Io, Ennio Morricone, sono morto. Non voglio disturbare

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“Io Ennio Morricone sono morto. Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati sempre vicino ed anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto. Impossibile nominarli tutti. Ma un ricordo particolare è per Peppuccio e Roberta, amici fraterni molto presenti in questi ultimi anni della nostra vita. C’è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: non voglio disturbare. Saluto con tanto affetto Ines, Laura, Sara, Enzo e Norbert per aver condiviso con me e la mia famiglia gran parte della mia vita. Voglio ricordare con amore le mie sorelle Adriana, Maria e Franca e i loro cari e far sapere loro quanto gli ho voluto bene. Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli, Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati. Per ultima Maria (ma non ultima). A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio.”

È morto Ennio Morricone. Sì, lui delle canzoni in campagna, tra i ciliegi. Lui delle canzoni sul treno, per l’amore. Lui delle canzoni in silenzio, nei nostri pianti soffocati, di noi ragazzi che l’abbiamo conosciuto almeno in uno dei tanti film che ha messo la firma sui nostri ricordi. Ennio che sapeva toccare ogni corda del cuore, anche la più arrugginita, la più rurale, la più sporca.
Un maestro dalla musica invadente, che se ti portavi avanti in una passeggiata solitaria e scorgevi qualcosa di fatato, avresti immaginato che lui fosse passato di lì, col suo portamento eretto, con i suoi gesti, con le sue parole che di storie chissà quante potrebbero raccontarne, anche di quelle mai vissute.
Nella mia memoria, lui resta scalfito di fronte a uno strumento, a scrivere o a prendere appunti, concentrato, quasi sempre solo, con la fronte aggrottata, con tutte le caratteristiche del genio.
Un eclettico, un visionario, un pazzo, se ci penso.
Io riesco a immaginare solo tante conche: conche di storia in cui inciampare se gli artisti o il cinema non si fossero espressi grazie a lui.
Sembra che io stia parlando di un uomo straordinario, pauroso per il suo incanto e per la sua delicatezza, ma quasi irraggiungibile, trascendentale, intrinseco solo alla natura e a fotogrammi di storie passate.
Eppure. Eppure il suo necrologio sembra essere quello di un uomo completamente obliato dalla sua condizione di maestro eternamente osannato; il suo necrologio sa solo essere quello di un uomo che ha avuto tanto da amare, e che ha un’ultima voce da fare ascoltare: quella del suo doloroso, stridulo addio.