Spostiamoci più in La – (Parte prima)

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Musica, chiave d’argento che apri la fontana delle lacrime, ove lo spirito beve finché la mente si smarrisce; soavissima tomba di mille timori, ove la loro madre, l’inquietudine, simile ad un fanciullo che dorma, giace sopita ne’ fiori.[Percy B.Shelley 1792-1822]


La musica è energia. Da sempre essa esercita suggestioni. Ha la capacità di mutare anche radicalmente gli stati d’animo, ispirare le passioni, accendere gli spiriti in modo incontrollabile. Da sempre poeti, pittori, scultori e non solo musicisti addetti ai lavori hanno tratto dai suoi temi scintille di idee che si sono trasformate in fuochi immortali. La citazione che ho scelto come apertura, di uno dei poeti più sensibili e tormentati del XIX secolo, ne è una delle più belle prove, a mio avviso.

Perché? Cosa c’è in quelle sette note che riesce ad avere la capacità universale, totalmente trasversale di creare una magia che dura attraverso i secoli a cavallo della Storia, sempre immutabile, sempre fortissima, sempre presente nelle nostre vite?

Parte da qui un percorso che, prendendo l’avvio da dati scientifici, ci accompagnerà verso la comprensione di un mondo che, pur essendo assolutamente vicino a noi, e quotidiano quanto poco altro anche oggi, resta per lo più ancora sconosciuto.

Iniziamo con il dire che la musica, così come la intendiamo ed utilizziamo per comunicare, in realtà non è che la selezione di una limitata gamma di suoni che abbiamo imparato ad organizzare secondo regole grammaticali e sintattiche evolutesi nei secoli, esattamente come ogni altra forma di comunicazione; che quei suoni altro non sono che vibrazioni misurabili in frequenze espresse in Hertz – o cicli per secondo; che, infine, tutto ciò che percepiamo, a partire da noi stessi alla realtà intorno a noi, altro non è che una immensa collezione di vibrazioni energetiche, percepite variamente attraverso i nostri organi di senso: non solo l’udito, ma anche la vista, il tatto, l’olfatto e persino il gusto (per limitarci ai cinque sensi fondamentali, ovviamente). Non solo la musica, quindi – e qui gli studi di Goethe sui colori meritano almeno una citazione – che inizia ad apparire come una minima, seppur importante parte della nostra percezione del reale. Ma perché avviene tutto questo?

L’essere è, il non-essere non è, diceva Parmenide di Elea nel V secolo a.C. cui faceva eco Eraclito di Efeso, contrapponendo il suo celeberrimo Panta rei ossia Tutto scorre, ponendo entrambi le basi per (forse) la prima seria analisi del nostro percepire fisico.

Perché noi – attenzione! – percepiamo solo il movimento, l’essere, e siamo abituati a considerare l’inerzia, il non-essere, solo un fatto teorico, colto per esclusione. Ed il movimento=essere, altro non è se non, appunto, la vibrazione, l’energia.

Tutto vibra ad una certa frequenza quindi. Gli atomi vibrano, la materia vibra, la realtà stessa è un insieme pressoché infinito di frequenze. E di queste frequenze che si incontrano, si scontrano, si riverberano e si dividono, una ristretta gamma è percepita attraverso il senso dell’udito. E distinguiamo tra musica e rumore, in base a come e quanto quei suoni siano o meno rispondenti a quelle regole grammaticali e sintattiche cui accennavo all’inizio, regole che peraltro, vedremo in seguito come poi tanto arbitrarie non siano affatto.

Ecco in che modo la musica riesce a condizionare il nostro modo di sentire. E non che le frequenze per noi inaudibili, ultrasoniche ed infrasoniche, al di sopra ed al di sotto della gamma di udibilità umana, non abbiano effetto; ché anzi stiamo proprio per andare a scoprire come sia proprio in quelle plaghe che si annidano I principii fondamentali della musica di tutti i tempi, e come dalla crosta terrestre alla ionosfera siamo letteralmente immersi in quelle vibrazioni.

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