Le mostre d’arte a Lecce tra aspettative e speranze, dimenticanze ed assenze. Quale futuro auspicabile?

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Lecce città d’arte, quante volte lo abbiamo sentito ripetere. “La Firenze del sud”, ci chiamavano, “una bomboniera” qualcuno aggiungeva. Ma chi parla di arte? Non di quella del passato, l’amata arte barocca che ci avvolge quotidianamente accarezzando il nostro bisogno di bellezza e di decoro. Mi riferisco all’arte prodotta dagli artisti contemporanei, a quella che si vede per le strade, nei musei, nei luoghi in cui si educano all’arte le nuove generazioni. Imprescindibile passaggio utile a mettere in relazione passato a presente per poter costruire ipotesi di futuro dove le parole chiave diventano immaginazione, fantasia, creatività. Ma che significano altro, significano valore, bellezza, cambiamento, miglioramento, riflessione, costruzione di significati.

Quante volte lo ripeto a scuola ai miei studenti quanto è importante l’arte, la sua funzione sociale, il suo trainare speranze e desideri, per non parlare della funzione politica, dove per questa intendiamo buone pratiche del vivere civile, con valori umani, essenziali presupposti per le relazioni di pace e convivenza che vorremo oggi e domani. Quanto dice l’arte e quanto una città ha il dovere di avviare buone pratiche per fare in modo che questa sia una delle priorità per la cittadinanza. Certo non siamo a Londra dove da decenni hanno compreso l’importanza del pensiero creativo, la democrazia dell’arte, la gratuità dei musei e degli eventi artistici. Qui siamo molto lontani dal modello britannico e pare che arte significhi tutt’altro. Privilegio, ricchezza, mercificazione, confusione. Per non parlare di quanto sia diventato impossibile poter usufruire degli spazi pubblici per promuovere una mostra d’arte. Assolutamente proibitivo.

Basta visitare il sito del comune di Lecce per verificare il prezzario delle sale all’interno del Castello di Carlo V, come anche del Conservatorio di S.Anna. Quest’ultimo spazio tra l’altro ha un serio problema d’allestimento, mancano i pannelli ed un progetto espositivo organico, agli artisti di volta in volta il compito di appendere i loro quadri su pannelli presi a noleggio, con le conseguenze estetiche che tale scelta obbligata comporta.

Un artista riconosciuto dalla critica dovrebbe essere invitato dal comune a fare una mostra, e tutta la promozione come anche l’edizione del catalogo diventano una spesa dell’assessorato alla cultura. Invece ci troviamo ad avere spazi pubblici trasformati in contenitori pronti ad accogliere altri progetti che possono risultare interessanti ma che dimenticano completamente la dimensione dell’arte contemporanea prodotta nel territorio. Vedasi Palazzo Vernazza e i Teatini mentre per il Convento degli Agostiniani come per S.Francesco della Scarpa non abbiamo ancora ben capito come verranno utilizzati.

Tantissimi artisti operano seriamente da decenni nel territorio, riconosciuti nel panorama nazionale ma dimenticati dalle politiche locali che dovrebbero garantire mostre personali e collettive di livello, occasione importante di crescita per tutta la città. Ai politici vorrei ricordare che una mostra d’arte non è un fatto commerciale, che locale non vuol dire scarsa qualità, che senza l’arte e gli artisti si perde la dimensione del sogno, del desiderio, della bellezza, della speranza. Ed anche si perde l’orientamento indispensabile a ritrovare il senso ed il valore del nostro agire umano.

1 COMMENTO

  1. Anche io trovo che la mancanza di attenzione verso l’arte contemporanea sia , per una città turistica e interessante come Lecce, un grande limite sia culturale che economico! Io proporrei addirittura di istituire le settimane dell’arte, con iniziative pubbliche che attirino artisti pronti ad esporre e a realizzare opere in estemporanea

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