà alimentare si fonde con la volta interna dei colori sprigionati dai pannelli che ritraggono cibo, fiori, ecc. Può sembrare natura morta ma in realtà è viva perché il cibo presente sulle bancarelle, frutto del lavoro dell’uomo, è dono del cielo e diventa Bellezza.

Ad Amsterdam, al Van Gogh Museum, l’incontro con l’artista, figlio di un pastore della Chiesa Riformata olandese. Considerando la sua vita di sofferenze conclusasi a soli 37 anni, è molto interessante avvicinarsi al suo pensiero non scevro di teologia: «Mi sento attratto dalla religione e desidero consolare gli umili. Penso che il mestiere di pittore e di artista sia bello, ma credo che il mestiere di mio padre sia più sacro». I suoi ritratti continuano ad ammaliare comunicando il desiderio di specchiarsi nel volto dello spettatore, sicuri che in ciò sia possibile creare relazioni significative rintracciabili in quell’appello “Fratelli tutti” del Papa o negli abbracci delle case inclinate (centro di Amsterdam), alla ricerca di un maggiore equilibrio.

Dopo aver attraversato lo splendore della luce dei “Girasoli” e l’intensità del cielo blu sopra “La casa gialla” l’occhio sembra far fatica a percepire “I mangiatori di patate” (1885) tanto da orientarsi verso l’estetica del brutto. Importante dipinto che risente il fascino dei lavori del pittore francese Millet volti alla ricerca della dignità per i contadini. L’opera, nel ritrarre l’umiltà dei personaggi e del lavoro dei campi, trasuda grande umanità; illuminata dalla fioca luce della lanterna appesa al centro del soffitto, evidenzia i protagonisti intenti a cibarsi dell’essenziale (patate), contenuto nell’unico piatto, mentre una figura femminile, all’estrema destra, versa del caffè nelle tazzine. Il tutto è adagiato su un tavolo di legno, in un ambiente angusto e decisamente povero. La narrazione è affidata ai personaggi, provati dalla fatica: volti segnati dalla stanchezza con mani quasi deformi, le stesse che hanno lavorato la terra e ricordano una certa iconografia del Cristo morente (Mantegna et altri). Se il realismo dei corpi esplicita la fatica e il sacrificio necessario per vivere, i colori (quelli della terra) nell’ alternatim luce-ombra, diventano pathos capace di generare una percezione più umana della bellezza.

Affidandoci alle parole del Santo Padre, tutto è possibile se sappiamo custodire questo mondo attuando una profonda «conversione ecologica».

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Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

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