Celebrazioni per San Bernardino a Lecce: il Sindaco Perrone consegna le chiavi della città all’Arcivescovo Mons. D’Ambrosio. Scoperta anche una targa commemorativa

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Copertina San BernardinoLecce – Dopo 400 anni, in onore della figura di San Bernardino Realino, si è celebrata nuovamente a Lecce la cerimonia della consegna delle chiavi della città.

Bernardino Realino, padre gesuita, proclamato Santo da Pio XII nel 1947, è stato uno dei più grandi benefattori di Lecce, tanto da meritarsi nel 1616, dall’allora sindaco Sigismondo Rapanà, le chiavi di Lecce. Come quattro secoli or sono, dunque, ieri mattina il Sindaco di Lecce, Paolo Perrone, ha simbolicamente consegnato le chiavi della città all’arcivescovo Mons. Umberto Domenico D’Ambrosio.

Il 2016 è l’anno dedicato alla figura del Santo Gesuita e, per l’occasione, è stato aperto un convegno internazionale di studi dal titolo “Modernità di Padre Bernardino Realino, magistrato, gesuita e Santo”, un momento per ricordare la figura di un Santo che ha lasciato una grande eredità spirituale e culturale.

Ieri mattina, dunque, nell’aula consiliare di Palazzo Carafa si è svolta l’ultima sessione del convegno. A presiedere l’incontro è stato il professor Mario Spedicato dell’Università del Salento; a lui hanno fatto seguito numerosi autorevoli interventi sulla figura del gesuita e del suo rapporto con Lecce ed i paesi limitrofi; è intervenuto anche il prof. Gilberto Spagnolo, Dirigente dell’Istituto comprensivo di Novoli, il quale ha incentrato il proprio intervento su “Bernardino Realino e i Mattei signori di Novoli”, illustrando lo stretto legame tra il Santo e Novoli. Tramite la figura di Filippo II Mattei, infatti, il Gesuita è legato anche al territorio novolese, poiché alla fine del ‘500 fu lui ad indicare il punto in cui sarebbe stato possibile trovare una sorgente d’acqua, gli scavi straordinariamente diedero ragione alle intuizioni del Santo, così venne realizzato un pozzo presso il Palazzo Baronale, e venne chiamato “Il pozzo del Signore”.

A chiusura delle commemorazioni, le parole del Sindaco Perrone: “Sono molto contento oggi di rinnovare l’atto con cui la città il 2 luglio 1616, nella persona del sindaco Rapanà, eleggendo patrono e protettore di Lecce, offrì le chiavi al Santo. Quest’oggi abbiamo voluto, a 400 anni di distanza, replicare quell’evento, la città di Lecce, devota, riconsegna le chiavi alla sua Chiesa, ed io con grande orgoglio consegno le chiavi al nostro Arcivescovo come fece Rapanà a San Bernardino. Mi preme ringraziare – ha sottolineato il primo cittadino – in modo particolare Padre Mario Marafioti, la vera anima ispiratrice di queste iniziative in memoria del Santo Gesuita. Per me è un onore come Sindaco essere riuscito oggi a ricordare la figura di questo Santo leccese, che deve anche essere ricordato come uno dei costruttori della nostra città, contribuendo alla realizzazione di monumenti straordinari che ancora oggi è possibile ammirare e che definiscono il barocco leccese, come La Chiesa del Gesù, nota come Buon Consiglio, e Palazzo Cassinesi, prima università della città. È stato un uomo attento anche alle esigenze dei più deboli – ha concluso Perrone – perciò serve ricordare questa figura soprattutto ai giovani, che non riescono a comprendere l’importanza di quest’uomo sociale. La targa commemorativa, avrà anche un valore didattico, grazie ad essa in molti si chiederanno chi fosse S. Bernardino, e riscoprendo la sua figura, ripercorreranno una parte della nostra storia.”

Anche Mons. D’Ambrosio è intervenuto nella commemorazione del Gesuita: “Quest’occasione mi ha fornito la possibilità di approfondire la straordinaria figura di San Bernardino. Quello che è stato fatto fino ad ora, è servito a far conoscere un protagonista vero, che ha guadagnato autorità in ciò che faceva: educazione cattolica dei giovani. Colgo l’occasione per annunciare che scriverò al nuovo Padre generale dei gesuiti, Padre Arturo Sosa Abascal, esortandolo, per dare significato alla figura di San Bernardino, a ricreare una comunità gesuita qui a lecce.” Successivamente, all’esterno del Palazzo, in via Rubichi, accanto alla Chiesa del Gesù, è stata scoperta la Lapide commemorativa dell’anno bernardiniano, su cui si legge:

“Raccomandiamo alle vostre orazioni noi stessi e tutta quanta la nostra città, tanto da voi amata, e che tanto sempre vi ha riverito… Speriamo che abbiate a essere continuo difensore e protettore nostro dal paradiso, quale da ora vi costituiamo in perpetuo”.

Così il 2 luglio 1616 il sindaco Sigismondo Rapanà eleggeva patrono e protettore di Lecce Bernardino Realino S.J., consegnandogli le chiavi della Città. Quattrocento anni dopo, l’Amministrazione Comunale, rinnovando l’offerta di quelle chiavi, onora nel Realino uno dei grandi “costruttori” di Lecce: insigne modello di magistrato e amministratore; amante della Città e consigliere dei dotti e dei semplici; padre delle anime, amico dei poveri e soccorritore dei deboli; grande interprete della missione educativa della Compagnia di Gesù, maestro dei giovani e loro guida dall’arte del barocco all’arte della vita; seme e radice del futuro sociale, culturale e spirituale delle genti di Lecce. Il Sindaco Paolo Perrone, la Giunta e il Consiglio Comunale, alla presenza dell’Arcivescovo Mons. Domenico D’Ambrosio, posero il 15 ottobre 2016.”

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Inoltre, in cima alla Chiesa dedicata al Santo è tornata, in tutta la sua bellezza, la statua del Pellicano. “Si tratta di uno dei numerosi simboli che hanno figurato Cristo, forse, insieme all’agnello, il più significativo e commovente, è il pellicano – ha spiegato Padre Mario Marafioti, gesuita, fondatore e responsabile della Fondazione Emmanuel –  Il fatto che i pellicani adulti curvino il becco verso il petto per dare da mangiare ai loro piccoli i pesci che trasportano nella sacca, ha indotto in passato all’errata credenza che i genitori si lacerino il torace per nutrire i pulcini col proprio sangue, fino a divenire emblema di carità. Il pellicano è divenuto, pertanto, sin dal medioevo, il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. E per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini”.