Novoli, Uccia e Adolfo: un amore lungo 70 anni

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Chissà se faceva freddo il 28 novembre di settanta anni fa. Era una domenica d’autunno inoltrato.
La sposa abitava in una delle corti di via sant’Antonio ma in quel periodo il santuario era in restauro, per cui la vicina Casa del fanciullo divenne luogo consacrato, e fu lì che don Salvatore Mancino accolse i promessi sposi per celebrare il loro matrimonio.
Lei indossava un abito cucito su misura da mescia Anna, figlia del fornaio, che era un’artigiana dalle mani d’oro. La stoffa del vestito nuziale fu acquistata dal negozio della signorina Maria Scardia, che vendeva tessuti di pregio: un luogo dove bastava passarci vicino per essere avvolti dall’odore delle stoffe.
Lui indossava un costume e un cappello, ed era elegantissimo.
Lo sposo mise in una busta cento lire da offrire alla Chiesa.
Don Salvatore sposò i due giovani.
Dopo il matrimonio ci fu un pranzo nella casa paterna di lui, in via San Giovanni.

Mattone su mattone, passo dopo passo, stagioni dopo stagioni, hanno costruito una famiglia meravigliosa.
Quattro figli educati al rispetto, al lavoro, all’amore. E, da lì, nipoti e pronipoti ad arricchire un percorso fortunato, un progetto di bellezza pieno di sostanza.
Non è stato tutto facile, la vita a quei tempi era dura; ma loro, come tanti, erano pervasi dalla volontà di edificare il futuro, anche a costo di molti sacrifici. E oggi possiamo ben dire che l’obbiettivo sia stato raggiunto.

Zia Uccia, le ho chiesto: faceva freddo in quel lontano 28 novembre?
No, ha risposto. O meglio, ero così felice che non mi ricordo altro che la gioia.
Lo zio Adolfo la guarda con gli occhi pieni del solito, immenso, amore, per niente scalfito dagli anni trascorsi, dalle condizioni di salute oramai traballanti; felice della sabbia che ancora scende nella loro clessidra, finché ce ne sarà.
Auguri a questa coppia mitica e cara, esempio immortale per tutti noi.