L’economia leccese non reagisce

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L’economia leccese, dopo dieci anni, stenta ancora oggi a recuperare i livelli di attività registrati prima della grande crisi del 2008-2009. Al riguardo, il grado di contrazione dell’occupazione, pur attraversando fasi alterne, rimane ancorato e vicino ai minimi storici, registratisi nel 2010, mentre la disoccupazione mostra sempre indicatori e percentuali altissime. Dall’altro, il numero di imprenditori nell’ultimo ventennio è rimasto pressoché invariato e fortemente sottodimensionato rispetto alle medie nazionali. In riferimento a quest’ultimo, in provincia di Lecce mancherebbero più di 25.000 imprenditori.

Imprenditoria pigra, alti tassi di disoccupazione e una contrazione stabile e storicizzata del numero di occupati caratterizzano la nostra economia. Un’economia che, se non fosse per gli andamenti briosi dei settori del turismo e dell’arte, dello spettacolo e della cultura (ASC), porterebbe a seri problemi sociali, nonostante il capoluogo salentino, Lecce, registri il reddito pro-capite più alto di Puglia.

Non sono moltissimi gli osservatori degli andamenti macroeconomici della nostra provincia e ancor meno sono coloro che riescono a tarare delle soluzioni strategiche, in un’ottica di concretezza. Una provincia che sebbene ben sviluppata, presenta una dispersione enorme delle sue risorse e forte si presenta la sottoutilizzazione dell’intero sistema.

In tutto questo, per lo più assente si mostra la politica, pur non mancando importanti eccezioni. I politici, infatti, da oltre tre anni, paiono ripiegati sulle loro logiche interne, interessati quindi più al “gioco delle sedie” e alla spartizione della spesa pubblica. Tuttavia, seppur in maniera circoscritta, alcuni operatori registrano un’intensa attività nella direzione tracciata, tra i quali spicca Lilla, una neo associazione politico-culturale di Leverano, il cui presidente, Giovanni Biasi, sulle circostanze da noi sottolineate afferma: “Con amarezza dobbiamo prendere atto che i governi nazionali e i nostri rappresentanti in Parlamento non si sono mai occupati con decisione delle politiche di investimento del Sud, della Puglia, del Salento. Anni e anni di assenza hanno lasciato soli gli operatori economici locali e non hanno creato le condizioni per generare una nuova classe imprenditoriale. È vero che il nostro tessuto sociale non si distingue per spirito di iniziativa nel settore delle imprese, ma è altrettanto vero che una normativa nazionale macchinosa e uffici locali non sempre all’altezza hanno scoraggiato nel tempo anche i più coraggiosi. Oggi, però, constatiamo con gioia che una schiera di giovani, piccoli imprenditori, sulla scia della notorietà e attrazione che il nostro territorio da qualche anno ha acquistato a livello nazionale e internazionale, stanno dando vita ad iniziative nel settore turistico e a quelli ad esso collegati. Ma è ancora poca cosa. Da più parti siamo definiti la California d’Italia ed in effetti le potenzialità che la nostra terra ha sono enormi: il turismo, l’agricoltura biologica e non, le nostre bellezze naturali, il nostro patrimonio artistico, sono miniere che devono essere ancora sfruttate al meglio e grandi sono gli spazi per dare occupazione e ricchezza alle nostre comunità; con un sistema di sviluppo che rispetta e valorizza l’ambiente (nuova frontiera dell’economia). Occorre passare dalle parole ai fatti, con interventi per il Sud specifici, concreti, lungimiranti, e se la Politica attuale non è in grado di muoversi in questo senso, sarà necessario alzare la voce, battere i pugni, aggregarsi, muoversi, attivarsi, perché il tempo dei discorsi e degli slogan è terminato!”