Che cosa ci dice il 25 Aprile – Una lotta per la vita

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La Resistenza è stata la lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale, ed è quella a cui essere maggiormente grati se oggi si può parlare di Liberazione e Libertà. È stata quella che ha posto fine a un regime che ha lacerato migliaia di storie di uomini italiani ed europei.
È stata la lotta trasversale (di comunisti, cattolici, socialisti, liberali, azionisti) che ha fatto parlare di nuovo di democrazia, che ha ristabilito sull’asse nazionale l’attenzione verso i diritti e i doveri umani, che ha ridato voce alle opposizioni, ma che nonostante ciò non è riuscita ad eliminare i persistenti rigurgiti, contromanifestazioni, recrudescenza e inneggiamenti in favore del fascismo.
Quella lotta ci ha liberati, e lo ha fatto togliendo le radici da un totalitarismo che pochi combattevano dalle cime delle montagne, e molti ammiravano dalle radio di casa.

La lotta antifascista ci ha liberati e c’è stata perché in un sistema che opprime c’è sempre un seme che comincia a germogliare, un desiderio di liberazione che comincia a diffondersi clandestinamente tra gli animi degli oppressi, dei costretti, degli infelici, dei consapevoli. Quella lotta, quella degli italiani che non si sono macchiati di viltà e ignavia, è costata cara: agli stessi partigiani, decimati in più di sessantamila, e alle vittime dei partigiani stessi che sono stati autori di crimini e animati da sentimenti di rivalsa. Senza contare che il costo umano più alto sia stato pagato ovviamente dai condannati alle leggi razziali del ‘39.

Ma nonostante le macchie nere della Resistenza, è stata la sua azione, la mobilitazione di migliaia di partigiani mandati al confine, a comunicare tramite le staffette, a “lottare e respirare perché è quello che siamo / respiri per non morire / lotti per continuare a campare”perché “la lotta continua, va avanti, si evolve”.

Ma dove sono i finiti i ragazzi della Resistenza? Occorre continuare a lottare?
La risposta è sì.
Perché è cambiato il nemico, ma il nemico continua ad esistere.
Perché i mostri cambiano sembianze, e spesso nascono dal super io delirante del potere, delle categorie, dei sistemi, delle macchine.
E nel nostro passato recente il nemico si è vestito di stragismo, di nutriti gruppi anti-abortisti, di oppositori delle seconda e terza ondate femministe, di affettatori di diritti politici, di fautori di iniquità culturali, lavorative, sociali. Si è mascherato da capitalismo, neoliberismo, sfruttamento, delocalizzazione industriale, allevamenti intensivi e non solo.
È per tutto questo che bisogna continuare a lottare, perché non è bastato un secolo di dolore e perseveranza per visualizzare gli effetti di un’emancipazione totale a cui serve ancora tempo per crescere e radicarsi, un tempo che si è allungato ancora di più a causa della pandemia da Covid-19.
E bisogna lottare anche in tutte quelle piccole realtà nascoste, infide come serpenti, totalitarie come regimi, mascherate come teatranti, in cui si celano gli atti di bullismo più silenziosi, il nazismo più limitante, l’emarginazione più nascosta della società.

Lottare per distinguere il male delle ingiustizie, per denudarlo di fronte a una consapevolezza chiara perché luoghi comuni, stereotipi, stigmi, linguaggio e leggi del passato lascino il posto a un presente salutare, in tutte le sue dimensioni.