I valori della Democrazia alla prima del Festival di Sanremo 2023

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Il numero 7 sembra un numero magico per la musica. Il 7 dicembre è sant’Ambrogio e da tradizione si inaugura la stagione scaligera a Milano, nel 2022 con l’opera Boris Godunov di Musorgskij, diretta da Riccardo Chailly.

E il 7 febbraio, coincidenza numerica, Rai 1, dopo il Telegiornale delle 20, ha trasmesso in Mondovisione la prima serata della settantatreesima edizione del Festival di Sanremo 2023.

La grande novità è stata la presenza di Sergio Mattarella che, in questa occasione, ha segnato il primato, come Presidente della Repubblica, a presenziare il Festival. In suo omaggio, dietro invito di Gianni Morandi (co-conduttore insieme ad Amadeus e Chiara Ferragni), tutti hanno intonato Il Canto degli Italiani (testo di Goffredo Mameli e musica di Michele Novaro) inondando di suoni il Teatro Ariston e facendoci sentire tutti “Fratelli d’Italia”, ovvero un unico popolo. In quel coro c’erano tutte le voci del nostro Paese e non escludo che da casa non pochi cittadini si siano uniti al canto.

La partecipazione del Presidente è stata anche l’occasione per ricordare i 75 anni della nostra Costituzione e la presenza, tra i padri fondatori, di Bernardo Mattarella, genitore del nostro capo dello Stato.

A fare da guida in questa narrazione ci ha pensato Roberto Benigni, autentico protagonista di un monologo schietto e sincero. L’attore e regista toscano, quasi a giustificare il suo intervento nel contesto della canzone popolare, ha affermato che «La Costituzione è legatissima con l’arte, è un’opera d’arte che canta. Canta la libertà e la dignità dell’uomo». Egli ha continuato affermando che il fatto costituisce una cosa meravigliosa per un popolo: può capitare soltanto una sola volta citando l’incipit della canzone Volare di Franco Migliacci e Domenico Modugno: «Penso che un sogno così non ritorni mai più» (Festival di Sanremo, 1958) essendo «un sogno fabbricato da uomini svegli».

A proposito del sostantivo “Prima” è ovvio ritornare allo spettacolo andato in scena al Teatro della Scala con l’opera del compositore russo Musorgskij (autore anche del libretto) con riferimenti all’omonimo dramma di Puškin e alla storia del suo Paese. La vicenda, ambientata tra il 1598 e il 1605, narra dell’ambizione e della follia per il potere che genera sofferenze e morte intrecciandosi con il desiderio di libertà e di democrazia da parte del popolo.

Pertanto il fil rouge tra la prima della Scala e la serata inaugurale del Festival di Sanremo non è semplicemente numerico.

È sempre Benigni, citando il suo articolo preferito, il 21 della Costituzione, a sottolineare che: «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero» diversamente da altri contesti storici come accadeva «Prima della Costituzione, durante il 20ennio fascista, non si poteva pensare liberamente e non si sarebbe potuto fare nemmeno il Festival di Sanremo. Ci ha liberati dall’obbligo di avere paura».

Riflettendo sul presente il pensiero si è concentrato su quanto accade in altri Paesi in cui è assente la democrazia ove «gli oppositori che pensano liberamente vengono incarcerati, avvelenati o spariscono fisicamente solo perché mostrano il volto e i capelli o perché ballano o cantano o parlano».  Ecco allora l’importanza e la difesa dei valori della democrazia affinché non ci venga «tolto da un momento all’altro» quanto è stato conquistato dai nostri padri.

Sicuri che con tali presupposti questa edizione del festival della canzone anticipi belle sorprese, auguriamo a tutti un mondo di emozioni e tanta buona musica.

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Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

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