A Trepuzzi, “Processo a Giuda”: il 26 marzo alle ore 18.30

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Trepuzzi (Le) – La Passione di Gesù si configura come il momento del proverbiale Tradimento in cui si consuma il sacrificio perfetto. Il ruolo dell’Iscariota al centro di una tragicommedia rivolta ad una umanità chiamata a fermarsi e pensare, se non proprio a fare un introspezionismo dall’alto di un Getsemani improvvisato nell’Oratorio Giovanni Paolo II presso la Chiesa Santa Famiglia in via Jacopone da Todi a Trepuzzi.

Un “Processo a Giuda”, il dramma in due atti che sarà rappresentato il 26 marzo 2024 alle ore 18,30 è di Giuseppe Cecere Jr, la cui regia  e aiuto operata rispettivamente da Anna Blasi  e Lorena Braganti. I costumi di Maria Agrimi e Gina Longo , le iconiche scene di Anna Loperfido, accanto ai tecnici del suono Mimino, Paolo e Andrea, gli interpreti sono i giovani dell’Oratorio, non ultimi che hanno potuto spendersi fino a superarsi  grazie a questo progetto artistico-religioso.

L’iniziativa promossa oltre che dalla NordSalentoteatro, la cui presidente Anna Blasi e  i suoi attori amatoriali insieme all’Associazione ComunjCare , capeggiata da Salvatore De Maria, avente il merito anch’egli di aver coinvolto in prima persona i fantastici ragazzi che presentano problematiche relative alla disabilità, per la grazia del Risorto dopo la settimana santa,  la  Parrocchia Santa Famiglia, guidata dall’infaticabile Don Antonio Bruno. La tematica del Tradimento  e del Traditore per antonomasia rivisto e rivisitato, scusando la ripetizione, che lo spoglia dall’in-giusto sinonimo in cui è collocato dai tempi della presenza del Figlio di Dio sulla Terra.

Inevitabile, tra l’altro una considerazione alla radice della fenomenologia del tradimento, fa pensare l’idea che se l’uomo fosse libero, non avrebbe bisogno di tradire ; eppure è altrettanto vero che se l’uomo non fosse libero non potrebbe tradire. Da qui la natura bicuspide del binomio libero e traditore. E sempre facendo della filosofia l’interrogativo del traditore porta al pensiero della Genesi, in realtà si nasce da un tradimento che si perpetua successivamente allorquando il figlio abbandona  la casa paterna per unirsi ad un altro essere e formare una nuova carne. Si tradisce se stessi per necessità, ovvero per adeguarsi alle emergenze che talvolta la vita presenta, es. nell’accettazione del compromesso per “salvare” un rapporto sociale o professionale o quant’altro. Sta alla fantasia di ciascuno concentrarsi su questo termine che da sempre ha portato con sé un’accezione dall’origine teologica, negativa.

L’opera messa in scena restituisce rispetto, spirito sodale alla figura di Giuda, dove il “falso come giuda” , diventa un riferimento  non saldamente ancorato ai tempi postmoderni  e da bandire a priori senza appello alcuno.  Personificato in abiti umani il “nuovo” Giuda si dice pronto a rendere i 30 denari e non solo. Altresì i dettagli del malanimo che l’umanità gli ha inflitto inchiodandolo anch’esso ad una croce figurata senza esame di coscienza personale da parte del popolo presente e passato, consapevolizzano l’uomo comune ai fini del riconoscimento del patto di corresponsabilità che non è stato considerato. Infatti l’ex apostolo commensale dell’Ultima Cena , in sostanza, non ci sta e chiama in causa coloro che prima hanno strillato a gran voce “Crocifiggilo”, legittimati poi a colpire impunemente  chi ha dato  luogo per sua volontà al susseguirsi fatale della morte del Maestro, la più deplorevole, ineffabile da denominare, Morte di Croce. Il senso del pezzo teatrale è che “grazie” al martirio del Creatore si compie il Progetto di Dio e l’umanità è redenta. Dunque la pièce libera dall’incasellamento eterno il Giuda del Vangelo, alla luce del fatto  che non si è voluto seguire nemmeno a posteriori l’insegnamento del Figlio dell’Uomo fondato  sul perdono, l’amore e la solidarietà, invece bypassato. Ciascuno può fare ancora il mea culpa e ri-generarsi nell’acqua del fiume Lete, direbbe Dante, per un nuovo battesimo cristiano. E’ quindi, come dal significato etimologico, Pasqua.