Sofia Schito e “La B capovolta”

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Sofia Schito è una giovane scrittrice salentina, – bibliotecaria ad Alliste (Le) – appassionata di storia e di lettere. Il suo romanzo, “La B capovolta” (Lupo Editore, 2012) ha avuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti nonché è stato il romanzo vincitore del premio letterario “Torre dell’orologio” di Siculiana.

E’ la sua prima opera, nella quale, con estrema delicatezza e sensibilità, la Nostra cerca di raccontare il più grande orrore che l’uomo abbia mai commesso: la Shoah. Un lavoro, quello di Sofia, che non si è presentato privo di difficoltà, ma che tuttavia, l’abilità e la destrezza letteraria sono riuscite a tradurre in una composizione di grande pregio.

Attraverso le parole e gli occhi di un bambino ”moderno” che si cimenta con un gioco su internet assieme ad un coetaneo polacco di nome Jan, il quale improvvisamente scompare. Sofia racconta la grande tragedia del Novecento, una storia che realizza in “bianco e nero”.

Sono proprio il bianco e il nero che permettono di definire la linea del racconto tra il presente e il passato, dove il nostro piccolo eroe, il protagonista ovviamente, ignora gli esiti che, suo malgrado, sarà costretto a vivere. Sarà protagonista inconsapevole di ciò che vivrà insieme ad gruppo di tre amici in bianco e in nero, attraverso un viaggio in treno là dove molti deportati sono giunti e da dove non hanno mai più fatto ritorno; quel posto che è diventato l’emblema della malvagità umana: il campo di Auschwitz.

In questo viaggio il protagonista incontra quello che per lui sarà il giovane chimico che dal campo di Fossoli viene deportato in Polonia. E qui c’è la sorpresa, perché il riferimento a Primo Levi ed alle sue vicende è molto chiaro, anche se l’autrice, abilmente, trasforma l’incontro con il letterato italiano in un momento del tutto casuale in cui, il bambino crede si tratti di un attore.

Un testo, “La B capovolta”, che ha più livelli di lettura, anche se è l’infanzia che entra nella nota storia cupa e aberrante. E Sofia lo fa con un linguaggio semplice; non è retorico ciò che descrive, è la realtà vista da un altro punto di vista che però, innegabilmente, suscita nel lettore, che conosce così le vicende di questo triste periodo della storia umana, emozioni dilanianti e scuotimenti della ragione per questi fatti a cui non si può dare ragione o semplicemente una spiegazione.

Sofia Schito, quindi, dietro l’ingenuità dell’infanzia, non vuole nascondere l’inesorabilità del male, ma dimostrare che tutto può essere raccontato senza ricorrenze particolari, perché la memoria deve rimanere sempre viva.

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