I giovani e l’istruzione

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Fino a quarant’anni fa il mondo dell’istruzione mostrava una buona aderenza al mondo produttivo e svolgeva anche funzioni formative sotto il profilo soprattutto esistenziale. Il giovane diplomato o laureato si presentava nella maggior parte dei casi maturo non solo sotto il profilo professionale, ma aveva anche un buon bagaglio di metacompetenze e competenze trasversali. D’altro canto, il sistema formativo italiano era calato in una società ed in un’economia che si producevano in un incedere per lo più stabili, programmabili e prevedibili. L’economia era sostanzialmente chiusa e la società fortemente agganciata alle sue tradizioni, che parevano inscalfibili.

A partire dagli anni ’90, gli scenari socio-economici e culturali mutano rapidamente, in un processo di cambiamento che ancora oggi è in atto e con ritmi velocissimi. Nel giro di trent’anni si è passati da una società benestante ad una società opulenta; il sapere registra processi di crescita, sia in termini quantitativi sia qualitativi, esponenziali: attualmente siamo in piena rivoluzione informatica, che ancora non lascia intravedere una battuta d’arresto. A ciò si aggiunga il processo di globalizzazione che ha ridisegnato tutti gli schemi produttivi. Nel frattempo, anche la famiglia tradizionale si è sgretolata, sotto i colpi del cambiamento ed è diventata più funzionale ad una società e ad un’economia liquide. Da tutto questo ne emerge un uomo che ha perso la grammatica delle relazioni, dovendo passare da un assetto che si muoveva lentamente ad uno nuovo che si presenta tumultuoso, con forti conseguenze anche sul profilo identitario, che pare sempre più sbiadito.

E’ da tutto questo che le principali agenzie formative, quali la scuola e la famiglia, entrano in crisi. I genitori hanno sempre meno strumenti per educare ad una società che in definitiva non conoscono e la scuola, con annessa l’università, si palesa solo come istituzione di prima alfabetizzazione, perdendo le sue qualità fondamentali sul piano formativo in senso lato. In tutto ciò la politica attiva ed istituzionale ha preso vari provvedimenti, che tuttavia appaiono ancora inadeguati e del tutto provvisori. In tale direzione, interroghiamo Giovanni Biasi, presidente di Lilla, un’associazione politico-culturale nuova e impegnata in prima linea sulle problematiche dei giovani e delle loro necessità formative, al fine di capire quali siano gli orientamenti nel mondo politico e quali le possibili soluzioni per il futuro.

La situazione dell’istruzione in Italia è veramente drammatica –afferma Biasi. La Scuola è scomparsa dalle agende politiche dei partiti italiani da decenni e i soli interventi in tutti questi anni sono andati verso il “tecnicismo ” e la “specializzazione”, facendo perdere di vista il vero fine del sistema educativo scolastico, che è invece proprio quello di formare in senso ampio i giovani – adulti di domani. Noi di Lilla pensiamo che la riforma, il cambiamento del Paese passino attraverso il recupero della centralità del ruolo della Scuola, come luogo di trasferimento di nozioni e agenzia di educazione alla vita. L’ analfabestimo di ritorno, quello funzionale, l’abbandono scolastico, le aule e gli edifici fatiscenti, i docenti mal pagati e demotivati, sono tutti indicatori di uno stato di abbandono che non può più protrarsi nel tempo.
Non occuparsi concretamente e con decisione del sistema scolastico e di formazione è un atteggiamento colposo della Politica, ma si può anche arrivare a pensarlo voluto e scientificamente messo in atto, al fine di tenere i cittadini in uno stato di “ignoranza”, di “sonnolenza”, tale da non far crescere le coscienze e impedire di avere uomini e donne consapevoli. I modelli virtuosi non mancano nel mondo: i paesi del nord Europa hanno sperimentato da decenni modalità di approcci formativi di eccellenza e ad essi dovremmo fare riferimento per ricostruire una istituzione che nel passato ha consentito il progresso civile, sociale ed economico del nostro Paese” .

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