“Io so ma non ho le prove”: ricordando Pasolini a cento anni dalla sua nascita

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Cent’anni fa, il 5 marzo 1922, nasceva a Bologna uno degli artisti più complessi e controversi del Novecento: Pier Paolo Pasolini. L’ultimo incontro dello scrittore corsaro, regista maledetto e profeta inascoltato con il pubblico, risale al 21 ottobre 1975, due settimane prima della tragica morte, nella biblioteca del liceo classico “Palmieri” di Lecce.

Tema del confronto, il “Dialetto a scuola”. PPP esordisce con la lettura di una sua tragedia dal titolo “Bestia da stile” e da cui nascerà l’idea di intitolare l’incontro “Volgar’eloquio”.

Ma perché proprio quei versi? Pasolini immagina di parlare ad un giovane neofascista, e di invitarlo a caricarsi sulle spalle il peso di un mondo perduto: l’umanità contadina scomparsa, i valori di ieri ormai diventati retorici perché sostituiti dai valori vuoti del presente. Il presente dei consumi.

Eppure, tutto il Pasolini degli ultimi anni è volutamente ambiguo. Vuole irritare, scuotere, colpire. Vuole far vacillare certezze e dissipare dogmi.

Per Pasolini bisogna trovare un nuovo modo di essere tolleranti, illuministi, progressisti, un nuovo modo di essere liberi.

Ma chi era veramente Pasolini? PPP non era altro che un navigatore solitario che cercava e sfidava la tempesta. E oggi, proprio sotto le tavole di quella imbarcazione, vive ancora un patrimonio da scoprire, un’eredità sommersa di documenti, scritti ed idee che finiranno col gettare nuova luce sul personaggio.

Pasolini si gettava nella mischia a gridare le sue profezie, si misurava a viso aperto con la gente e i giovani. Confronti accesi, dialoghi a volte aspri fra fischi, applausi e interruzioni. Pasolini seduto a tavolino in una sala, o circondato da tanti ragazzi in uno spiazzo all’aperto: giacca di velluto e un paio di jeans, gli occhiali dalle lenti spesse, il ciuffo ribelle. Lui che spiegava la fine e il rimpianto per i vecchi valori dell’Italia contadina, e se la prendeva con la falsa tolleranza e il progressismo dei tempi, che tende a diventare una nuova forma di clericalismo.

La molteplicità lo ha reso l’artista e l’essere umano più complesso del secolo scorso. Basti pensare alle tre definizioni: cattolico, comunista, omosessuale dichiarato. E ognuna di queste era intollerabile per le altre due. Quanti cambiamenti. E quante fra le analisi di allora suonano ancora come note stonate per chi ama cantare nel coro.