Melpignano (Le) – Finita la Notte della Taranta, W la Taranta! Come dopo una notte arriva sempre l’alba di un nuovo giorno, così ci risvegliamo dal profondo annichilimento, in cui lo straziante spettacolo dell’ultima edizione ha precipitato i semplici spettatori e cultori di una tradizione principalmente emotiva e passionale, oltre che culturale.
La Taranta è per tutto il Salento riflesso diretto della magia della Grecía, nostra madre, a cui ancora oggi, le diverse anime dei Salentini, suggono lo spirito antico e ricco di pathos. Tale spirito non è solo sofferenza ma soprattutto passione, condizione spirituale e primordiale di intima connessione con le antiche radici.
Si parte per una nuova avventura consapevoli della disillusione a cui questo evento ci ha abituati nel corso degli anni, ma si parte lo stesso. Il richiamo viscerale per questo evento e la mitologia tarantesca che infonde nei Salentini innati, li porta a cedere e ad incamminarsi verso il Concertone della Notte della Taranta.
Io con loro. Munita di PASS e bracciale per l’ingresso nel backstage, decido di arrivare sul luogo dal percorso che il programma mi propone. È qui che comincia l’avventura!
Infinite distese di viali pieni di auto parcheggiate spengono in me l’interesse per lo spettacolo musicale ed artistico, mentre accendono sempre più e con disgustato stupore un interrogativo.
L’immensa fila di pullman nella direzione in cui sono rivolti, mi indicano quale possibile direzione debba seguire per trovare il luogo in cui lo spettacolo della mitica Pizzica avrà inizio. Nel cercare di capire dove debba andare mi chiedo quindi: ma cosa c’entra tutto questo con la magia della Taranta e della Pizzica? Quale atto esorcizzante dal disagio e dolore nel caso della Taranta? E dov’è la danza ricca d’intrigo che invita all’incontro passionale due innamorati come accade nella Pizzica? Cosa collega il misticismo celebrato per secoli e giunto a noi come eredità spirituale di una cultura indiscutibile? Non ho la risposta.
E proseguo per una stradina secondaria che, in pochi minuti mi porta quasi al centro del paese di Melpignano dove, senza troppe difficoltà parcheggio col beneplacito di una signora davanti la sua casa. Melpignano perla di rara bellezza, unico nel suo genere in tutto il Salento, merita un spazio tutto per se.
Nel backstage tanta gente, la splendida cornice dei resti del chiostro dell’antico convento degli Agostiniani accoglie l’angolo street food molto curato e ben organizzato. Lo Spettacolo sta per iniziare, tanto il fermento, irrefrenabile l’entusiasmo e l’attesa.
Le luci delle luminarie salentine che sullo sfondo enorme formano un mezzo tamburello, dapprima luccicano, colmando di mille colori un enormità di spettatori esultanti ed esaltanti. Improvvisamente è musica, ritmo, luci: è l’apoteosi. Un brivido di emozione mi coglie: la Taranta ora è!
Musica, ritmo, gioia, luci, comincia la kermesse e sono ben disposta all’ascolto.
I brani si susseguono, poche e rare le voci che spiccano. La cantante Elisa ospite della serata si esibisce senza infamia e senza lode, ma da lei non mi aspetterei interpretazioni stellari. Lei ha conosciuto ed imparato i brani professionalmente e molto professionalmente li propone, ma senza anima.
Poi è il turno di altri artisti come il grande violinista Alessandro Quarta, che accompagna un brano tradizionalmente allegro, cantato dal noto rapper Gué Pequeno. Preferisco non commentare…
Viene poi il turno di Enzo Avitabile, che faccio ugualmente fatica ad apprezzare. Voglio andar via. Cerco conforto nella danza, ma senza successo. Mi trovo infatti dinanzi ad una manifestazione di acrobazie al suono di mille tamburelli, che poco o nulla hanno a che vedere con i gesti appena accennati ma intensi e ricchi di passione dei vecchi danzatori dei nostri paesi. I brani, i più belli, quelli che consolano l’anima, quelli che strappano il cuore, quelli dolci, quelli scanzonati, tutti proseguono in serie, uno dietro l’altro con artificiosi stravolgimenti, si percepisce la grande abilità del maestro concertatore Mastrangelo, senza tuttavia convincermi del tutto.
La piazza è in visibilio, anche se non applaude mai nessuno. Certo ora invocano tutti in alto le mani, come in uno spettacolo a disarmare dal più feroce delle armi, l’applauso. Si urla si balla, si canta, si salta.
Io mi sto annoiando! Non è questa la notte in cui la mia Taranta si placherà soddisfatta. La mia Pizzica non sposerà nessuna contaminazione tra quelle più consone, quelle balcaniche o greche o del bacino del Mediterraneo fino alla Spagna. Non una voce come quella della grande Ninfa o del mitico Antonio Castrignanò accenderanno i nostri animi.
La mia Taranta questa notte non reggerà questo dolore. All’alba di un nuovo giorno la mia Taranta morirà.
Forse un altro anno, mi dico per consolarmi. Dopotutto abbiamo avuto gradi artisti da sempre. Per quasi tutti i ventidue anni di questo evento abbiamo avuto Dalla, Einaudi, Bregović, Nannini, Gualazzi, Ligabue, De Gregori, abbiamo avuto tante edizioni meravigliose… Ma non eravamo di nessuno, e la Taranta pizzicava l’anima ed arrivava al cuore.
Mi accontenterò allora delle piccole feste nella Grecía, frontiera e confine tra il sentimento e celebrità