“Ancora un’altra tirata; su via, una sola tirata ancora; voglio sentire quella sensazione “riempitiva” che scende giù, giù fino ai miei polmoni. Non mi levate questo piacere, in fin dei conti, la vita è mia e solo mia. Compro l’ultimo pacchetto, da domani poi basta, non voglio più sentirne neanche l’odore. Sì, domani smetto, ma perché proprio domani? Aspetterò la fine della settimana, sarà lì che lascerò per sempre, magari accompagnando l’ultima fumata con un sontuoso bicchiere di barbon”.
Domani e ancora domani, finché non ti ritrovi a 75 anni, con nipoti e figli oramai cresciuti, ma credi che non sia ancora il momento di andare via, non tu. Il problema è che quei domani sono divenuti giorni, mesi, fino a perdere anni di vita in cui ci si poteva godere ancora quella esistenza straordinaria, un’ esistenza che dopo la pensione acquisisce quella purezza priva quasi del tutto di obblighi, con i sorrisi della propria famiglia, quei sorrisi che ogni giorno accompagnano le ore, raccontando giornate che passano felici e tu, vorresti che non finissero mai.
Finché non arriva lei, “la signora dei conti” che rendiconta per filo e per segno il motivo secondo il quale sei lì e stai per andar via; proprio in quel momento, guardando il numero di tutti quei pacchetti fumati, ti renderai conto che senza di loro, sei- sette anni altri saresti potuto rimanere tra i tuoi affetti, ma quel “domani non moriva mai” e ha continuato imperterrito a galoppare, circondato da quel fumo che non poteva competere (da giovane e non solo) con tutti quegli affetti che ti saresti ritrovato in tarda età, forse perché nessuno di noi si rende conto dell’effettivo passare del tempo. Ma quelli sono i conti che più divertono la “maledetta signora”, che a sua volta, con un odore putrido, denti marci (quei pochi rimasti), volto scavato, sigaretta con bocchino, cilindro in testa e bastone in una delle sue sottili mani, alita in faccia al mal capitato, al quale, per la prima volta nella sua vita, quel disgustoso odore di fumo puzza di morte, di fine; e mentre si accinge a far firmare necessariamente quel “contratto di fine rapporto”, sorride ringraziando per averle facilitato il lavoro con quei piccoli bastoncini “magici mangia vita”. E ora, che la fine abbia inizio.