Lecce conferisce la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki

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Lecce – Nella mattinata di ieri, il Consiglio Comunale di Lecce ha conferito, su proposta del sindaco Carlo Salvemini, la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki, “riconoscendo nella sua persona i valori di libertà di studio, libertà di pensiero e libertà alla partecipazione pubblica, propri di questo territorio e delle istituzioni che lo rappresentano”.
Lecce è solo una delle tante città italiane che hanno scelto di accogliere tra i propri concittadini il giovane Patrick, aderendo all’iniziativa “100 città con Patrick” promossa nel giugno scorso da GoFair, il cui obiettivo è raggiungere il simbolico numero di 100 comuni disposti a riconoscere la cittadinanza onoraria a Patrick Zaki così da convincere il governo a renderlo cittadino italiano.
“A pochi giorni dalla celebrazione del 25 aprile, intendiamo riconoscere alla vicenda dolorosa di Patrick Zaki un valore universale di testimonianza a difesa dei diritti fondamentali per i quali in Italia e in Europa si è tanto lottato. – ha dichiarato il sindaco Salvemini nel suo intervento – il conferimento della cittadinanza onoraria a Patrick Zaki nasce anche dal lavoro importantissimo svolto dalla rete dell’associazionismo cittadino che si batte per la promozione dei diritti umani – prosegue Carlo Salvemini -. Dal giugno dello scorso anno, è stato affisso su Palazzo Carafa uno striscione per chiedere la liberazione di Patrick. È inoltre giunto, al nostro Comune, l’appello per la concessione della cittadinanza onoraria sottoscritto da Movimento Europeo.it, Humanfirst.it, Fondazione Emmanuel, Terzo Millennio, Camera a Sud. Il conferimento della cittadinanza onoraria a Patrick Zaki è dunque un importante passo che la città compie sul terreno dell’attiva e concreta difesa e tutela dei diritti umani”.
La storia di Patrick attira l’attenzione di moltissimi italiani, ancora scossi da quanto accaduto al giovane Giulio Regeni, sempre in Egitto. Il 7 Febbraio 2020 Patrick veniva arrestato al Cairo. Il fermo era scattato non appena lo studente aveva messo piede in Egitto, dove era tornato per una breve vacanza e una visita ai genitori. Arrivava da Bologna, dove si era trasferito dal settembre 2019 per seguire un master e dove lavorava per l’Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR), una organizzazione per la quale svolgeva attività di ricercatore sui diritti umani e di genere.In seguito all’arresto, 24 ore di buio totale, durante le quali secondo le denunce di legali e attivisti Zaki è stato interrogato e torturato.
Dall’8 febbraio 2020 il giovane ricercatore si trova in detenzione preventiva fino a data da destinarsi presso il carcere di Tora, con l’accusa di istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione per alcuni post pubblicati su un profilo Facebook che la sua difesa considera falso. Le prime udienze del processo contro Zaki si sono tenute a luglio del 2020, ben cinque mesi dopo l’arresto. Lo scorso 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del Cairo ha stabilito un primo prolungamento del carcere preventivo, rinnovato nuovamente il 2 febbraio 2021. Ma la custodia dello studente viene allungata di volta in volta, a riprova di ciò, pochi giorni fa, la Corte d’assise del Cairo ha rinnovato di altri  45 giorni la detenzione del giovane, respingendo inoltre la richiesta, presentata dalla difesa, di un cambio dei giudici che seguono il caso.
Secondo Amnesty, Patrick rischia fino a 25 anni di carcere. La sua prigionia potrebbe però avere un secondo fine. Infatti, proprio oggi, 29 Aprile, a distanza di un giorno dall’udienza al Cairo sul caso di Patrick, è fissata l’udienza preliminare in cui compariranno come indagati quattro agenti della National security agency egiziana (la stessa che ha fermato e incarcerato Patrick Zaky) accusati di aver torturato e ucciso Giulio Regeni, tra il gennaio e il febbraio del 2016. E se la detenzione di Patrick venisse usata dalle autorità egiziane, che hanno fatto capire di non gradire un processo che potrebbe condannare personalità non lontane dalla presidenza di Al Sisi, come arma di pressione sull’Italia? Lo scenario diplomatico tra l’Italia e l’Egitto è delicato e coinvolge numerosi questioni. Finora, la linea scelta dalla Farnesina e dal governo è stata quella di un tiepida neutralità di facciata, proprio per la fragilità degli equilibri in gioco.
Nonostante ciò, il caso del giovane Patrick ha sollevato l’indignazione di tutto il mondo. Proprio Amnesty International Italia ha lanciato una campagna “Free Patrick Zaki”, ma a interessarsi al caso del giovane sono state anche star internazionali come Scarlett Johansson. A livello nazionale, il Senato ha approvato la mozione che chiede che sia data la cittadinanza italiana al giovane.Nel testo approvato si chiede inoltre al governo di sollecitare le autorità egiziane per la liberazione dello studente; di monitorare le condizioni di detenzione; di attivarsi a livello europeo per la tutela dei diritti umani nei Paesi dove persistono violazioni e a portare iniziative al G7 con riguardo a casi di repressione di attivisti politici.
La cittadinanza italiana a Patrick sarebbe per il nostro Paese uno strumento in più per seguire il suo caso, per monitorare le udienze, per esercitare pressioni sull’Egitto per interrompere questa detenzione disumana. Se Patrick diventasse cittadino italiano, sarebbe più complicato trattenerlo per i guardiani egiziani.
Proprio per questo, ci si augura che l’atto simbolico del conferimento della cittadinanza onoraria possa spronare le forze politiche a lottare ancora di più per la liberazione di Patrick, come ribadito da Carlo Salvemini “Ci auguriamo che il Governo possa dare seguito all’impegno relativo al conferimento della cittadinanza italiana a Patrick ,ltre a mettere in campo tutte le iniziative possibili per giungere ad una pronta liberazione: oltre a far sentire a lui, ai suoi amici, ai suoi colleghi di studio e lavoro la nostra vicinanza vogliamo infatti che presto lui possa tornare ad abbracciarli” e dai membri del coordinamento leccese di Amnesty Italia, che sperano che “queste iniziative italiane non siano un semplice paravento ma solo un punto di partenza”.