C’era una volta Dicembre … C’era una volta l’Italia

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46242 dicembreDicembre, una volta, era uno dei mesi più belli per gli italiani, il benessere economico aiutava tutti a sognare un Natale pieno di regali, da passare in famiglia, magari a giocare a tombola, potendo perdere anche qualche soldino.
Dicembre per i dipendenti è il mese della tredicesima, quella da poter spendere per comprarsi qualcosa, magari anche coi saldi, in promozione, come sinonimo di meritare qualcosa.

“Oggi”, dicembre è sovrastato dalle sigle: Irpef, Imu, Tasi e Tari, da aggiungere a tutte le bollette, canone televisivo (in bolletta della luce addirittura), bollo dell’auto tutti conditi da rincari notevoli. L’unico regalo che può pensare di permettersi, una famiglia italiana, è quello di poter pagare tutto, riuscendo a tenere lontano lo spettro di Equitalia che terrorizza, oramai più della morte, stando ai suicidi a cui assistiamo tutti i giorni.

Tutto ciò mentre il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 43,3%, una percentuale in aumento continuo così come il numero dei disoccupati che, come ampiamente sviscerato dall’Istat, continua a crescere; ad ottobre erano  3 milioni e 410 mila persone, 90 mila unità in più rispetto al mese di settembre (+2,7%), 286 mila unità in più rispetto ad ottobre 2013.

Detto questo bisogna guardare in faccia la realtà e guardarsi allo specchio: l’Italia è sull’orlo della povertà. Sono già dieci milioni gli italiani che non hanno nemmeno da mangiare.

La Politica, però,  continua a salvaguardare i propri privilegi e i propri stipendi da capogiro e questa è una realtà amara, non è un voler essere populisti, oppure fare i demagoghi: chi lo pensa è una persona superficiale che guarda soltanto nel proprio orticello perché non è mai stato colpito da una grandinata che gli ha rovinato il raccolto.

L’Italia è in coma profondo; le Partita Iva continuano a chiudere e le aziende a fallire, il clima è da “ultima spiaggia”, eppure coi problemi si palleggia e si pensa a metter mano alla Costituzione per salvaguardare concetti e privilegi, al momento, del tutto insignificanti rispetto alle reali urgenze.
Nessuno può avere la ricetta giusta, ma se non si incomincia a tagliare drasticamente i costi della politica non si va da nessuna parte.  La prima cosa da fare  sarebbe quella di mettere un tetto massimo allo stipendio (ad esempio 2500 euro) dei politici e dei manager che vengono pagati coi soldi dei contribuenti, perché se si può campare con meno di 500 euro al mese come più della metà degli italiani, si campa bene con 5 volte di più; poi bisognerebbe studiare delle misure per far ripartire l’economia, ad esempio ridurre il costo del lavoro e azzerare le tasse per  un paio d’anni, regalando una vera start up a imprenditori ormai sfiancati; subito dopo bisognerebbe pensare ad un riordino territoriale attenendosi alla proposta (due ipotesi) della società geografica italiana (http://societageografica.it/images/stories/RiordinoDEF.pdf ) risparmiando   subito su costi esorbitanti.

La riforma Delrio non è abbastanza, anzi non è nulla visto che le provincie sono tutte lì al loro posto; è stata una riforma utile soltanto a penalizzare determinate zone del paese rispetto ad altre.

Se non si parte da queste basi sarà fallimento sicuro, senza se e senza ma… Il Job Act non è una soluzione, così come non lo sono più le promesse di persone nate per raccontare “magie” senza saperle fare.

Eppure una volta l’Italia era la terra di santi, poeti, navigatori, terra d’arte e di cultura, terra di lavoratori che creavano ricchezza, mentre ora è come un cane bastonato dal suo padrone che non capisce il motivo di quelle “mazzate” e di quello sfogo.

Ogni giorno le nostre coste sono invase da barconi pieni di persone che vogliono far transitare da noi le loro speranze sul futuro.  Eppure noi qui non stiamo costruendo un futuro.
Un po’ di anni fa il grande esodo fu quello albanese in Italia. Mentre la nostra nazione esportava nel mondo eccellenze e bellezze, al di là del Mediterraneo ci ammiravano e decidevano di venire da noi perché sognavano l’Italia come la loro “terra promessa”.

Gli anni passano, le cose cambiano e, mentre di là, in Albania, fortunatamente sono rifioriti, noi stiamo appassendo, specchiandoci nei nostri errori e nella mala gestione e distribuzione della ricchezza. Nessuno può escludere che l’esodo non accada al contrario; d’altronde le soluzioni sono poche, una è quella di fuggire via.

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