7di7 – La percezione del tempo

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“Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?”
(Il cielo sopra Berlino – Wim Wenders)

Il dibattito su cosa effettivamente sia il tempo è una costante che accompagna l’uomo fin dalla sua nascita. Per molti è un un’unità di misura, per i più moderni sistemi fisici sembra possa addirittura occupare una dimensione propria, per altri è solo una convenzione.

 “Non ho abbastanza tempo”, “Sarebbe bello poter tornare indietro”, quanti di questi luoghi comuni siamo abituati ad ascoltare e quante altre volte, invece, siamo noi stessi a pensarli?

Fin dall’antichità l’uomo si interroga costantemente su quale sia il vero significato del tempo, se esista realmente o al contrario se sia una illusione fittizia creata da e per noi stessi.

Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi, è la distinzione tra passato, presente e futuro, è tutto quello che abbiamo e che possiamo donare in tutta la sua purezza; è un movimento, un rincorrersi, un inseguirsi di gesti, sguardi ed emozioni e come tale non può che essere legato a due sfere che convivono e si influenzano insieme: quella fisica e quella psichica.

Se ci dovessimo fermare a riflettere, consapevoli di come il concetto di tempo si debba anche contestualizzare in base al sistema di riferimento, potremmo riuscire ad interiorizzarlo in maniera funzionale, senza che esso – al pari della storia – sia per noi ciò che la Terra fu per Atlante?
Può non essere più un peso che, a volte, ci influenza negativamente?

Lungi dal poter trattare tanto i discorsi sulla relatività di Einstein, i concetti di spazio-tempo nei sistemi fisici, quanto il concetto filosofico di tempo autentico di Bergsoniana memoria per via della grande mole di temi da affrontare, l’attenzione verterà nel contestualizzare il tempo ed il suo inesorabile scorrere tra forma esteriore ed interiorizzazione della stessa.

Meglio, la qualità del nostro modo di interiorizzarlo altro non è che la quantità/qualità di azioni, qualsiasi esse siano, produciamo. Corpo e mente sono gli araldi del tempo per ognuno di noi.

Il tempo, quindi, come risultato di un corpo che si muove in uno spazio, lo significa, lo interiorizza e una mente che lo connota in senso metafisico. Distinti ma mai separati.

Rivalutare il concetto di tempo, quindi, potrebbe partire già dalla rivalutazione del concetto di corpo.

IL CIELO SOPRA BERLINO (GER, 1987, 128 min.)

Siamo negli anni Ottanta. Due angeli, Daniel e Cassiel, vagano come entità nella città. In questa condizione di impercettibilità e invisibilità alla popolazione osservano e ascoltano i pensieri dei berlinesi. La loro funzione non è quella stereotipata dell’angelo, ma quello di memorizzare e preservare la realtà. Una riflessione sul passato, presente e futuro di Berlino attraverso la gente comune.

RITORNO AL FUTURO I, II, III

La trilogia di Ritorno al futuro è un must per gli amanti dei viaggi attraverso il tempo.

Saga cinematografica di grandissimo successo a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, nata dalle menti di Robert Zemeckis e Bob Gale, e prodotta da Steven Spielberg narra delle vicende a cavallo di diverse epoche della storia americana di Marty Mcfly e del suo strambo amico e scienziato Doc inventore di una macchina del tempo ricavata da una DeLorean. I due dovranno evitare paradossi temporali per poter lasciare intatto il proprio presente.

 “Il vostro futuro non è scritto, il futuro di nessuno è scritto, il futuro è come ve lo creerete voi perciò createvelo buono!” Doc.

LA MACCHINA DEL TEMPO – H.G. WELLES

Questo romanzo di Welles, la cui prima edizione italiana è data 1902 è uno dei primi ad aver importato nella letteratura scientifica il concetto di viaggio del tempo grazie ad un mezzo meccanico, inaugurando un filone narrativo prolifico per tutto il XX secolo.

Siamo nell’Inghilterra di fine Ottocento ed un inventore esperto di fisica e meccanica, racconta di aver trovato il modo di viaggiare nel tempo.

Tornato dal primo viaggio, in cui compare in uno stato terrificante, il protagonista intuisce di aver percorso solo la linea temporale. Può viaggiare si nel tempo, ma non nello spazio.

«Non rimane che chiederci se un giorno ritornerà. Può darsi che si sia diretto in un’età in cui gli uomini sono ancora uomini, ma gli enigmi della nostra epoca e sui suoi penosi problemi sono risolti?»

FRANCISCO GOYA – SATURNO CHE DIVORA I SUOI FIGLI

Questo dipinto di Goya, databile tra il 1821 ed il 1823 ed esposto al Museo Prado di Madrid, raffigura una scena mitologica in cui Crono divora i suoi figli. Un oracolo aveva predetto al dio che uno dei suoi neonati, una volta cresciuto lo avrebbe prima o poi spodestato.

Per impedire questo, essendo anch’essi dei immortali e non potendo semplicemente ucciderli, appena nati li ingoiava. Crono non solo come simbolo di divoratore di figli ma al pari del tempo cronologico, divoratore di ogni cosa.

Il dipinto appartiene alla parte più estrema del ciclo delle Pitture Negre, legate proprio alla figura di Saturno.