La luna vince sempre l’oscurità

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Luna e bimbaSi può vivere un’intera vita credendo di essere liberi, senza invece accorgersi di essere schiavi del proprio dolore o di qualcuno che, seppur deleterio per la nostra autostima, scegliamo di continuare ad avere affianco per paura del giudizio altrui o, semplicemente, per paura della solitudine.

Io, da circa un anno, mi ero ritrovata sola a crescere due  figli, Carola e  Michael, rispettivamente di otto e  quattro anni. Mio marito mi aveva lasciata una mattina con un biglietto attaccato al frigorifero: “Mi spiace, non sono un buon marito. Non riesco a mantenere la famiglia. Abbi cura dei nostri bambini e dì loro che gli voglio bene”

Certi avvenimenti, pur non desiderandoli, irrompono nella nostra vita come un fulmine a ciel sereno e cambiano totalmente il modo di vedere, di vivere e di affrontare le situazioni. Avrei dovuto sforzarmi di sorridere e fare di tutto per mandare via la tristezza dai miei occhi, perché i miei figli non meritavano altra sofferenza, ma serenità ed affetto. Non ero libera di lasciarmi sopraffare dallo sconforto: dovevo cercare di andare avanti e sperare di trovare un lavoro dignitoso per non creare ulteriori disagi ai miei due angeli. Quel giorno di fine Maggio sentivo una voce dentro di me che mi ripeteva che nulla era ancora perduto. Grazie al mio mantra portafortuna e a quel pizzico di  sfacciataggine che non mi era mai mancato, suonai al citofono dell’ennesimo ristorante per propormi come cuoca o cameriera. Su quel luogo avevo riposto tutte le mie  speranze. Sapevo che i  proprietari del ristorante “Sapor del cuor” erano il mio ex fidanzato e suo padre.  Una ragazza bionda e con un viso angelico aprì l’antico portone d’ingresso chiedendomi di cosa avessi bisogno. Mi feci coraggio e le risposi che cercavo il signor Gioele, ossia il mio ex.

– Aveva un appuntamento?,  rispose di rimando la ragazza.
– Sì. Inventai per evitare una porta sbattuta in faccia.

Poco dopo si avvicinò un uomo robusto, completamente calvo e con lo sguardo accigliato. Dalla forma allungata degli occhi, neri come la notte, capii subito che era il padre di Gioele.

– La signora cosa desidera? disse l’uomo scrutando prima me e poi la ragazza bionda. 

La giovane gli rispose che avevo un appuntamento con suo figlio.

– Strano. Forse c’è stato un malinteso mio figlio rientrerà stasera da Londra. Mi spiace.

Consapevole di essermi giocata proprio male la mia ultima carta, abbassai la testa amareggiata ma il padre di Gioele mi invitò ugualmente ad accomodarmi nel suo ufficio per chiarire il malinteso. Voleva telefonare al figlio.

Solo allora, seduta sulla poltrona di pelle nera, sulla quale chissà quante persone avevano sostenuto prima di me lo sguardo indagatore del signor Vito, fui costretta a dire la verità.

– La prego di scusarmi signor Vito. Non c’è bisogno che chiami suo figlio. Io le ho mentito. Non avevo nessun appuntamento con Gioele. Vedo dal suo sguardo un notevole disappunto, ma le ho detto una bugia in buona fede. Non so se può capirmi. Sono mamma di due splendidi bambini. Da un anno mio marito mi ha abbandonato senza un valido motivo e non mi passa nemmeno un centesimo. Ho un bisogno disperato di lavorare. Ho una buona esperienza come cameriera, ma posseggo anche la qualifica di cuoca. Io conoscevo vostro figlio e speravo con tutto il cuore di rivederlo per salutarlo, ma anche per avere l’opportunità di darvi una mano in cucina o a i tavoli. Se vuole mettermi alla prova.
– Signora. Accetto le sue scuse, ma devo essere onesto con lei. Anche se avesse avuto la fortuna d’incontrare mio figlio le avrebbe detto le stesse cose. Mi spiace, ma in questo periodo il personale è al completo. Lei mi lasci pure il suo curriculum; magari più in là, verso Luglio o Agosto se dovessimo avere bisogno di una mano in più le faremo sapere.

Il signor Vito si alzò, mi diede una forte stretta di mano e  mi accompagnò fino al fatidico “portone della speranza”.

Non me la sentivo di tornare subito a casa. Ero doppiamente affranta e delusa. Delusa da me, dal destino, dalla mia mancanza di polso e fortuna. Avevo bisogno di camminare per scaricare quella forte tensione emotiva. Trattenendo le lacrime cominciai a errare per le strade della mia città sperando di non incontrare nessun conoscente e cercai di rilassarmi fumandomi la mia ultima Wilson blu.

La  luce gialla  dei lampioni proiettata sulle abitazioni, anch’esse realizzate con una pietra dello stesso colore, rendevano l’atmosfera tutt’intorno ovattata.  Quella sera per le strade del centro c’era poca gente. Avevo quasi finito di fumare la mia sigaretta quando, improvvisamente, scorsi la mia figura riflessa nella vetrina di un negozio di calzature. Solo allora i miei occhi si accorsero di quanto fossi cambiata. Vedevo un piccolo essere dalla lunga chioma dorata raccolta in una treccia, una donna con il volto scarno e segnato dal dolore. Non mi riconoscevo. Quella donna  non  era altro che il frutto del  malessere e dell’indecisione dell’uomo che aveva avuto per anni al proprio fianco. Un amore dove ero sempre io a perdere. Un amore dove il desiderio era appagato da una bottiglia. E come quella bottiglia, che preferiva a me e si scolava con cupidigia, mi sentivo vuota. Ero succube dei suoi sbalzi d’umore e, anche se non mi aveva mai messo le mani addosso,  le sue parole o gli oggetti che mi rompeva dinanzi agli occhi per impormi il silenzio valevano più di mille botte. In tutti quegli anni di vita passati assieme non c’era mai stato  un giorno in cui io non avessi sperato che qualcosa sarebbe cambiata, prima o poi.
In preda a questi pensieri cominciai a tremare. Mi girava la testa e provavo un senso di nausea. Ad un tratto una voce femminile mi fece ritornare nella realtà. Una zingara vestita di nero piegata su se stessa  catturò la mia attenzione  poiché stava dicendo qualcosa ad alta voce. Le sue parole mi fecero accapponare la pelle.

Non smettere mai di credere, non perdere mai la speranza e non cedere. Se quell’amore che hai nel cuore ti ha reso debole ci sono tante altre persone che senza di te non possono procedere.
Luna, oh luna che ogni notte infondi luce  nel cuore di chi ha paura porta un po’ di fortuna a questa giovane creatura.

La zingara aveva toccato le corde del mio cuore. Mi aveva magicamente ridonato quella speranza che avevo perso. Sin da bambina avevo subito il fascino di quell’astro e quanti miei versi aveva ispirato! Ero talmente innamorata della luna che volevo saperne sempre di più, compravo libri, studiavo miti e leggende e avevo registrato tutte le puntate del cartone animato Sailor Moon, proprio perché la protagonista combatteva contro il male aiutata da un potere speciale che le infondeva la luna. Ero talmente presa da questo cartone animato  che i miei amici, compreso Gioele, mi chiamavano Sailor Moon.

Inspirai a fondo e mi avvicinai alla vecchia per metterle una piccola offerta nel bicchiere. Pensai che era ora di rientrare a casa. Volevo riabbracciare i miei figli. Ripresi a camminare con la sensazione di essere osservata.

-Sailor Moon?!

Una voce maschile proveniente da dietro le mie spalle m’invitava a fermarmi picchiettandomi il braccio. Appena mi voltai mi ritrovai faccia a faccia con Gioele e rimasi letteralmente a bocca aperta. Com’era possibile? Non era per nulla cambiato. Era bellissimo, forse ancora molto di più rispetto all’ultima volta che l’avevo visto, circa dieci anni fa. Rivederlo  mi aveva fatto provare le stesse belle sensazioni di un tempo. Con i capelli neri e un po’ mossi,  la barbetta  incolta e i suoi due inconfondibili occhi dal taglio mediorientale … Mi guardava sorridendo. Quante volte mi ero persa in quegli occhi! Quando eravamo fidanzati mi chiamava con quel nomignolo nell’intimità perché, in fondo, mi faceva piacere essere considerata come una combattente, un’impavida guerriera che non aveva timore a scagliarsi contro chi commetteva ingiustizie o viltà.

– Che fai? Non mi riconosci?
– Sì. Gioele, come no?! Sei rimasto sempre lo stesso.  Sono solo un tantino  scioccata perché proprio oggi pensavo a te. Ti ho cercato al ristorante addirittura.
– Davvero?! Io sono appena rientrato da Londra. Mi sono venuti a prendere degli amici. Sei sola vero?  Ti va di bere qualcosa? Così mi racconti come mai sei venuta a cercarmi!
– Veramente è un po’ tardi. Dovrei tornare a casa. Ho due pargoletti che mi aspettano.
– Ah. Ti sei sposata?
– Sì, ma da un anno sono sola. È una lunga storia, risposi abbassando gli occhi.
– Mi spiace tanto. Vedo i tuoi occhi velati da una tristezza che non è della ragazza che conoscevo un tempo.
– Passerà. E tu? Sei sposato?
– No. Single, rispose facendo l’occhiolino. Comunque se devi andare non insisto. Possiamo scambiarci il numero di cellulare e, se ti va, possiamo vederci in questi giorni per un caffè. Così mi spieghi la ragione che ti ha spinta a venirmi a cercare dopo tanti anni.
– Va bene.

Ci scambiammo i contatti e ci salutammo facendoci l’occhiolino proprio come ai vecchi tempi. Dopo pochi passi sentì la notifica di un messaggio sul mio cellulare. Era Gioele.

– Buonanotte Sailor Moon… Mi ha fatto piacere rincontrarti e spero di rivederti al più presto per capire chi ha spento la luce dei tuoi occhi. 

Senza alcuna esitazione gli risposi. 

– Gioele! Oggi ho capito che il destino non si diverte sempre a fare brutti scherzi! Sono contenta di averti incontrato. Se non hai altri impegni ci potremmo vedere domani al Bar Chantilly. Credo che abbiamo tanto da raccontarci! Un abbraccio e… buonanotte Milord!
– Perfetto, allora a domani. E visto che mi hai chiamato Milord, cioè, se non ricordo male, come l’uomo misterioso, che sopraggiunge sempre nei momenti di maggiore difficoltà per salvare Sailor Moon ti rispondo con la sua stessa grazia e poesia: Il tuo sguardo mi ha fatto capire che qualcosa o qualcuno ha spento la luce che hai dentro e  io non voglio assistere impotente … Desidero liberarti da quel tormento! Ricordati che la luna sconfigge sempre l’oscurità.

Una nuova certezza stava schiudendosi nel cuore di quella donna che a breve sarebbe stata avvolta dall’oscurità dei pensieri. Dal fondo del tunnel poteva scorgere una luce. Era una nuova luna che le indicava la strada da percorrere per combattere i suoi demoni come Sailor Moon.