Contestata a Bologna, durante la Festa dell’Unità. Poi a Roma (e in altre 7 città italiane) dove il 5 maggio scorso, in concomitanza con lo sciopero generale della scuola, sono scesi in migliaia – insegnanti, studenti, genitori, per le strade per dire “no” a una riforma che non piace. Dopo gli incontri con i sindacati e il terzo settore (contrario al 5×1000 agli istituti) e le modifiche apportate al testo originale, è poi arrivato il giorno del primo via libera alla Camera della “buona scuola.
Dal nodo delle assunzioni al ruolo del preside, dal potenziamento di alcune materie alla formazione degli insegnanti, dalle detrazioni fiscali per le famiglie con figli alla paritaria agli interventi di edilizia scolastica, al 5×1000 …
Riceviamo e pubblichiamo il documento sulla riforma della scuola elaborato dal gruppo di “docenti in lotta” del liceo scientifico e linguistico Vanini di Casarano
L’adesione quasi unanime allo sciopero del 5 maggio u.s ha evidenziato la decisa volontà dei lavoratori della scuola di fermare il progetto di distruzione sistematica dell’istruzione pubblica statale messo in atto dal governo Renzi ed eufemisticamente propagandato come “Buona scuola”.
In realtà di buona scuola il decreto in discussione non ha proprio nulla anzi, mira a destabilizzare e vanificare ciò che tenacemente, nonostante le ultime, disastrose riforme governative, il personale tutto della scuola militante (militanza intesa come impegno quotidiano e costante) cerca di salvaguardare e potenziare: il patrimonio umano e culturale della nazione.
Rivendichiamo, dai nostri luoghi di lavoro, la necessità di uno spazio d’ascolto e d’azione che coinvolga non solo gli studenti e le loro famiglie, ma soprattutto coloro che hanno ricevuto una delega di rappresentanza (politici e organizzazioni sindacali) pena la revoca dei loro mandati, attraverso gli strumenti democratici a disposizione, affinché siano rivisti, modificati e riformulati gli assunti basilari del decreto in oggetto.
Le proposte elaborate da coloro che ogni giorno, sul campo, si misurano con le difficoltà, gli ostacoli, le contraddizioni, la carenza di strutture e strumenti adeguati possono essere sintetizzate in alcuni punti essenziali anche se non esaustivi del problema: diseguaglianze, governance, risorse economiche.
Diseguaglianze: potenziare l’autonomia scolastica significa ridurre le disuguaglianze che frenano il diritto al successo formativo di ogni studente e la crescita di qualità dell’intero sistema; in tale prospettiva l’organico dell’autonomia non deve avere come priorità assoluta la copertura delle supplenze ma la ricerca e il rafforzamento di strategie per combattere la dispersione scolastica e promuovere il successo scolastico di tutti attraverso curricoli mirati e calibrati sui nuovi modi di apprendere e vivere delle giovani generazioni. E’ la scuola laboratorio permanente di innovazione educativa, partecipazione ed educazione civica e non la scuola somma di mille, dispersivi e improbabili progetti che incentiva un’inutile competizione tra unità scolastiche. Naturalmente, una scuola d’innovazione esige un sistema nazionale di formazione degli insegnanti che poco ha a che spartire con le 50 ore di aggiornamento obbligatorio del personale docente previste dalla riforma e inoltre, si inserisce produttivamente in quella fondamentale prospettiva di garanzia costituzionale del diritto allo studio che costituisce il primo, fondamentale strumento di uguaglianza sostanziale. Tutto ciò presuppone una legge quadro nazionale che, oltre a imporre livelli essenziali di prestazione, sia soprattutto finanziata attraverso un grande investimento dello Stato che, nell’attuale proposta governativa, non è assolutamente visibile ed articolato.
Governance: l’autonomia deve essere, prima di tutto, garanzia di libertà d’insegnamento e di pluralismo culturale(DPR 275/99), strumento per l’apprendimento degli studenti e premessa di successo formativo. E’ chiara la necessità del decentramento dei livelli decisionali finalizzata alla reale partecipazione di tutte le componenti in quanto soggetti attivi di processi educativi e scelte chiave. Tale ineludibile assunto è svuotato di ogni senso e completamente oscurato dallo strapotere che la proposta governativa affida ai presidi-‐ manager, estromettendo, di fatto, studenti, docenti, genitori e personale ATA da tutti i processi decisionali che invece fanno della scuola una comunità corresponsabile e partecipata. Vanno quindi riviste a fondo e modificate radicalmente le prerogative disegnate dal decreto riguardo la dirigenza scolastica che ne amplifica indebitamente poteri e ambiti di competenza, contro una dimensione di collegialità della scuola indispensabile a farne un’autentica comunità educante. Il dirigente dirige, ma non dei sottomessi.
Risorse economiche: è urgentissimo un aumento dei finanziamenti pubblici per riallineare il Paese alla media europea e una reale volontà di stabilizzazione del precariato; occorre, quindi, una strategia di piano capace di diminuire le disuguaglianze tra regioni e tra scuole di una stessa regione e che soprattutto, potenzi e stabilizzi canali come il F.I.S. e il M.O.F. con i quali viene ordinariamente finanziata l’attività autonoma delle singole scuole, evitando di disperdere risorse indispensabili sostenendo invece, le istituzioni scolastiche private.
IL GRUPPO DOCENTI IN LOTTA DEL LICEO SCIENT. E LING. “G.C.VANINI” -‐ CASARANO