Ma sarà vero?

0
178

Ma sarà vero che il mondo è diventato più sincero.
Ma sarà vero che qualche cosa sta cambiando qui e non è più un’illusione, non è soltanto una canzone, un’aria nuova da respirare.
Ma sarà vero che il mondo è diventato, meno male, più vero.
Il primo che incontrerai per la strada ti darà la mano ed un sorriso ti farà (…)

Così cantava Fiorella Mannoia nel 1983. Fu un anno importante il 1983. In quell’anno Mirella Gregori e Emanuela Orlandi scomparvero nel nulla, Rocco Chinnici fu ucciso dalla mafia e Bettino Craxi salì al potere, alla guida di quello che sarebbe stato il governo simbolo della nostra Prima Repubblica e che ne avrebbe segnato l’inesorabile fine; il mostro di Firenze continuava a mietere vittime fra i liberi campeggiatori e la guerra fredda condizionava le scelte politiche di tutto il mondo. Nonostante ciò, fu un anno di belle speranze, perché la magistratura mise a segno diversi colpi contro le mafie organizzate, si concluse il processo Moro, fu isolato il virus dell’HIV e, il primo gennaio, nacque ufficialmente Internet, che avrebbe cambiato le nostre vite molto più di quanto avremmo potuto immaginare allora!

Si percepiva quindi un’aria nuova da respirare, nella convinzione che il mondo sarebbe diventato più sincero.

Purtroppo la storia ha deluso le aspettative: il caso Moro è una questione aperta, non esiste ancora un vaccino per l’HIV, le mafie hanno continuato a mietere vittime innocenti e a portare avanti le loro attività criminali; infine, Internet ci ha resi molto più informati ma, nella sua inarrestabile evoluzione, ha reso l’umanità molto meno autentica!

Eppure, nonostante le passate delusioni, a 37 anni di distanza, le parole di questa vecchia canzone sembrano avere un senso ancora oggi!

Sarà vero che dopo questa inaspettata pandemia che ha costretto il mondo alla chiusura totale, apriremo le finestre alla vita e torneremo alla quotidianità (che ci manca come l’aria); saremo nuovamente liberi e, mediamente, felici! Ma un dubbio resta: alla fine di tutto ciò, il mondo sarà diventato più sincero e il primo che incontreremo per la strada ci darà la mano ed un sorriso ci farà?

Nei primi giorni di isolamento forzato la percezione generale era che, dopo questa esperienza, tutti saremmo rinati a nuova vita in una sorta di pacifica reciproca empatia, perché di fronte ad una pandemia siamo tutti cittadini del mondo e, ricchi, poveri, belli, brutti, colti o ignoranti, siamo tutti ugualmente vulnerabili. Uno vale uno! In Italia abbiamo capito subito che, in maniera razionale, bisognava chiudere le frontiere a chi proveniva da zone a rischio. Poi però la zona a rischio siamo diventati noi e il nostro punto di vista è diventato meno razionale, perché, come sottolineato da un nostro ex ministro degli interni, un conto è che l’Italia fermi i cinesi alla frontiera, un altro è che l’Angola fermi gli italiani!

Avendo rinunciato così all’identità di cittadini del mondo, abbiamo provato ad assumere quella di cittadini d’Europa ma presto abbiamo dovuto comprendere che non si può essere europei a giorni alterni. Fortunatamente però, ci siamo tutti sentiti profondamente italiani, in una profusione di bandiere sventolanti e flash mob sui balconi di tutto il Paese. A quel punto abbiamo capito che il Covid 19 avrebbe rafforzato la nostra unità nazionale!

Purtroppo poi i Presidenti di alcune Regioni del Sud hanno minacciato di vietare l’accesso ai settentrionali (prime vittime del coronavirus in Italia) e un noto giornalista del Nord ha dichiarato che i meridionali sono esseri inferiori. Addio sogni di gloria! L’empatia tanto sbandierata ci è sfuggita di mano e, ancora prima di riacquistare la libertà, ci siamo schierati in contrapposizione. Siamo un popolo meraviglioso, circondato dalla bellezza di paesaggi sublimi e testimonianze artistiche di un passato che tutto il mondo ci invidia; un popolo che nei momenti più difficili sa essere eccezionale! Lo hanno dimostrato in questi mesi le associazioni di volontariato e le tante persone che, autonomamente, hanno sostenuto, in ogni modo, i più deboli della società; lo hanno dimostrato, una volta di più, i nostri operatori sanitari; lo hanno dimostrato tutti coloro che hanno lavorato sfidando ogni difficoltà. Poi però, una serie di parole blaterate da un individuo qualsiasi, che non rappresenta di certo né i giornalisti né i settentrionali, ha tirato fuori il peggio di noi! Rabbiose disquisizioni più o meno campanilistiche ci hanno fatto dimenticare che sono morte in pochi mesi quasi 194.000 persone e, fra queste, quasi 26.000 nostri connazionali. Per loro non è più tempo di sperare, ma tutti gli altri hanno il diritto e il dovere di farlo! La speranza però ha bisogno di impegno e, quando ritorneremo alla normalità, dovremo dimostrare la nostra capacità unitaria di reazione, come mai prima e non ci sarà tempo per le chiacchiere sulle parole inutili di inutili individui. Solo così ritroveremo la nostra grande bellezza. Sarà vero!