Una dolce sinfonia ne “L’Assunta” di Scipione Pulzone

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Com’è noto, il 15 agosto si festeggia l’Assunzione della Beata Vergine Maria, ricorrenza che ha sempre favorito molte riflessioni di svariata natura già a partire dai Padri della Chiesa come San Germano di Costantinopoli (635-733) e, pur attraverso la proclamazione del dogma (1 novembre 1950) ad opera di Pio XII, successivo a quello dell’Immacolata Concezione (Pio IX, 1854), si è continuato a fornire interpretazioni teologiche oltre che ad annoverare letture artistiche della rappresentazione iconografica dell’ascensione al cielo.

Lasciandosi coinvolgere nella scena che rievoca la solennità della festa liturgica sembra proprio di percepire le parole di Suo Figlio che, dopo aver lasciato la Madre tra noi affinché compisse la Sua missione terrena, pronuncia Veni, mater mea: Veni, coronaberis (Vieni, madre mia: vieni, sarai incoronata).

Secondo San Gregorio di Tours, quando Maria era in procinto di completare il corso della sua esistenza, fu assistita dagli apostoli, venuti nella sua casa, elemento importante e utile per comprendere la loro presenza nelle rappresentazioni iconografiche, come ben visibile, per esempio, ne L’Assunzione della Vergine di Palma il Vecchio (1480-1528). Altro elemento significativo riguarda i lineamenti e i canoni estetici evidenziati dagli artisti di ogni epoca in quanto si predilige rappresentare una giovane donna di una bellezza spirituale e fisica incomparabile, tanto da far coniare l’espressione che si tratti di una bellezza sacra insuperabile, utilizzando l’espressione francese belle comme une Madonne de Raphaël per riferirsi al modo di rappresentare la bellezza femminile da parte dell’artista marchigiano.

L’Assunta, attribuita all’artista originario di Gaeta, Scipione Pulzone (1540 ca.–Roma 1598) allievo di Jacopino del Conte e attivo nella cerchia dell’alta nobiltà della curia romana, sembra guardare proprio al modello estetico e spirituale raffaellesco. Per la realizzazione dell’opera occorsero due anni (1583–1585) presentandosi nella classica bipartizione fra zona terrena e celeste ove, alla presenza degli apostoli nella parte sottostante, si erge un folto insieme di angeli intenti ad eseguire una musica celestiale, ispirati dalla stessa bellezza di Maria in atteggiamento orante di cui il secondo a sinistra, intento a suonare l’arpa, rappresenta l’emblema dal punto di vista iconografico.

Per ammirare l’opera nella sua completezza bisogna recarsi a Roma presso la Chiesa di San Silvestro al Quirinale (Cappella Bandini).

Certamente, in assenza di cartigli musicali e altri indizi, non possiamo sapere cosa stiano suonando gli angeli ma, attraverso l’individuazione dei vari strumenti (a fiato, a corde, organo, ecc.), è abbastanza agevole immaginare la ricchezza dei suoni del concerto angelico quasi a ricordare poeticamente La dolce sinfonia di paradiso, Che giù per l’altre suona sì devota (Paradiso, XXI, 59-60) nonché la stupenda esecuzione del canto Maria matrem virginem tratto dal Llibre verméll de Montserrat (fine XIV sec.) curata dal gruppo Hespèrion XX sotto la guida di Jordi Savall, ove si possono notare alcuni strumenti presenti nell’opera di Pulzone.

Compositore, Direttore d’Orchestra, Flautista e Musicologo. Curioso verso ogni forma di sapere coltiva l’interesse per l’arte, la letteratura e il teatro, collaborando con alcune riviste e testate giornalistiche. Docente presso il Conservatorio di Perugia, membro della SIdM (Società Italiana di Musicologia), socio dell’Accademia Petrarca di Arezzo, dal 2015 ricopre l’incarico di Direttore artistico dell’Audioteca Poggiana dell’Accademia Valdarnese del Poggio (Montevarchi-Arezzo).

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