URO in Musica all’Instanbul Cafè di Squinzano. Tratti di scena musicale

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uroSquinzano (Le) – Un Febbraio che nel Salento si tramuta in Luglio e in fondo alla strada un vecchio casello ferroviario, dove si coltivano musica creatività e cultura indipendente, il Km97. Pochi passi e poi di nuovo insieme, tra strumenti che vibrano di sogni e tappeti calpestati da chi, ogni volta che suona in quella sala prove, ci lascia un pezzo di vita. E poi arriva Vinz che con quattro Tennent’s lenisce l’imprecazione contro i jack difettosi e… start all’improvvisazione.

Una sala prove dove si alternano giornate in cui la musica prevale sull’esistenza e giornate in cui si parla, in cui ognuno dice la sua e gli strumenti quasi non servono; loro sono gli URO, giovani talenti che dall’Arezzo Wave Puglia 2012, con il loro primo riconoscimento hanno cominciato lo scalo della vetta, la produzione dei loro due dischi in completa autonomia. Quattro ragazzi, Alberto Scarpello, Jory Stifani, Pierluigi Sabato e Michele Leucci che, dopo aver condiviso i palchi delle grandi realtà musicali, oggi condividono il loro palco, quello degli URO sul quale ad ogni esibizione scatenato lunghe parti strumentali intrise di sfaccettature, tempi dispari e soluzioni ritmiche “insolite”, è il math rock, ma per i quattro è “un genere” perché nei loro pezzi ci puoi trovare ben altro, tutto quello che suona bene. Sulla scia di Mogwai, Tortoise, Three Trapped Tigers, John Grant, Abilene, Explosion in the Sky, elettronica made in Italy – e per Jory anche Bello Figo e Bruno Orlando – bhe ognuno ha i suoi gusti – nascono pezzi come “Pocca” e “Hai sentito di Jory” e alla domanda sul perchè di questi titoli inconsueti, si pronunciano così:

Alberto: Non avendo testi, se non in qualche sporadico episodio, i titoli dei brani si riferiscono spesso ad aneddoti che hanno luogo durante le prove, a ciò che magari ha dato l’input iniziale per la composizione del brano oppure a qualche personaggio con cui stiamo in fissa durante quel particolare periodo. Per chi fosse interessato, cito a scopo esemplificativo rispettivamente i brani “Frank Jacobs”, “Les Leverans” e “Nappi”. La paternità del titolo quindi non è mai ben certa e attribuita a qualcuno in particolare, sebbene noi siamo a favore della famiglia tradizionale composta da un uomo e dalla sua birra.

Una band sui generis, di quelle che fanno musica e costruzioni matematiche, ma che vuol dire?  

Costruzioni ritmiche, fatte di incastri, intrecci, riff che si sovrappongono  – risponde Alberto – in pratica quando componiamo cose nuove la metà del tempo lo passiamo contando. Pezzi che nascono tutti sempre durante le prove da un riff, un tempo di batteria, un arpeggio, attorno al quale nasce il pezzo buttandoci dentro tutto quello a cui quell’elemento scatenante iniziale ci ha condotto. A dire di Pierluigi sono più quelli che muoiono rispetto a quelli che nascono.

Laddove il math rock sfugge lentamente alle scene contemporanee, si muovono gli URO focalizzando l’importanza sul suonare live, e saranno live appunto il 13 Febbraio prossimo sul palco dell’Instanbul Cafè di Squinzano tra strumenti impazziti e attimi di panico musicale.

Un’ ultima domanda, ma cosa vuol dire URO?

Alberto: L’uro è un animale estinto, una sorta di bue per la precisione. La scelta di questo nome non è legata a particolari significati, messaggi o altro. Semplicemente ci piaceva e ci piace tuttora come suona.
Jory: Eravamo alla ricerca di un’identità nominale più che di un significato celato dietro un acronimo o altro. Poi in seguito abbiamo scoperto che in norvegese significa “agitazione” e quindi ci è piaciuto ancora di più. 
Pierluigi: C’è poi un particolare dietro la storia di questo animale preistorico estinto…hanno provato a clonarlo nell’era moderna ma l’essere che ne è venuto fuori non ha resistito al nuovo ambiente…ci piaceva anche questa idea di “disadattamento”.

Siete grandi ragazzi! Grazie.

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