L’Aquila e le sue memorie

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Cercasi speranzaSono trascorsi quattro anni da quella notte nella quale la terra tremò in Abruzzo.

Ma sembrano molti di più, non è vero?

In fondo in questo lungo tempo ne sono successe tante di cose. La crisi economica, quella politica e quella morale, ad esempio. Oltre a queste c’è stata pure la crisi teologica, con le dimissioni del Papa uscente, Joseph Ratzinger. E poi la Primavera Araba, la guerra civile in Libia, l’Imu, le primarie, le Olgettine, qualche festival di San Remo, un Mondiale ed un Europeo, con la Spagna imbattibile a calcio, ma che rischia di fallire economicamente.

Queste e tante altre cose sono successe da allora. Impossibile ricordarle tutte. E dire che ci sembravano tutti punti cruciali, mentre li vivevamo. Momenti che, avremmo giurato, mai sarebbero stati dimenticati. Di quelli che racconti ai figli e ai nipoti, e che quando senti che ne parlano ti vien da dire «io c’ero!». Ma uno dopo l’altro nuovi ricordi, più recenti e più vividi, si affollano in noi, sovrapponendosi a quelli più attempati e oramai lievemente sbiaditi. E un momento che avevi ritenuto inviolabile, lentamente scivola verso il dimenticatoio.

Eppure, a pensarci bene, ce ne vengono in mente di cose. La Casa dello Studente, le risate per telefono pensando agli affari, il cemento fatto con l’acqua di mare, la diretta delle consegne delle case provvisorie. Che oramai sono diventate definitive. Come abbiamo fatto a dimenticare tutto il dolore, tutta la rabbia, tutta l’indignazione? Quanti servizi-denuncia abbiamo accantonato? Quanti opinionisti? Quante carriole fermate, e macerie non tolte? Quanti sporchi affaristi?

E oggi l’Aquila com’è? Come l’abbiamo lasciata quattro anni fa, grossomodo. Almeno il centro città, che ancora ha segni pesanti, e piaghe, che paiono non guarire mai. E tutt’intorno le new towns, agglomerati urbani nati dall’ammassarsi delle case di primo aiuto, che la pongono come assediata dai suoi stessi cittadini. Una città che non ha mai ripreso la sua vita, strappata in una notte e ancora sequestrata dal Dio Denaro.

Da quando è accaduto il terremoto, quattro anni fa, ne sono successe tante di cose. E tra queste c’è anche la TAV. Una valle intera è tutt’ora sul piede di guerra, e il cantiere procede a rilento, in mezzo ai tafferugli tra agenti di polizia e dimostranti.

Ora, io non voglio entrare nel merito dell’utilità della Torino-Lione, visto che sull’argomento già si sono abbondantemente pronunciati vari esperti, dicendo tra l’altro tutto e il contrario di tutto, né sul prezzo complessivo che costerà alla nostra nazione, altro punto ancora al centro di dibattiti. Quello che io mi chiedo, e vi chiedo, è: siamo sicuri che la Tav sia davvero così prioritaria?

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