Esiste una sorta di libertà al femminile? Contro la donna persiste una violenza talvolta cieca, bruta, atroce forma di comunicazione, è spietata e miete delle vittime. Quando si entra nella spirale della violenza, l’aggressore mette in atto una condotta che va al di là della libertà legittima di agire e lascia priva della libertà di scelta la vittima che è succube e può solo subire. La vittima è spesso dunque donna. La libertà è un bene comune inviolabile, molte volte non rispettata, talvolta un lusso a cui non tutti possono avere accesso, soprattutto il genere femminile. Da un lato è sempre presente le paura di misurarsi con gli altri, di non essere adeguate, dall’altro il desiderio di prevalere finalmente. La libertà è un bisogno da elaborare che richiede intelligenza e diligenza nel quotidiano e nel divenire. Da quando la violenza contro le donne è al centro dell’interesse dei mezzi di comunicazione di massa e dell’opinione pubblica, continuamente è riapparsa la domanda sulle cause di questo fenomeno e se oggi tale violenza sia aumentata o se assistiamo all’emersione di un fenomeno antico ma stabile. Modelli sociali della violenza sono le caratteristiche sociali e culturali di coloro che rivolgono l’aggressività contro i bersagli che spesso sono donne, considerate “terre di nessuno”. Ma i modelli culturali possono essere messi in discussione. Non dare per scontata da tutti due gli ambiti la relazione sessuo-affettiva, per esempio. Tollerare il peso all’interno di se stesse che viene incapsulato tra il cuore e la psiche, è ricorrente. Cercare, invece, di vivere in accordo con il partner, perché da ciò nascono realtà feconde come il rispetto per sé e gli altri, l’autostima, la sicurezza in se stessi e nella possibilità di esprimersi compiutamente. La soluzione è tendere ad un creativo realismo quotidiano, radicato su una stima di noi, ottenuta dalla conoscenza di quello che siamo e dall’accettazione dell’imprevedibilità dell’esistenza.
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