Il giorno della memoria …

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Giornata della memoria

 

Perché il genere umano non dimentichi la follia di un regime e il dolore di milioni di persone.

È ormai drammaticamente noto a tutti il numero degli esseri umani deportati, imprigionati, seviziati, torturati, mutilati, uccisi dai nazisti di Hitler nei campi di sterminio e di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Eppure quel numero folle continua a turbare le coscienze di chi fa fatica a pronunciarlo.

Circa quindici milioni di morti, di cui sei milioni gli ebrei.

A volte le immagini che ci fanno rivivere tutto quell’insensato dolore ci sembrano addirittura superflue, dal momento che inimmaginabile sembra un possibile ripetersi di tale orrore. Ma così non è, e non solo perché attualmente sono in atto molte guerre lontane e vicine a noi ma anche perché il razzismo continua a strisciare malignamente in ogni piega della nostra società. Ed in effetti, semplificando,  da una delirante idea di dominio, di superiorità, di controllo nacque il Terzo Reich e tutto lo strascico di interminabile odio razziale che ne conseguì e che è stato il peggior dramma umano collettivo del secolo scorso. 

Da molti anni, per non dimenticare, il 27 gennaio si celebra nel mondo la ‘Giornata della memoria’. In Italia, un articolo di legge recita:« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati … >>.

Molteplici le iniziative in tutto il nostro Paese per dare il proprio contributo solidale al ricordo, per testimoniare una netta presa di posizione rispetto ad idee totalitarie e deliranti che hanno portato al massacro di milioni di innocenti. Cerimonie ufficiali, tavole rotonde, discorsi istituzionali e molto altro.

Tra le tante, a noi piace portare prova scritta da parte di un paio di alunne della scuola secondaria di primo grado del Polo 2 di Casarano, dove è stato realizzato uno spettacolo incentrato sull’Olocausto, curato da Docenti e Studenti, ed articolato in recitazione, musica, ballo. Un momento di riflessione addolcito dall’arte e dalla speranza, propria della gioventù. Qui pubblichiamo due lettere che ragazze del 2000 in un fantasioso, ipotetico e mai auspicabile ritorno al passato, scrivono alle proprie madri mentre, imprigionate, raggiungono un campo di concentramento.

Un plauso a tutti gli insegnanti che percorrono coi propri alunni i passi della storia, e lo fanno non convenzionalmente ma consapevolmente. Un plauso agli educatori che eliminano confini e barriere, ai genitori che aprono menti e case. Perché anche ‘Giornate’ così importanti non restino entro i numeri freddi  di una data e accompagnino le nuove generazioni verso la vera idea di libertà che non prescinde mai dal rispetto per il prossimo.

 

Bimba che scriveCara mamma,
ti scrivo per raccontarti quanto tragico e scomodo sia stato questo mio improvviso viaggio in treno, verso un luogo dal nome difficile da pronunciare. Il vagone era molto piccolo e a malapena, in cinquanta, riuscivamo a sederci o, addirittura, sdraiarci per terra. Il freddo non mancava, ma, per fortuna, Grazia ha condiviso la sua copertina con me. L’acqua ed il cibo sembravano essere oro ed argento, è stata una tortura. Ed il perché fossi lì mi mangiava la testa, sembrava che avessi commesso un crimine imperdonabile; tentavo inutilmente di guardare oltre i piccoli fori delle pareti di legno, per vedere se il mondo esterno riusciva a rallegrarmi, ma niente! Sembrava spento anche lui, non si muoveva una foglia e tutto sembrava natura morta. Nessuno aveva la forza di sorridere o anche solo di rompere la fredda atmosfera con una battuta, mentre venivamo caricati sui vagoni, senza saperne il motivo. Durante il viaggio, ho avuto il tempo di pensare a tutto ciò che di bello avevo vissuto, alla mia famiglia, alle lezioni di danza, al pianoforte, agli amici, al tempo passato a scoprire il mondo, anche se, dopo poco, il nero e la tristezza hanno offuscato la mia mente, prendendo il sopravvento sui bei ricordi. Dopo due giorni e una notte di viaggio, siamo finalmente arrivati in un campo, almeno così ci è sembrato, recintato col filo spinato. Piccole baracche e un grande capannone e poi un grande fumo nero, un odore sgradevole, come di pellame, grasso, di carne. Tutto intorno, estesi campi aridi. Scesa dal vagone, mi sono fermata a riflettere, a osservare i più piccoli dettagli. Arrivavano treni da ogni parte, un fiume di persone che scendevano e salivano, senza sosta, un viavai continuo, soldati, prigionieri, ufficiali… In particolare, mi ha colpito un ragazzo della mia età, completamente rasato, con uno strano vestito a righe grigie ed un berretto, come quello del capostazione. Caricava e scaricava bagagli e li ammucchiava in un angolo o li metteva infila sul ciglio del marciapiede. Continuavo a fissarlo, finché, sentendosi osservato, ha volto verso di me lo sguardo più tenebroso che io abbia mai visto, il suo volto non aveva vita! Ho sentito un brivido salirmi lungo la schiena quando ho visto la tristezza, la malinconia e la stanchezza nei suoi occhi di cadavere vivente; ero spaventata, angosciata al pensiero che, forse, mi sarei dovuta abituare a quella vita. Non è semplice restare qui, mamma, ma mi ritengo fortunata, a differenza della mia amica Grazia, che da giorni non vedo più. Durante il viaggio ha preso la malaria, bevendo dell’acqua che scendeva da un foro del soffitto, impura, non limpida, ma avrebbe fatto di tutto per dissetarsi.. Alla fine del viaggio riusciva a malapena a pronunciare qualche parola e a muoversi. Dal giorno dell’arrivo non l’ho più vista e non oso immaginare che cosa possa esserle accaduto. Ho la vana speranza di rivederla, so solo che è stata dichiarata “inabile al lavoro”. 

Credimi, trovare un misero pezzo di carta e una matita dalla mina stemperata non è stato semplice, ma, per fortuna, ho avuto la possibilità di raccontarti alcune delle emozioni che ho provato. Inutile dirti lo scontato ”Ti voglio bene”, non avrebbe senso; adesso ti dico “Spero solo di riabbracciarti”.

 

Bimba che scriveCarissima madre,
sono io, la tua Alice. Mi manchi tanto, tutti mi mancate. Sinceramente, non so come io abbia trovato il coraggio per scrivere questa lettera, dal momento che temo di essere scoperta e uccisa. Sai, è dall’inizio del viaggio che penso solo a questo, alla sopravvivenza. Già, il viaggio..dura fino a cinque giorni, ma non immaginare un’allegra gita in compagnia degli amici, a bordo di un treno comodo, con tanto di morbidi sedili e tappeti. No, più che un treno, il nostro mezzo di trasporto è una gabbia. Totalmente privo di luce, di spazio per i passeggeri, servizi igienici, riscaldamento, ma soprattutto di cibo e acqua a nostra disposizione, questo treno è divenuto quasi uno strumento di tortura dei tedeschi. Perdona le mie descrizioni, madre, ma è proprio così che stanno le cose. Tutti qui patiscono la fame, la sete, soffrono, sono stanchi….e pensa che a bordo c’è anche un rubinetto che gocciola, ma non ci è permesso bere da lì!Sulla parete del vagone c’è un grande buco che noi usiamo come”telescopio”, per vedere ciò che succede al di fuori della nostra gabbia, il mutarsi del paesaggio, non tanto perché ci interessi davvero, solo per dare un senso al trascorrere dei giorni. Il mio viaggio è durato da circa tre giorni, ma non si vede la fine; c’è sempre una strana puzza di carbone qui dentro, credo provenga da fuori. Sono partita da Fossoli, questo lo ricordo bene, e credo che la nostra destinazione sia Austerlitz, ma non vorrei sbagliarmi, qualcuno ha nominato un posto sconosciuto, dal nome impronunciabile, Auschwitz, mi sembra.Alla partenza ci hanno detto ch esaremmo andati in un posto migliore, ma, dal mutarsi del paesaggio e del clima, ne dubito. Già, il clima! Meglio non parlarne. Ti dico solo che alcuni si sono ammalati, qui dentro, e tutti stiamo morendo dal freddo. Dopo tre giorni trascorsi al buio, al gelo, senza cibo né acqua, ammassati come animali, e con l’angoscia di non sapere a che cosa stiamo andando incontro, ora sono davvero stremata e senza forze. Mi dispiace averti fornito informazioni così dolorose, madre, ma non ne ho potuto fare a meno. Voglio che sappiate la verità, così com’è. Ho veramente troppa nostalgia di voi! Ora smetto, non vorrei essere scoperta, dopo così tanta fatica.

Vi abbraccio Alice

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