L’analisi: la ricetta per ripartire, tra errori e rimedi

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LopezLecce (di Gabriele De Pandis e Tommaso Micelli) – La delusione dei tifosi è comprensibile. Dopo il 3-1 di sabato subito contro il Messina, tutto l’ambiente sportivo leccese mastica amaro per una disfatta decisamente evitabile. La vittoria dei peloritani, tornati al successo dopo un black-out che pareva senza fine, è figlia di un match perso dal Lecce condannato dagli errori di Lopez e, purtroppo, Lerda dopo un primo tempo cinico e giocato in modo sufficiente, dove un eventuale punteggio di 2-0 per i salentini sarebbe stato più che meritato.

Coperta corta davanti Al di là degli errori difensivi di ieri, la sconfitta del “San Filippo” ha denotato un particolare che deve preoccupare quanto le falle aperte in un reparto snaturato nei suoi movimenti naturali con l’ormai assodata coppia centrale Martinez-Sacilotto. Il Lecce davanti ha la coperta corta e, quando non c’è Fabrizio Miccoli, i cambi e l’alternanza di soluzioni sono pressoché assenti. Il ritorno al gol di Davide Moscardelli, bravissimo nel confezionare un tiro da urlo, non è assimilabile ad una nuova identità offensiva. La realizzazione dell’ex Bologna, infatti, è frutto di un’invenzione geniale, prologo di una partita dove il “Mosca” ha cercato, e parzialmente ci è riuscito, di scrollarsi addosso molte critiche piovute anche ingiustamente. Della Rocca sul banco degli imputati? Sì e no. Il brindisino ha prima confezionato la sponda giusta per il vantaggio, ma poi si è ritrovato sommerso nelle sabbie mobili di una difesa modesta sul piano tecnico che si è ritrovata esaltata dalla pochezza d’idee mostrata soprattutto nei disordinati attacchi della seconda frazione di gioco.

Moscardelli e Della Rocca

Approccio da evitare Proprio il secondo tempo, giocato con la spada di Damocle dell’inferiorità numerica, ha palesato qualche limite in fase di programmazione e coordinamento con l’aspetto operativo. Giustamente Lerda ha dovuto correre ai ripari dopo l’errore di Lopez, ma perché scardinare un impianto difensivo che si stava comportando benissimo, condannando il duttile Mannini ad occupare la scomoda posizione di terzino sinistro? La scelta delle pedine, ieri forse non perfetta anche nell’assalto finale con l’inserimento quasi disperato di piedi buoni per riacciuffare il pari, è figlia di un approccio sin troppo dogmatico: è giusto difendere il vantaggio, ma non è altrettanto giusto farlo chiudendosi nella propria trequarti sin dal 45’, esponendosi fisiologicamente all’assalto di un Messina rinvigorito dall’atteggiamento del Lecce e dall’immediato pareggio ottenuto in apertura di secondo tempo. L’allenatore piemontese, artefice della rimonta dello scorso anno anche grazie a molte scelte vinte (Beretta, Salvi), sicuramente tasterà il polso ad una squadra ben attrezzata che ha il dovere di far bene sul piano dei risultati, da raggiungere anche con il gioco dei palleggiatori.

Curva

L’espulsione – Quando una squadra è in evidente inferiorità tecnica, come nel caso del Messina del primo tempo, è legittimo che cerchi di provocare i più quotati avversari che, a loro volta, devono avere l’accortezza di non reagire. Un calciatore con l’esperienza di Walter Lopez, poi, dovrebbe ben sapere che la caduta plateale dell’avversario che altro non aspetta (e quindi l’espulsione da parte dell’arbitro) è la logica e normale conseguenza anche di una leggera spintarella data in un momento di nervosismo. L’arbitro avrebbe potuto espellere entrambi i giocatori? Forse si, ma non è stato solo questo il problema che ha portato alla sconfitta e, comunque, non è il momento di cercare alibi visto che tutti i dieci rimasti in campo hanno dimostrato di potersela cavare anche in inferiorità numerica. La partita, sia chiaro, l’avrebbe anche potuta vincere il Messina ma si sarebbe dovuta sviluppare in un modo dignitoso e meno rinunciatario per risultare parzialmente indolore.

Trasciniamoli! Un fattore degno di nota riscontrato nel corso della partita è rappresentato dall’atteggiamento della tifoseria messinese che, dopo due sconfitte casalinghe consecutive caratterizzate da dieci goal totali al passivo e un goal subito dopo soli tre minuti di gioco che, obiettivamente, lasciava presagire un’altra disfatta, ha continuato ad incitare la squadra guidandola verso una clamorosa vittoria con un risultato forse esagerato. In un campionato difficile in cui anche il percorso delle attuali prime della classe è caratterizzato da frequenti passi falsi, occorre ricompattare subito tutte le componenti dell’ambiente e ricominciare a remare tutti nella stessa direzione. Occorre spegnere i computer, riempire lo stadio, far capire ai ragazzi che non sono soli e che la maglia che indossano deve essere onorata e tenuta lontana dalle figuracce come quella di Messina. Con il disfattismo non si va da nessuna parte: non si tratta di difendere questo o quel personaggio ma di fare quadrato e difendere il Lecce che è tutt’altro che fuori dalla corsa che ha come punto d’arrivo la serie B.

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