Cosa è, in fondo, la giovinezza?

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La giovinezza è una “virtù” o uno stato mentale che attraversa l’umanità? Sicuramente è qualcosa di ineccepibilmente bello che solca il cuore al suo apparire. Dobbiamo rendere grazie per questa visione a chi la offre perché regala emozioni positive, immense, condivisibili. Lo prova il fatto che diamo fondo al nostro borsellino, o diamo dei gadget simbolici nel momento in cui godiamo della presenza di infanti, fossero amichetti, figli o nipoti e non per ingraziarceli, ma semplicemente per “restituire” quell’affetto che prorompe dalla loro presenza. E diventiamo, per contaminazione, giovani anche noi più grandicelli, difatti,  giovane è colui e colei che lo è nel cuore, miracolo della vita che riesce inoltre a zittire tutti quando apre bocca.

Ci si sente ad un tratto inseriti in una dimensione eterea, avvincente, che ha del sacro, essendo essa perfetta. La sua peculiarità è l’unione, perché il rapporto con sé e il mondo è indissolubile, rimandando allo stato di fusione, similmente a quello tra madre e bambino nell’utero, al nirvana che ricercano coloro che si abbandonano al pensiero profondo. Proviamo la stessa cosa quando osserviamo i movimenti dei bambini oppure atteggiamenti intimi degli innamorati e scrutandoli pensiamo “il mondo è loro”. E’ per questo così charmant la giovinezza che dispensa sorrisi e momenti inenarrabili e induce a pensare ad una realtà finita o infinita, gli opposti si toccano, è comunque nostra e basta prenderla. Siamo dunque estatici per il dono della gioventù anche quando si è centenari. Allorquando siamo colti da sentimenti intensi, rassicuriamoci, non amiamo un dato anagrafico. In fondo i numeri che sono? Nella realtà contraria all’astratto non esistono. Sono delle formalità che ci forniscono dei paradigmi per orientarci nel caos di un’esistenza che se non fosse sempre giovane non avrebbe ragione di essere.