La magia del cinema a Lecce, il racconto del Festival del Cinema Europeo

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Lecce – Dal 3 all’8 aprile, la città di Lecce, ha ospitato uno dei festival più attesi dagli appassionati della settima arte: il Festival del Cinema Europeo. Un’iniziativa, giunta quest’anno alla XVIII edizione, volta a valorizzare e promuovere le eccellenze del cinema italiano ed europeo, non solo con le proiezioni dei film più importanti e delle anteprime mondiali di lavori dei registi del vecchio continente, ma anche attraverso incontri e seminari allo scopo di approfondire le dinamiche del cinema moderno.

Per chi ne ha avuto la possibilità, è stata senz’altro una settimana nel corso della quale il cinema d’autore è stato il vero protagonista per chiunque abbia desiderato approfondire le enormi potenzialità di quest’arte, prendendosi una pausa dai blockbuster americani onnipresenti nelle sale di tutti i cinema.

La kermesse cinematografica di quest’anno, sotto la guida artistica di Alberto La Monica e Cristina Soldano, ha visto senza dubbio un forte incremento delle proprie attività, ciò in concomitanza con il raggiungimento del 18esimo anno di età; un traguardo importante per un festival che anno dopo anno ha saputo rinnovarsi e ampliarsi, diventando così un punto di riferimento non solo locale, ma internazionale, grazie alla partecipazione di grandi nomi.

Sei giorni intensi, dunque, durante i quali si sono alternati tra le sale del Cinema Massimo, diversi personaggi appartenenti al cinema nostrano ed europeo, ognuno dei quali ha lasciato qualcosa al pubblico presente.

Il primo mattatore del festival è stato l’attore Carlo Croccolo, 90 anni da compiere a breve, e che per l’occasione ha ritirato il premio “Ulivo d’Oro” alla carriera. Sin dal suo ingresso in sala, si riusciva a percepire una vitalità e una voglia di raccontare che non sono facili da riscontrare in altri suoi coetanei. Fortemente voluto per inaugurare un festival che quest’anno è coinciso con le celebrazioni per il cinquantenario dalla scomparsa di Totò. Racconti di vita di chi ha avuto il privilegio di condividere preziosi momenti lavorativi con uno dei personaggi più amati del cinema nostrano, non capita a tutti, infatti, di essere chiusi in un armadio da Totò: “Avevo comprato dei bei pattini col gambale e le ruote di legno che facevano un rumore terribile. Vicino a dove pattinavo, c’erano i teatri di posa e in uno di questi lavorava Totò, che a un certo punto chiese: e chi è questo? Principe, è Croccolo, risposero. Mi fece andare da lui e gli domandai: dica? E lui: Noi dobbiamo provare la scena dell’armadio, se non sbaglio, fammi il piacere, entra in questo armadio. Io entrai nell’armadio e lui disse a qualcuno là intorno: chiudilo dentro! Sono rimasto là per un’ora e mezza, ovviamente senza protestare“.

Una serata di ricordi dal sapore particolare, tutt’altro che banali, e che talvolta lasciavano senza parole per via della impressionante somiglianza tra la voce di Croccolo e quella di Totò, ecco perché il silenzio in sala, nel momento in cui l’attore napoletano ha recitato la poesia di Totò “A’ Livella”, quello stesso timbro con un forte accento napoletano ha quasi dato l’impressione della presenza del Principe in sala.

Di quest’edizione resterà senz’altro la partecipazione di Valerio Mastandrea, personaggio fuori dagli schemi e tra i principali protagonisti del cinema italiano indipendente; guidato dalle riflessioni di Laura Delli Colli, l’attore romano ha rievocato dinanzi al pubblico i principali passaggi della propria carriera, del lavoro con i grandi registi e attori.

Resterà la sua maglietta NO TAP indossata a sorpresa sul palco, e il quasi mancato ritiro del premio del festival, l’“Ulivo d’Oro”: “Ringrazio tutti per questo premio, ma vedendo quest’ulivo sono quasi tentato di lasciarlo qui, a casa sua, in segno di rispetto per tutti quelli ulivi che stanno invece per essere sradicati dalla propria terra”.

Spazio anche per alcuni aneddoti lavorativi, non sono in molti ad aver ottenuto il primo ruolo per un occhio nero: “Ero per caso sul set di “Ladri di cinema”, poi il regista Piero Natoli notò il mio occhio e mi chiese di girare alcune scene, cercavano un ragazzo incidentato. Così è iniziata la mia carriera cinematografica – ha proseguito Mastandrea – il primo ciak lo feci con l’occhio nero e un braccio ingessato, capì così che in questo mestiere ci avrei rimesso la salute, perché se ero in quelle condizioni per il primo ciak, figuriamoci come sarò per l’ultimo”.

C’è stato spazio anche per i protagonisti del cinema europeo, tra gli ospiti di quest’anno la polacca Agnieszka Hollande, la regista con due candidature all’oscar che in realtà sognava di fare la pittrice, come lei stessa ha raccontato, mentre ritirava il premio “Ulivo d’Oro” alla carriera. Partendo dalla Polonia degli anni’70 ha saputo cogliere e raccontare le contraddizioni dell’uomo tra storia, famiglia e adolescenza. Una donna che ha scoperto il forte connubio tra arte e politica dopo aver vissuto la primavera di Praga e che ha ritenuto il suo arresto in quanto dissidente, una delle tappe più importanti della propria formazione. Il racconto del dolore umano è il filo conduttore delle sue opere, tanto da meritarsi, al posto di Spike Lee, la regia della prima puntata di una seria tv americana sulla tragedia dell’uragano Katrina a New Orleans.

Nei sei giorni della kermesse, ai più attenti non sarà certamente sfuggita una presenza costante e di rilievo nelle varie conferenze ed incontri; con la sua sedia a rotelle, classe 1930, Francesco Maselli, in arte “Citto”, non ha mai fatto mancare il suo apporto al festival. Regista militante del cinema e della politica italiana a partire dal dopoguerra, ha saputo fare della propria arte uno strumento di riflessione sociale, collaborando con i grandi personaggi del mondo cinematografico come Antonioni, Visconti, Toscanini, la Cardinale, la Muti, solo per citarne alcuni. Una lezione di storia della politica italiana, così potrebbe riassumersi l’incontro di Maselli durante il ritiro del premio, da sempre opposto al concetto di industria cinematografica. Attento osservatore della politica nostrana, narrata attraverso i suoi film, ha sempre criticato l’aspetto borghese della nostra società, oggi la sua disapprovazione si concentra sull’antipolitica, definita “raccapricciante”. Una vitalità intellettuale manifestata dalla notizia, rivelata in esclusiva, dell’intenzione di realizzare un film sulla sinistra italiana di oggi, stuzzicato poi da una domanda ha rivelato che vorrebbe Sergio Castellitto come protagonista, finora mai sotto la sua regia.

La bellezza, ma non solo quella, si è presentata il quinto giorno del festival, sotto le spoglie di una delle attrici italiane più amate: Isabella Ferrari, anche lei a Lecce per ritirare l’Ulivo d’Oro. Ha raccontato le sue vicissitudini di artista e di donna, nonché le numerose collaborazioni con i più grandi attori e registi italiani, come Scola, De Maria, Ozpetek e Sorrentino. A lei è stata dedicata una mostra fotografia con gli scatti più belli dalle sue partecipazioni cinematografiche.

L’ultimo giorno è stato invece riservato al regista inglese Stephen Frears e al suo cinema della realtà, uno dei protagonisti del cinema più versatili capace di lavorare sia in Europa che a Hollywood. Dinamico, quindi, e sempre attento alle realtà che lo circondano, tanto da essersi spostato con la propria auto, durante i giorni del festival, tra le campagne del Salento, per poterne ammirare la bellezza. Non ha usato mezzi termini nel definire l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea “una vera sciocchezza” e non ha lesinato opinioni nemmeno su Donald Trump, si è detto infatti convinto che il presidente saprà apprezzare il suo prossimo film, “Victoria and Abdul”, con Judi Dench, sul singolare rapporto tra la monarca inglese e il suo servitore indiano musulmano.

Presenza ormai fissa per il festival è quella di Carlo Verdone, che insieme al fratello Luca, ha assegnato anche quest’anno il premio “Mario Verdone” al miglior esordiente italiano dell’ultima stagione cinematografica: Marco Danieli per “La ragazza del mondo”. Il premio Ulivo d’oro è stato invece assegnato al film “My Happy Family” di Nana & Simon con la seguente motivazione: “Lo spettatore viene proiettato nella vita di una famiglia dove tre generazioni sotto lo stesso tetto, provano ad adattare le loro sfide personali e quotidiane fra tradizione e modernità. Allo stesso tempo, il film è un sottile ritratto di una donna di mezza età e una madre alla ricerca dell´autodeterminazione. Una messa in scena che ci fa sentire come se fossimo sempre stati membri di questa famiglia”. Un riconoscimento speciale è stato assegnato a Gabriele Mainetti per il film fenomeno del cinema italiano nel 2016: “Lo Chiamavano Jeeg Robot”.

Un’importante sezione del Festival è stata riservata alla presentazione di numerosi corti, attraverso un’apposita sezione, denominata “Puglia Show”, così alla presenza del direttore artistico Alberto La Monica, sono stati presentati durante i sei giorni, i cortometraggi in gara per premio “Emidio Greco”, tutti realizzati da giovani registi pugliesi.

A meritarsi il suddetto premio è stato “Good News” di Giovanni Fumu, mentre la giuria della sezione Puglia Show ha assegnato il Premio Centro Nazionale del Cortometraggio, il Premio Augustus Color e il Premio di euro 1000 offerto dalla Contessa Maria Josè Pietroforte di Petruzzi a Ed è subito notte di Paolo Rollo.

Un’edizione, dunque, ricca di ospiti e di alti contenuti culturali, che in attesa del prossimo anno, ha contribuito, ora che sul festival scorrono i titoli di coda, ad avvicinare ulteriormente ad una delle arti più nobili ed espressive.

Galleria fotografica a cura di Denise Colletta