Visti da vicino: Maria Pia Romano

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Maria Pia Romano 2Difficile, in poche battute, tracciare, in qualche modo perimetrale e radiografare, Maria Pia Romano. E non perché non la comprenda a fondo. Anzi, al contrario. Molti sono i minimi comuni denominatori che ci attraversano; numerose le sfaccettature di due esistenze, le nostre, complesse e articolate. Mariapia è molto nota a Lecce e dintorni, anche se la sua fama va ben oltre. E di lei si apprezzano le sue poesie i suoi racconti, le sue presenze e i suoi eventi, le sue performaces.

Conosce molto bene la ritualità della nostra mondanità letteraria, in cui si muove con estrema agilità. Tuttavia, il personaggio si arricchisce di mille luci quando lo si considera a tutto tondo: donna, moglie, giornalista, ingegnere, subacquea e, in lontananza, cavallerizza. Il tutto si coagula in una personalità briosa e delicata, dove trova spessore un piacevolissimo e pregevolissimo pragmatismo che sigilla, da un lato, il suo essere raziocinante ed ingegneristico e dall’altro un animo contemplativo, spirituale, profondamente letterario.

Vidi per la prima volta Maria Pia Romano al salotto letterario Samà, nel 2012, in occasione della presentazione di un suo libro. Da lì, ci siamo scrutati per un po’ di anni da lontano. Poi, ieri, un caffè one to one al Bar Carletto, in Piazza Partigiani a Lecce, lungo una conversazione da vecchi amici e da subito. I professionisti si annusano da lontano e si riconoscono al momento giusto.

Naturalizzata salentina, Maria Pia è di Benevento, ma da tempi remoti risiede da noi. E non si sa se il Salento l’abbia adottata o lei abbia adottato il Salento. Di certo fra i due corre un profondo rapporto d’amore, fatto di magia e misteri. In ogni caso, è qui con e tra noi, in un ruolo di primo piano.

Maria Pia RomanoEsordisce negli anni ’90 come poetessa, poi, nel 2011, si concede alla narrativa, probabilmente perché questa dà più compiutezza alla sua vita interiore, alla sua vita emozionale, dà la possibilità di esperire in maniera prolungata la sua intimità, fatta di mare, orizzonti acquatici, spiagge solitarie, brezze di ponente e di levante, silenzi, solitudini e vita contemplativa.

Di primo acchito mi colpirono di lei i suoi svolazzi letterari, che in verità accolsi con una certa perplessità. Poi, ad un’analisi approfondita e ad una lettura più pacata ne ho colto la valenza. Una valenza che si sviluppa soprattutto in una prospettiva comparativa: è bravissima nel dipingere le atmosfere, gli aromi, i profumi dell’esistenza. Sì, elementi questi, che io prediligo di più in un’opera narrativa, ma anche poetica. Metafore, metonimie, ossimori, iperboli, qui e lì, reticenze raffinate costellano i suoi libri che, per questo, riescono a dare al lettore i respiri di una lettura appagante e piena di trasporto in ricercate dimensioni, spesso salentine e riflessive. Il tutto dove ritmo e musicalità modulano un piacere intimo e sovrastano la trama, che acquisisce un valore di secondo piano e personalmente a me interessa in maniera molto relativa. E ciò anche se i motivi del ricordo e della ricerca esistenziale costituiscono uno squisito filo conduttore, estremamente moderno ed al passo con i tempi e le esigenze dei lettori più evoluti.

Inutile dire che, Maria Pia ha uno stile unico nel panorama leccese ed ha trovato un riscontro di non poco conto. E non è fuor di proposito accennare al fatto che molti si siano a lei ispirata.

In tale direzione, e se si prescinde dai componimento poetici, Maria Pia ha pubblicato tre racconti, di cui il primo si presenta oggettivamente di successo, essendo alla terza ristampa. Alludo a “L’anello inutile” che, pubblicato per la prima volta nel 2011, ha costituito il vero cavallo di battaglia della nostra.