Uno sguardo “dall’interno” del panorama musicale di Valle d’Itria: un thè con Camillo Pace

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Nel cuore del centro storico della capitale della Valle d’Itria, davanti a una tazza di thè fumante e sotto lo sguardo ammiccante di un dipinto che ingentilisce le pareti di un caffè attivo dal punto di vista culturale, l’incontro con il giovane e poliedrico musicista Camillo Pace ci porta in giro per la Valle e le emozioni che essa racconta. Punto di partenza il “sottobosco” musicale che prolifica non soltanto a Martina Franca, culla e trampolino di lancio del nostro interlocutore, ma un po’ in tutta la provincia jonica e nel territorio caratterizzato da trulli fiabeschi, elaborati muretti a secco, possenti ulivi e, una volta, rigogliosi vigneti.

Nel nostro territorio ci sono moltissime realtà che fanno musica e producono cultura e scambi, anche sociali”. Ma l’esordio positivo della conversazione è subito incrinato da un velo di sconforto, perché “i molti giovani che fanno musica sono costretti a muoversi e andare fuori per cercare e crearsi le opportunità che le istituzioni pubbliche e gli stessi imprenditori locali non offrono loro sul territorio”. Affermazione che può sembrare troppo forte ma la realtà, purtroppo, è questa. “Ci sono molti artisti e molte entità musicali, ma pochissimi, quasi nulli, sono gli spazi per fare musica dal vivo, né pubblici né privati. Nonostante siamo la città del Festival della Valle d’Itria, bellissima realtà, e nonostante le pur intense attività dei conservatori di Monopoli soprattutto e di Taranto, mancano le opportunità per chi vuole fare cultura attraverso la musica”. Già, perché troppo spesso si tende a dimenticare che la musica non è solo fruizione di cultura, ma è anche produzione di scambi culturali e sociali. “Io mi sono approcciato fin da piccolo alla musica, come tanti altri miei compagni di avventura, e la mia voglia di esplorare il mondo mi porta a confrontarmi con generi musicali e culture diverse”. Molta contaminazione, quindi. Ma è così per tutti, nel nostro territorio, o ci sono rivalità, contrasti, contrapposizioni? “La musica non dovrebbe creare contrapposizioni, ma generare scambi di emozioni e sensazioni che possono e devono arricchirci. In realtà io vedo molta collaborazione, ma mi piacerebbe senz’altro che ci fossero più jam session di persone pronte a condividere le proprie esperienze e le proprie radici culturali”.

A proposito di radici culturali, noi siamo la terra della pizzica e della taranta, generi musicali di grande risonanza mondiale ma a volte snobbate o viste nell’aspetto negativo legato alla sottomissione della donna. “In realtà il fenomeno della pizzica è un esempio antico di musica curativa che il nostro territorio può vantare di aver utilizzato nel passato. Se oggi i paesi scandinavi parlano di musica e arte come terapie per le patologie di tipo psichiatrico, noi abbiamo una grande tradizione in questo senso, avallata dalle ricerche di grandi studiosi che hanno dato il giusto valore a questo fenomeno, e penso per esempio a Diego Carpitella e Ernesto De Martino, o lo stesso Lomax, un americano che ha deciso di venire in Puglia e studiare in maniera approfondite queste nostre realtà. Io in particolare ho avuto un professore, Maurizio Agamennone, una persona di cultura estrema, che va a spulciare e a studiare nel dettaglio la pizzica, apparentemente molto semplice nella sua facilità armonica e ritmica, ma che racchiude in sé radici culturali ricche e complesse. Un po’ come il blues, che racconta storie di orrori e sofferenze, con l’intento di comunicare emozioni ed esperienze di vita personali agli altri”. In sostanza la musica può essere una forma di racconto. “Certamente, la musica ti dà la possibilità di esprimere un messaggio non verbale e di arrivare nel profondo delle persone attraverso uno scambio di emozioni”. Per concludere, parliamo un po’ di Camillo Pace e dei suoi progetti attuali e futuri. Progetti che hanno sempre alla base il territorio. “E’ appena uscito un video che accompagna un brano in cui ho voluto creare un ponte tra la nostra terra e la Polonia, il campo di sterminio di Birkenau, e che annuncia l’uscita del mio prossimo album di inediti”. Sempre con l’intento di non dimenticare il passato per costruire un futuro migliore, prendendo dalle nostre radici il meglio e cercando di imparare dagli errori. “Sono molto legato alle mie radici, infatti ho scelto di vivere qui, in campagna, nonostante le tante difficoltà con cui dobbiamo confrontarci ogni giorno. Giro il mondo, ma la mia casa è qui, e ho trasformato la masseria in un agriturismo che possa diventare una residenza artistica. Voglio dare spazio a voci bianche e libere, bellissime realtà di ragazzi talentuosi che non hanno la possibilità di accedere ai grandi eventi. Auspicherei anche un maggiore intervento da parte dei musicisti più grandi e affermati che potrebbero creare occasioni di incontro e di scambio con i più giovani. Sarebbe molto bello che ci fossero più jam umane all’interno del nostro territorio”. Un augurio e una speranza che non possiamo non condividere. Intanto, la musica va.

1 COMMENTO

  1. Le parole spesso hanno breve durata, ma quando sono accompagnate da una musica bella come questa, il canto scende nel cuore e si radica per sempre. Complimenti a intervistato e intervistatore, avete fatto centro con la vostra analisi sulla nostra terra e sulla nostre antiche melodie. Il canto di Camillo Pace, pur con i riferimenti ai campi di concentramento, non esprime la tragedia quanto la nostalgia di ciò che si lascia e si perde per via…e non è solo la libertà. Noi del Sud lo sappiamo bene. Lo sanno bene i nostri migranti che pur col cuore squarciato non sono più tornati a casa. Come molti oggi, ancora più a Sud di noi.

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