Lecce-Gubbio, l’analisi: squadra che non segna, non vince

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Rovesciata

Il calcio, si sa, è ormai diventato una scienza composta e di capillare programmazione in ogni attimo dei novanta minuti di gioco; tutti i meccanismi e le alchimie tattiche però convergono a un unico obiettivo che è quello di segnare buttando la palla dietro alle spalle dell’estremo difensore avversario: al Lecce di ieri è mancato il primordiale fondamento del gioco del pallone, il gol.

Prima Beretta-Doumbia e poi Beretta-Zigoni non sono riusciti a fare ciò che ad un attaccante si chiede prima di tutto il resto. Alla preoccupante pochezza dell’attacco, a onor del vero orfano di elementi di prima scelta come Miccoli e Bellazzini, si è poi aggiunto il regalo difensivo che ha cancellato il vantaggio iniziale di Lopez al 23’ che ha portato il risultato ad un pareggio ai punti giusto, visto anche l’avvio sprint dei rossoblù umbri, ma che va stretto alle ambizioni di rimonta della compagine salentina. A rendere ancora più amaro l’1-1 di ieri, risultato che comunque mantiene invariato il distacco di 4 punti che ha il Lecce dal treno playoff, c’è stata la scarsa affluenza di pubblico al “Via del Mare” con soli 1333 paganti e 3552 spettatori totali.  Per un parziale riscatto, e per testare chi ieri è rimasto fuori, mercoledì ci sarà il secondo turno di Coppa Italia di Lega Pro al “Puttilli” di Barletta contro i biancorossi locali che finalmente sono riusciti a sfatare il tabù gol nella sfida di ieri contro L’Aquila finita per 2-2.

Un regalo inaspettato ed incisivo – Il Lecce visto ieri ha sofferto un po’ la partenza sprint del Gubbio, bravo ad accumulare due palle gol nei primi sette minuti con Moroni e Bartolucci, ma col passare dei minuti ha conquistato ampie fette di campo e tenuto gli avversari lontani dalla propria area. Il vantaggio arrivato al 23’ con il rigore prima sbagliato e poi corretto in rete da Walter Lopez ha premiato soltanto il vantaggio territoriale della squadra guidata da Franco Lerda, incapace di creare occasioni a grappoli come nella sfida regionale contro il Barletta di quindici giorni fa. L’1-0 avrebbe potuto portare una situazione ancor più propizia per il Lecce: con la china da risalire i calciatori di Bucchi si sarebbero dovuti sbilanciare leggermente snaturando il leitmotiv tattico del tecnico romano che prevedeva ripartenze ed attenzione massima in difesa, di conseguenza una situazione favorevole ad un eventuale sfruttamento di più spazi per gli avanti leccesi. Ciò non è accaduto ed il Lecce ha regalato il pari al Gubbio con un’azione in cui la quasi totalità del pacchetto arretrato non è riuscita a spazzar via un pallone che pian piano diventava sempre più pericoloso. Il successivo pari dal dischetto, realizzato dal bravo centrale difensivo Ferrari, ha permesso al Gubbio di non snaturarsi e di giocare come da programma previsto in settimana. Al di là del patatrac del 40’, il Lecce dietro ha giocato in modo sufficiente contro un attacco che, nelle sponde di Longobardi e nei continui inserimenti di Moroni, Di Francesco e Malaccari (annullato dall’asse Lopez-Diniz), rappresentava un crash test più significativo rispetto ai reparti offensivi di Paganese e Barletta.

Cattiveria offensiva cercasi – Il segnale più preoccupante però proviene dall’attacco, reparto ancora non aggiustato dalla cura imposta dal Lerda-bis. L’inedito tandem offensivo schierato ieri dal 1’, formato da Jack Beretta e Abou Doumbia, non è riuscito a pungere sia per bravura della difesa eugubina, protetta dalla bella interdizione del sempreverde Boisfer, sia per eccessivi accartocciamenti in azioni personali. Al 10’ della ripresa Lerda ha carpito i segnali provenienti dal terreno di gioco ed ha provato a dare profondità alla manovra del Lecce con l’ingresso di Zigoni per Doumbia, elemento sulla carta capace di sfruttare le palle alte e le mischie in mezzo all’area. Lo scarso rendimento del lungagnone ex Avellino (l’anno scorso 6 reti in 10 presenze) è l’effigie della crisi dell’attacco giallorosso: fuori tempo negli stacchi da terra e mai pronto all’appuntamento con la sfera al centro dell’area che arrivava grazie alle idee illuminanti del rientrante Bogliacino. Il pensiero dei tifosi va, giustamente, all’assenza di una punta navigata e di categoria capace di assicurare un giusto quantitativo di gol necessari per una compagine con velleità di promozione. Il mercato degli svincolati però non offre scelte d’indiscusso valore che potrebbero alzare il tasso tecnico e realizzativo dell’attacco: potenzialmente i migliori elementi acquistabili sono Antonio Montella (spauracchio l’anno scorso con la maglia della FeralpiSalò), Daniele Martinetti (l’anno scorso 3 gol e 3 assist in B col Varese) e gli ex Foti (sofferente di problemi alla schiena che lo hanno fermato per mezzo girone di ritorno nella scorsa stagione) e Tulli (283 minuti in 11 presenze l’anno scorso col Latina). La situazione degli svincolati quindi induce ad aspettare il mercato di gennaio per eventuali ma necessari aggiustamenti al centro dell’attacco; nel frattempo spetterà a Beretta, Miccoli, Bellazzini e Zigoni portare la croce di un reparto offensivo ancora troppo poco incisivo sottoporta. Nel calcio, alla fine, si vince anche e soprattutto se si è bravi a buttarla dentro sfruttando le invenzioni dei compagni. 

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