Cultura e Integrazione a Novoli per la Giornata Mondiale del Libro che si celebra il 23 aprile. Fra i protagonisti, gli ospiti di Casa Francesco

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Novoli (Le) – La questione del fenomeno migratorio è un tema che sta fortemente influenzando le dinamiche politiche e sociali dei paesi occidentali e di conseguenza ci spinge alla ricerca di soluzioni relative all’accoglienza e all’integrazione. In tal senso, sono numerose le realtà, pubbliche quanto private, che si adoperano per fornire strumenti efficaci per poter gestire al meglio quella che da molte parti viene definita, a volte anche impropriamente, un’emergenza.

In quest’ottica si inserisce il lavoro della Fondazione Emmanuel – Don Francesco Tarantini per le Migrazioni e il Sud del Mondo, presente a Novoli dal 2015 con “Casa Francesco”, un centro di accoglienza per richiedenti protezione internazionale.

Per l’occasione della Giornata Mondiale del Libro, alla quale parteciperanno attivamente i ragazzi di Casa Francesco, abbiamo ascoltato dalla voce della responsabile del progetto, Stefania Gualtieri, che cosa voglia dire accoglienza, con gli sforzi e le problematiche che essa comporta. Un argomento che spesso si aggroviglia nella trappola della strumentalizzazione complice la sempre più dilagante disinformazione. La voce invece di chi vive ogni giorno sulla propria pelle tali difficoltà, ma anche le soddisfazioni di questa sfida, di chi chiama per nome e conosce le storie nascoste dietro i numeri e le statistiche, aiuta a far comprendere meglio questo fenomeno.

Stefania Gualtieri

Stefania, i movimenti migratori sono da sempre una costante della storia dell’uomo, a volte però la contemporaneità ci spinge a vivere un fenomeno “vecchio”, come se fosse nuovo. Perché si è portati automaticamente a sopravvalutare l’impatto negativo dell’incontro tra diverse culture?
La cultura nasce dall’incontro, e ciò fa paura. Non esiste “un diverso”, lo siamo tutti in realtà, la vera sfida non è tra le differenze culturali, ma tra quelle sociali. È in tali differenze sociali che ci scopriamo soggetti vulnerabili, quando queste diventano discriminazioni, delle quali non fanno parte solo i migranti, come si pensa erroneamente, ma tutti coloro che sono esclusi da una partecipazione comunitaria: bambini, anziani, disabili. I migranti non sono causa di crisi, mettono in risalto una crisi che c’è già.

Non sempre le migrazioni sono dei fenomeni volontari, a suo parere con l’esperienza di Casa Francesco, la maggior parte dei rifugiati si allontana dalla propria terra per disperazione o per una sorta di attrazione per il nostro paese, e perché ci risulta difficile operare questa distinzione?
La maggior parte delle persone che transitano da Casa Francesco non hanno come meta finale l’Italia. C’è molta strumentalizzazione in questo, ma è il sistema stesso delle migrazioni che prevede l’Italia come via privilegiata, poiché la richiesta di asilo deve essere effettuata nel primo paese sicuro, che secondo il Trattato di Dublino, coincide con il nostro. Nella mia esperienza, tutti quelli che ho incontrato sono sfuggiti da situazioni di miseria e di conflitto. Il malessere che spinge queste persone a fuggire è quasi sempre causato dalle guerre fomentate dai paesi occidentali in nome della civiltà e della democrazia, particolarmente nella zona mediorientale. Non tutte le miserie sono però causate dalle bombe, ma dallo sfruttamento intensivo dei territori del sud del mondo. Il confine tra migrante politico ed economico è così sottile, che necessita di un ascolto attento della persona. Non esistono i migranti, noi accogliamo persone.

In questa accoglienza, quindi, Casa Francesco rappresenta un punto di incontro tra persone; i rischi però sono quelli della ghettizzazione, che crea un muro con il paese che ospita da una parte, e dell’assimilazione che porta a perdere la propria cultura d’origine dall’altra. Come si può raggiungere una più equilibrata integrazione intesa come processo di compatibilizzazione tra chi giunge e chi ospita?
Per ottenere questo è necessario promuovere, prima di tutto, la conoscenza dei nostri ospiti con le persone del territorio. Nel momento in cui il migrante finisce di essere tale e diventa Joseph che mi racconta la sua storia personale fatta di sofferenza, di fuga e di identità perduta, lo inizio a guardare come essere umano. Noi come operatori di Casa Francesco, dedichiamo, perciò, un lungo periodo alla conoscenza delle persone che arrivano nella nostra struttura, cercando di offrire degli strumenti di recupero, anche psicologico. Molti vengono da situazioni di detenzione e violenza. È necessario recuperare questo malessere interiore, offrendo opportunità come corsi di italiano, la prima chiave di accesso alla nostra società, il benessere di convivenza in questa struttura, attività di animazione e integrazione. In tal senso, sono fondamentali i corsi di formazione professionale con laboratori di falegnameria, sartoria e agricoltura.

In quest’ottica di integrazione, Novoli come ha reagito?
Ci sono persone molto giovani che da subito hanno colto e accolto questa nuova presenza sul territorio, mettendosi a disposizione facendo volontariato. Molti vengono anche solo per passare e condividere un momento di gioia, suonando la chitarra e giocando con loro, delle famiglie hanno accolto per il pranzo di Natale alcuni ospiti di casa Francesco. Di contro, sono numerosi ancora quelli che vedono la loro presenza sul territorio come un rischio, come un vedersi togliere qualcosa, uno spazio proprio, e anche in questo Novoli è un pezzo di umanità. I migranti, non sono tutti irreprensibili ed educati, ma così come non lo sono neanche tutti gli italiani e i cittadini delle varie parti del mondo.

Buona parte dell’opinione pubblica ritiene che una delle migliori soluzioni sia quella di garantire lo sviluppo dei territori di origine dei rifugiati. Che l’accoglienza non risolva la questione, ma che sia necessario andare a monte del problema ed affrontare i problemi nei paesi dai quali i migranti provengono. Tutto ciò, spesso nei media e nella politica, è condensato dall’espressione “aiutiamoli in casa loro”, cosa significa questo per lei?
Chi dice questo deve comprendere che sono numerosi i passi da seguire in tal senso, ad esempio ricostruire le case di queste persone che noi paesi occidentali abbiamo contribuito a distruggere, fermare il traffico delle armi dai nostri paesi, che è altissimo, ciò contribuisce a fomentare guerre e azioni violente nei paesi dei nostri rifugiati. Quello che colpisce è come questi posti, vengano chiamati impropriamente “paesi poveri”, non lo sono, perché ad opera delle grandi multinazionali sono stati spogliati di tutte le loro ricchezze, sarebbe più corretto, a mio parere, di parlare di “paesi impoveriti”. Più che aiutiamoli a casa loro, dovrebbero dire rimaniamo noi a casa nostra, anziché andare a depredare con la forza le loro risorse.

L’arte può essere uno dei ponti principali di incontro, in quanto sensibile al tema del dialogo e dell’interculturalità. In questo contesto parteciperete alle celebrazioni per la Giornata Mondiale del Libro, con quale spirito vi preparate a questa manifestazione?
Lo spirito è quello di un percorso che già i nostri ragazzi ed operatori hanno avviato da tempo attraverso un laboratorio di teatro, che ha come funzione principale quella di recuperare un’identità, per questo si fa in lingua madre, con lo scopo di recuperare le proprie radici per poterle offrire al territorio. Domenica i ragazzi di Casa Francesco faranno un dono alla comunità novolese, il frutto del loro laboratorio di falegnameria guidato dal maestro Mario Landolfo: una piccola libreria che ha l’obiettivo di favorire lo scambio dei libri, la lettura è ciò che permette di evadere da una realtà che a volte facciamo fatica a sopportare. Quello che noi vorremmo è offrire uno strumento che sia, nel tempo, occasione di incontro, riunirci sotto quest’albero morto per dargli vita e creare momenti di conoscenza tra i nostri ragazzi e la comunità di Novoli.

L’impressione che si ha, vivendo queste esperienze, è suggerita dalle stesse parole di Stefania Gualtieri, cioè quella di realizzare un viaggio rimanendo a casa, senza effettuare grandi spostamenti, è possibile, così, conoscere e apprezzare nuove lingue, usi e costumi a noi lontani. L’idea che vuole trasmettere il centro è dunque quella della “porta aperta” a chiunque, prima di giudicare, voglia aprirsi alla conoscenza.

La cultura, pertanto, diviene ponte privilegiato di dialogo e inclusione, per favorire l’incontro con chi viene percepito lontano da noi. Un ponte che prenderà forma concreta nella celebrazione, prevista per oggi domenica 23 aprile, della Giornata Mondiale del Libro. Nato nel 1996, si tratta di un evento patrocinato dall’Unesco per promuovere la lettura e la pubblicazione di libri, in tutto il mondo in quella data si tengono manifestazioni che rendono omaggio al libro come strumento privilegiato di diffusione culturale. La fondazione Emmanuel insieme ai ragazzi di Casa Francesco, parteciperà alla manifestazione celebrativa del comune di Novoli. Alle ore 17, infatti, sarà inaugurata la prima “Free Little Library”, all’interno della quale ognuno potrà lasciare un proprio testo e prenderne un altro tra quelli presenti, gratuitamente, realizzata proprio dai ragazzi richiedenti asilo, con il patrocinio del Comune di Novoli e in collaborazione con l’Associazione Culturale Rapsodia 8.9 e l’Associazione Fare Verde, Rione Stazione Novoli, Scuola dell’Infanzia “Il Giardino Incantato”, la scuola materna Gioiosa, Fucina Sociale, Manni Editore, Istituto Comprensivo Novoli, Fondazione Fòcara, la Residenza Artistica del Teatro di Novoli, La Biblioteca Cuore Immacolato. Piazza Regina Margherita diventerà così per una giornata una vera e propria biblioteca, con numerosi punti di lettura. In seguito, a partire dalle ore 16, numerosi artisti locali alterneranno per il pubblico presente letture di brani di prosa e poesia con degli accompagnamenti musicali.

La cultura che prende vita attraverso i libri, questa l’immagine simbolica che vuole essere lanciata attraverso il collocamento della mini libreria su un albero morto in Piazza Regina Margherita.