Il giudizio, da movimento emotivo a strumento politico

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Prima di operare una valutazione centrata sul giudizio, che tocca in maniera trasversale tutti gli elementi che compongono la realtà, occorre chiarirne il suo concetto. Si intenderà così come atto intellettivo che unisce i soggetti ed i predicati, o che afferma o nega il predicato di un soggetto. S’intenderà altresì come facoltà umana con cui si discerne il bene dal male.

La prima prova che il giudizio deve superare è quella della “verità”. Anche se si fonda sul processo di conoscenza della realtà, è altresì vero che è stato stabilito che l’esito delle indagini che questo opera su di essa non è assoluta, in quanto la verità sulla realtà assoluta è per l’uomo irraggiungibile, dato che non rientra nelle sue possibilità, che invece sono di pertinenza divina. Infatti, solo Dio può contemplare e discernere il bene ed il male contestualmente e possedere la conoscenza assoluta tanto da giudicare in maniera obiettiva. Noi uomini, invece, possiamo, allo stesso tempo e di una qualcosa o qualcuno, cogliere aspetti negativi da affiancare ad aspetti positivi quando siamo in perfetto equilibrio.

L’altro ostacolo che il giudizio deve affrontare è quello dell’emotività, per cui, ogni ragionamento basato sui sentimenti, è formato da una convinzione che e’ il risultato di come ci sentiamo. Sulla scorta dei sentimenti (invidia, odio, amore, ecc…), i giudizi variano, per cui possiamo esaltare qualcuno o abbatterlo e la stessa cosa vale per noi stessi.

Si può quindi affermare che i giudizi emotivi sono unidirezionali –o positivi o negativi- in quanto costruiti in base a come ci si sente o all’idea che di qualcuno o qualcosa vogliamo dare. Tale è una trappola della nostra mente che in certi momenti di difficoltà o tristezza ci induce anche a sabotarci o ad esaltarci, risultato questo della difficoltà di gestire correttamente le emozioni, per cui ogni elemento obiettivo viene inevitabilmente scartato.

Da qui, il passo è breve verso un altro concetto, quello del senso di onnipotenza, secondo il quale chi ne soffre emette soli giudizi negativi sugli altri e positivi su se stesso. È chiaro che parliamo di un disturbo narcisistico di personalità tendente all’auto sublimazione, che proviene da una particolare ed egocentrica percezione di sé per cui gli altri sono ritenuti inferiori. Come, d’altro canto, vi è il processo opposto, che si esprime nel complesso di inferiorità drammatica, espresso altresì in un’alterazione della percezione di sé a svantaggio dell’autostima, ed in questo caso si idealizzano gli altri per autoabissarsi.

Nella trasversalità del concetto di giudizio e nella riflessione sul suo movimento sulla realtà non mancano accenti nella sua caratteristica di strumento politico e diplomatico. Anche in quest’ambito, non vi sono degli universali logici per cui è possibile esprimere dei giudizi veri ed assoluti. La politica, come l’attività diplomatica, sono ambiti pubblici e dati in pasto a tutti, fatti da correnti che prendono direzioni diverse ed opposte.

Quando si fa politica, il giudizio sull’altro diventa uno strumento per i propri fini, per cui se si vuole annientare politicamente qualcuno lo si abissa con determinati giudizi e critiche negative, mentre se lo si vuole esaltare, se ne elogia l’operato idealizzando le caratteristiche e le capacità. Infatti la differenza tra giudicare e criticare, consiste negli argomenti usati per agevolare o danneggiare qualcuno.

Il fine delle riflessioni qui riportate su questo vasto e complesso argomento è quello che tende ad affermare che qualsiasi giudizio, di qualsiasi ambito appartenga, rimane solo parzialmente giusto rispetto alla realtà, la quale complessa a sua volta è impossibile da scrutare e conoscere; d’altronde come affermava lo stesso Albert Einstein, ” chiunque è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, passerà la sua vita a credersi stupido…”