Riflessi nell’anima – Domenica, 06 febbraio 2022, 5^ del Tempo Ordinario

1
197

Dal Vangelo secondo Luca (5, 1-11)

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.


Il primo incrocio di sguardi non si dimentica mai. Succede alle grandi amicizie. Succede per i grandi amori. Così è stato per Pietro con Gesù.

Alba di rinascita e non solo di un giorno nuovo che permette al sole mattiniero di carezzare con i suoi timidi raggi la battigia e le onde e le colline in lontananza. Alba di ricominciamenti di vite nuove carezzate da uno sguardo, quello di Gesù, che giunge all’anima di Pietro e dei suoi compagni in affari, passando da occhi intorpiditi dalla stanchezza e da guance solcate da rughe di fatica e di affanni.

Agli sguardi incrociati succede la Parola che come spada sguainata penetra dentro le midolla dell’esistenza (cfr. Eb 4,12). Parola che affascina, esalta, accende e infiamma cuori inquieti e tumultuosi. Parola che indica direzioni nuove non soltanto per solcare un mare ormai troppo piccolo, ma direzioni inedite da imprimere a un’esistenza chiamata ad allargarsi agli orizzonti del mondo.

«Duc in altum». «Prendi il largo».

È Parola di coraggio e di riscatto. È Parola di sogno e di profezia. È Parola che, proclamata – così com’è stato per secoli – nella lingua latina dei nostri padri, invita ad alzare lo sguardo, a volare alto. È Parola proferita – come la udiamo oggi nella nostra lingua italiana – che chiede di proiettare lo sguardo in avanti, verso l’orizzonte.

Gesù deve avere iniziato proprio dalle rive del lago di Gennèsaret a fare i primi esercizi delle spinte in verticale e in orizzontale da imprimere alla vita. Spinte che un giorno, sulla croce – costruita con due pezzi, uno orizzontale, l’altro verticale – avrebbero raggiunto la massima tensione possibile: dare la vita.

Sì, perché così è da viversi la vita: «Duc in altum»; «Prendi il largo».

Questo è il segreto della vita: darla per amore perché il dare tutto di sé e tutto se stesso è l’amore più grande.

«Duc in altum». «Prendi il largo».

È invito rivolto a chi oggi è assetato di Parola di Verità e di Vita.

È invito rivolto a te, deluso e smarrito, che vivi il tempo dello scoraggiamento e dello sconforto.

È invito rivolto a te ogni volta che sembra che i tuoi progetti e i tuoi sogni di futuro e di prosperità si siano infranti come onde sui faraglioni della durezza della vita.

È invito rivolto a te che di albe dai colori nuovi non ne vedi più ormai da un pezzo e annaspi nel buio della notte della vita.

A te, se hai il coraggio di stringerti a Lui e aprire le orecchie del cuore per ascoltare la sua Parola, oggi ti è detto: «Non temere; d’ora in poi … la tua vita prenderà il largo dell’orizzonte del mare e delle altezze del cielo, perché Io, il Signore, ho incrociato i tuoi occhi, come lo sguardo travolto dall’amore, nel primo giorno di una storia appena all’inizio di cuori che s’incontrano per restare uniti per sempre».

È presbitero della Chiesa di Lecce e, dal 2018, parroco della Parr. Sant'Andrea Apostolo in Novoli (Le). Vicario Episcopale per il laicato e per la cultura. Docente presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano "don Tonino Bello" in Lecce e Direttore dell'Ufficio Catechistico Diocesano.

1 COMMENTO

  1. Caro Don Stefano, permettimi di aggiungere al tuo “duc in altum” anche il liturgico motivatore “sursum corda”: in alto i cuori! Chi ha conosciuto Cristo non può che levare sempre in alto i cuori. Penso che Pietro avrebbe sposato le parole che qui cito e che furono del grande
    François Mauriac:

    “Devo tutto a Gesù Cristo. La gioia e la pace della sua presenza, l’angoscia della sua assenza, lo stato di peccato e lo stato di grazia: tutto ciò ha costituito il giorno e la notte dell’umile mondo che ho immaginato, queste tenebre attraversate da raggi”.

    (François Mauriac)

Rispondi a Antonio Schiavano Cancella commento

Per favore scrivi un commento valido!
Inserisci il tuo nome qui

Convalida il tuo commento... *

CONDIVIDI
Previous articleSul Lago di Como finisce 1 a 1: al gol di Cerri risponde Listkowski, Coda sbaglia il rigore
Next articleChi troverà il libro sospeso?